La morte misteriosa di Camillo Cavour

Fu così repentina che l’opinione pubblica popolare pensò subito ad un avvelenamento: sospettati Napoleone III, Papa Pio IX, i Gesuiti, Bianca Ronzani…

Il conte Camillo Benso di Cavour, presidente del Consiglio dei ministri, ministro per gli affari esteri e per quelli della marina del regno d’Italia, morì alle ore 6,45 antimeridiane del 6 giugno 1861 nel palazzo di famiglia di Torino.


Nato a Torino il 10 agosto 1810, Cavour non aveva ancora compiuto cinquant’uno anni.


All’annuncio della sua morte, al Parlamento, le sedute furono sospese per tre giorni e venne deciso il lutto per venti giorni, coprendo di gramaglia la tribuna e la bandiera.


La fatale malattia di Cavour era iniziata il 29 maggio, alla sera, quando si erano manifestati i primi segni di malessere.


Dal 1° giugno 1861 avevano iniziato a diffondersi fra la popolazione di Torino le preoccupanti notizie sulla malattia del Conte di Cavour e in quei pochi giorni, a Torino si era parlato fin troppo di questa malattia: la morte veniva commentata per criticare l’operato dei medici curanti ma, soprattutto fra il popolo, per parlare apertamente di morte per avvelenamento.


Nel 1861, la malattia non era stata esattamente definita e la morte di Cavour appariva così repentina che l’opinione pubblica popolare pensò subito ad un avvelenamento.


Aveva contribuito all’insorgere della diceria di avvelenamento anche la  relazione di Cavour con Bianca Ronzani, una ballerina piuttosto chiacchierata, personaggio ancor oggi molto oscuro e assai variamente giudicato dagli storici. Nella sera del 29 maggio, Cavour aveva manifestato i primi segni di malessere dopo aver fatto una breve visita nella villa precollinare dove aveva alloggiato la sua amante.


La Ronzani poteva essere l’esecutrice materiale, ma il piano criminale doveva essere stato ordito da altre persone. Come presunti mandanti di questo avvelenamento si facevano i nomi di Napoleone III, di Papa Pio IX e dei Gesuiti, che nella loro rivista La Civiltà Cattolica non avevano esitato a presentare la morte di Cavour come una vendetta divina.


L’ipotesi di Napoleone III era giustificata dalla crescente antipatia verso questo basilare alleato nella campagna del 1859, poi presentato come ostacolo alla unificazione italiana per il suo divieto alla conquista di Roma.


La rovina politica di Napoleone III, nel 1870, lo mise nell’impossibilità di difendersi: era dunque il personaggio ideale per essere incolpato. La diceria di Cavour avvelenato su mandato di Napoleone III, venne così a prevalere. Non a caso, dopo il 1870, trovò un preciso, anche se modesto, supporto cartaceo ed è giunta, con esclusivista clamore, fino a noi alla vigilia dei 150 anni dell’Unità d’Italia.


Nel 1870, Il Ficcanaso, giornale satirico e scandalistico torinese, di orientamento repubblicano mazziniano, pubblicò a puntate, col titolo “Cavour avvelenato da Napoleone III”, una anonima ricostruzione, in verità assai approssimativa e zoppicante, degli ultimi giorni di vita di Cavour: si spiegava che il Conte era stato avvelenato, con polvere di cicuta in una tazza di caffè, da una bella e misteriosa donna francese incaricata da Napoleone III.


Nel 1871, un modestissimo editore torinese, Domenico Cena, pubblicò questo racconto del Ficcanaso in un opuscolo sempre intitolato “Cavour avvelenato da Napoleone III”, che ebbe un successo strepitoso. Iniziava così una lunga serie di ristampe eseguite negli anni ’70 dell’Ottocento; l’opuscolo fu pubblicato anche dall’editore Salani di Firenze.


Anche Domenico Cappa, poliziotto che fu guardia del corpo del Presidente del Consiglio dal 1859 fino al momento della morte, nelle sue Memorie (1891) accusò Bianca Ronzani dell’avvelenamento del conte.


I familiari e gli amici di Cavour, come pure gli storici, respinsero sempre qualsiasi ipotesi di avvelenamento.


Oggi l’idea di una sua morte per malaria, contratta nelle risaie di Leri, è generalmente accettata.

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Articolo pubblicato il 07/06/2015