“I mascheroni di Torino tra simbolismo e magia”

La mostra fotografica di Alberto Chinaglia proseguirà sino a domenica 31 maggio, nel magnifico scenario del castello Della Rovere a Vinovo (Torino)

L’amico Paolo Barosso mi ha inviato questo suo articolo dedicato alla mostra fotografica realizzata da Alberto Chinaglia, che sottopongo con piacere ai Lettori di “Civico20News” (m.j.).

 

Proseguirà sino a domenica 31 maggio, nel magnifico scenario del castello Della Rovere a Vinovo, alle porte di Torino, la mostra fotografica di Alberto Chinaglia dal titolo “I mascheroni di Torino tra simbolismo e magia”.


L’esposizione, allestita nel portico del cortile, impreziosito da raffinate decorazioni in cotto d’impronta rinascimentale, raccoglie gli scatti realizzati da Chinaglia, fotografo torinese, nel quadro di una ricerca sul tema del mascherone architettonico, definizione generica riferibile alle figure ornamentali, dai tratti antropomorfi e zoomorfi, ibridi, chimerici, fantastici, che popolano le pareti dei palazzi torinesi.


Colpito dalla massiccia presenza a Torino, in misura maggiore di quanto non accada in altre realtà, di mascheroni inquietanti, dalle fattezze diaboliche o ispirate ai monstrua dei bestiari medioevali, Chinaglia ha indossato i panni dell’investigatore e, munito degli attrezzi del mestiere, ha percorso strade e piazze dell’antica capitale sabauda alla ricerca di queste figure misteriose, talora facilmente rintracciabili, ad esempio al di sopra dei portali, altre volte nascoste su batacchi, capitelli, paraspigoli.


Nella ricerca di Chinaglia, volta a mettere in rilievo sia la varietà delle tecniche realizzative, sia la sorprendente ampiezza del repertorio iconografico, il mascherone appare quasi come una porta capace di mettere in comunicazione la sfera terrena con la dimensione soprannaturale e metafisica. Da queste premesse ne discende che le chiavi di lettura del lavoro svolto da Chinaglia possono essere molteplici, ma due in particolare ci paiono meritevoli di attenzione.


La predominanza, nella selezione di scatti proposti, di mascheroni dalle fattezze diaboliche, ferine, inquietanti, rende inevitabile il collegamento con il filone ampiamente dibattuto della Torino magica, un mito alimentato da fatti storicamente documentabili come da narrazioni che assumono l’impronta evanescente della leggenda metropolitana. E’ impossibile negare che questa dimensione tenebrosa, spesso enfatizzata per ragioni commerciali e turistiche, sia parte integrante dell’anima cittadina, perennemente sospesa tra oscurità e luce.

 

Brodo di coltura del mito fu il periodo risorgimentale quando la contrapposizione politica tra casa Savoia e Chiesa creò in Torino l’habitat favorevole per gruppi di persone che si richiamavano ad ideologie e dottrine in contrasto con la visione cristiana. Fu così che, ad esempio, la moda dello spiritismo già dilagata nell’Inghilterra vittoriana, prese piede a Torino, dove nel 1856 si fondò la prima società spiritica italiana, ispirata alle teorie del lionese Allan Kardec. 


Anche il rapporto plurisecolare di Torino con la dinastia sabauda ebbe il suo peso nella genesi del mito: basti pensare alle numerose pubblicazioni che discettano sull’inclinazione di certi esponenti della casata per le arti magiche, l’occultismo, la divinazione.


D’altro canto Torino è anche la città della Sindone, la reliquia più importante della Cristianità, secondo la tradizione il lenzuolo che avvolse Cristo deposto dalla croce e su cui rimase impressa, per effetto d’una forza soprannaturale, la sagoma del suo corpo martoriato dai segni della Passione. Ecco che Bene e Male, energie positive e negative, fede cristiana e superstizione, s’intrecciano in un mélange continuo, le cui contraddizioni traspaiono dalle figure immortalate da Chinaglia, diaboliche e angeliche, specchio d’una città sospesa tra le due dimensioni.

  

L’altro parametro utilizzabile nella lettura del lavoro di Chinaglia è l’analisi dei significati simbolici sottesi a queste figure, da interpretare nella loro capacità di evocazione e suggestione. Il simbolo è per sua stessa natura ambivalente, polimorfo, variabile a seconda dei tempi e delle culture, tutti fattori che rendono l’indagine complessa e articolata.


I draghi alati che sorvegliano l’ingresso di Palazzo della Vittoria in corso Francia, così come le altre creature mostruose del bestiario torinese, sono allora interpretabili nella loro ambivalenza di mostri distruttori, che mirano a divorare l’eroe e a terrorizzare l’incauto passante, di custodi del luogo, in linea con i miti celtico-germanici o anche greci che spesso fanno del drago un genius loci, creatura aggressiva, ma addomesticabile con offerte propiziatorie, o ancora come guardiani di luoghi inaccessibili e segreti che, ostacolando il percorso iniziatico dell’eroe, lo costringono a battersi, consentendogli, in caso di vittoria, l’accesso a livelli più profondi di saggezza e conoscenza. 


La ricerca di Chinaglia, in definitiva, è molto di più di una documentazione iconografica sui mascheroni, è un viaggio spirituale e concettuale alla ricerca di possibili significati simbolici e delle tracce d’una dimensione ultraterrena che queste figure, misteriose apparizioni nel paesaggio urbano torinese, paiono evocare.

Paolo Barosso 

 

La mostra “I mascheroni architettonici di Torino tra simbolismo e magia”, organizzata con il sostegno dell’Associazione Amici del Castello di Vinovo, presieduta da Mauro Bruna,e patrocinata dal Comune di Vinovo, sarà visitabile presso il cortile del castello sino a domenica 31 maggio.

Per informazioni chiamare il 338/2313951

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Articolo pubblicato il 27/05/2015