Il nuovo progetto del presidente dell' INPS Boeri per i futuri pensionati

Un nuovo candidato alla politica : il grand commis dello Stato Tito Boeri

Non si può che rimanere sconcertati di fronte all' eterno va e vieni delle misure di ogni governo nei confronti del sistema pensionistico italiano : fino a poche settimane fa era la legge Fornero a predominare la scaletta dell' andata in pensione di milioni di lavoratori. Oggi si vuole correre ai ripari, ma con proposte che non pare siano nell' interesse di tanti clienti INPS ( denominazione ufficiale data dall' ente) che vedono allontanarsi sempre di più il termine di tempo della loro andata in pensione.

La Fornero, che oggi è negli Stati Uniti quale visiting professor in una nota università americana, intervistata più volte dalla TV italiana recentemente a proposito della sua decisione condivisa da Monti ( più che condivisa imposta), ha dichiarato che rifarebbe le stesse cose per il bene delle future generazioni.

Peccato però che le presenti generazioni, in particolare gli esodati che non hanno più né stipendio né pensione e devono sopravvivere con i propri mezzi, si sono viste privare dei loro diritti sacrosanti e sudati. Se le riforme si devono fare in questo modo ed in soli 20 giorni sull' onda dell' urgenza di dover pagare gli stipendi degli statali ( lo ammette la Fornero) non possiamo stare tanto tranquilli sulla razionalità delle decisioni che vengono prese sulle nostre teste.

Come riferisce un quotidiano nazionale, è Boeri, il presidente INPS, a guidare l' ultimo dietrofront dello Stato italiano, con decisioni che sanno più di politica che di provvedimenti di un ente come l' INPS che ha solo funzioni esecutive. Pertanto le ultime dichiarazioni di Boeri sono squisitamente preelettorali, le quali cercano di ingraziarsi milioni di ultracinquantenni che vedono incombere su di sé un futuro poco roseo, ma che saranno penalizzati pesantemente sulle loro pensioni future nel caso passi la pensata di Boeri ( o meglio di Renzi-Boeri).

Ebbene, il mese di giugno comincia oggi, ma le proposte di Boeri sono già note a tutti. Ne è un esempio l'anticipo del pagamento delle pensioni dal 15 al 1° del mese che, però, costa 400 milioni di euro e nessuno ha detto come saranno coperti. Anzi, si è mentito dicendo che l'operazione non ha costi per lo Stato.

Non è del conflitto istituzionale che così si genera, però, che vogliamo parlare oggi, bensì entrare nel merito delle proposte del presidente di quella che tanti ormai chiamano la voce Inps , a dir poco pericolose, suscettibili di generare un allarme sociale senza precedenti nella storia repubblicana.

Obiettivo: garantire un reddito minimo ai 55-65enni che hanno perso il lavoro e difficilmente trovano un nuovo impiego. Costo dell'operazione: 1,5-2 miliardi di euro. Da trovare come? Ricalcolando con il metodo contributivo le pensioni. Significherebbe sconquassare il sistema pensionistico italiano, che oggi non solo è in equilibrio, ma rappresenta una delle soluzioni più avanzate rispetto ai parametri europei. I sistemi pensionistici possono essere di due tipi:

  1. «a capitalizzazione»: tipico dei sistemi assicurativi privati, per cui durante il periodo assicurativo si versano i premi, e al termine si riceve la rendita in base al montante realizzato

  2. «a ripartizione», per cui gli attivi pagano i pensionati in essere. All'interno del sistema a ripartizione, poi, esistono almeno due metodi di calcolo: 1) il «retributivo», per cui si parte dal numero di anni lavorati, li si moltiplica per un coefficiente prestabilito e si ottiene una percentuale che, applicata alla media degli ultimi stipendi, diventerà la rendita pensionistica. 2) Il «metodo contributivo» di fatto imita il sistema a capitalizzazione, per cui l'ammontare della rendita pensionistica si ottiene capitalizzando i contributi figurativi versati.

In Italia, dopo la riforma Dini continuiamo ad avere un sistema pubblico «a ripartizione»  ma, contrariamente al passato con metodo di calcolo contributivo, di fatto in equilibrio nel lungo periodo, se pur con pensioni a regime mediamente molto più basse rispetto al sistema di calcolo precedente, retributivo.

La riforma Dini assunse una transizione molto lunga, applicando il contributivo solo ai neo-assunti, che andranno in pensione nel 2035. Transizione certamente estesa, con l'inevitabile compresenza dei due metodi di calcolo, ma inevitabile per non ingenerare insopportabili conflitti distributivi. Cosa che, invece, accadrebbe, nel Renzi-Boeri frettoloso pensiero. Se il presidente del Consiglio vuole tentare l'ennesima riforma complessiva di tutto l'impianto, auguri. Purtroppo le regole attuariali non lasciano grande spazio alla fantasia, né agli atteggiamenti caritatevoli. Se il premier vuole cimentarsi in questi problemi, si accomodi. E scoprirà che tutte le pensioni in essere in Italia sono da considerarsi «privilegiate», in quanto la rendita pensionistica è sempre superiore ai contributi versati, in percentuali di molto variabili e normalmente più rilevanti per le pensioni più basse. Sembra un paradosso, ma è così.

Ne deriva che se si adottasse fino in fondo il metodo Renzi-Boeri tutti gli assegni oggi in essere dovrebbero essere ridotti e, con grande sorpresa, ne risentirebbero, come abbiamo già detto, più di tutti i destinatari delle pensioni di anzianità e di quelle sociali. Se passa la linea Renzi-Boeri sul contributivo per tutti (passato, presente e futuro), 16 milioni di pensionati italiani si troverebbero l'assegno ridotto mediamente del 30%, con percentuali di decurtazione più alte per gli assegni più bassi, e picchi fino al 50%-60% in meno per alcune categorie particolari, come i pensionati dei fondi speciali Ferrovie dello Stato; Fondo Enel e delle aziende elettriche private; Fondo telefonici.

Non conviene a nessuno continuare in questo gioco al massacro. Ricordiamo che a riformare il sistema previdenziale ci ha pensato, per ultima, Elsa Fornero. E i risultati non sono stati certo dei migliori. Non ha, dunque, alcun senso compiere oggi un'operazione di fatto punitiva del ceto medio: di coloro che hanno avuto una carriera dinamica (il che non è una colpa), che già sono sottoposti ad una tassazione progressiva in aggiunta a ricorrenti forme di prelievo solidaristico.

In realtà, quando Renzi-Boeri parlano delle coorti comprese tra i 55 e 65 anni, finiscono per portare l'Inps a farsi carico di una nuova infornata di prepensionamenti, in barba a quanto il governo intende compiere in materia di politiche attive. Né regge la proposta di introdurre nel sistema pensionistico maggiore flessibilità in uscita. Sembra l'uovo di Colombo, ma chi ci ha provato ha sempre fallito, perché una misura di tal fatta non solo è costosa per le casse pubbliche, ma è anche fortemente penalizzante per chi la sceglie. Renzi otterrebbe lo stesso risultato del Tfr in busta paga: talmente poco conveniente che è stato un flop, e meno dello 0,1% dei lavoratori ne ha fatto richiesta.

Semplice dilettantismo? Non siamo così ingenui. C'è qualcosa di più perverso nel gioco di Renzi sulle pensioni: alimenta la presunta grancassa dell'ingiustizia e dell'iniquità sociale. Foraggia l'inganno peggiore: far pagare padri e madri illudendo i figli.

Il calcolo cinico, se si vuole, di chi si aspetta un ritorno elettorale immediato; un'estensione del proprio consenso verso quei settori della società italiana che non si riesce a conquistare attraverso una politica di sviluppo. 

Quanto a Boeri, da lui non ci aspettiamo proposte rivoluzionarie, cui dovrebbe pensare il ministro Poletti. Ci aspettiamo, invece, la gestione oculata di un carrozzone amministrativo, quello dell'Inps, che per le sole spese di funzionamento ci costa più di 4 miliardi all'anno. Ci aspettiamo che i suoi 33.000 dipendenti offrano il meglio della loro professionalità; che gli sportelli al pubblico non rimangano aperti solo dalle 8.30 alle 12.30, costringendo gli utenti, meglio chiamarli clienti, a pesanti corvée solo per parlare con un funzionario. E via dicendo. Se, al contrario, Boeri vuole avere un ruolo politico, allora si candidi alle prossime elezioni. O chieda al presidente del Consiglio di essere cooptato come ministro in un eventuale rimpasto. Nel frattempo, però, la smetta di terrorizzare e criminalizzare la gente comune, che degli errori del governo non ha colpa alcuna.

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Articolo pubblicato il 01/06/2015