Regione Piemonte - Nostra intervista a Gianna Gancia, Presidente del gruppo consigliare della Lega Nord

Ilavori del Consiglio Regionale sono stati totalmente assorbiti dalla Legge Finanziaria e dal Bilancio Preventivo 2015

Nelle ultime tre settimane, i lavori del Consiglio Regionale sono stati totalmente assorbiti dalla Legge Finanziaria e dal Bilancio Preventivo 2015.

La caratteristica dominante del documento presentato dalla Giunta ed approvato martedì 12 dal Consiglio, presenta la criticità dei conti ed il limite, rispetto al passato di non poter “elargire contributi e contentini”. Intanto la Regione Piemonte non decolla, sotto tutti gli aspetti (attività industriale, terziario, occupazione, crollo permanente dell’edilizia, mancata conclusione delle opere pubbliche interrotte ecc.)

-  Presidente Gancia, qual è il suo punto di vista?

«Governare la Regione non è facile, forse dopo quattro anni di strumentalizzazioni, la sinistra se ne sta accorgendo. Pur nelle difficoltà che tutti conosciamo, credo sia stato grave dover aspettare praticamente maggio per avere un bilancio. Fin dall’inizio della legislatura abbiamo condotto un’opposizione seria e non urlata, cercando di dare un contributo concreto ai lavori del Consiglio nell’interesse dei piemontesi.

 Purtroppo la Giunta non ha saputo o voluto cogliere questa opportunità ed ha portato avanti una politica vecchia, di piccolo cabotaggio, ben lontana dalle promesse elettorali. Questo atteggiamento è emerso chiaramente con l’approvazione della Finanziaria.

 La giunta  Chiamparino  ha dimostrato ancora una volta scarso coraggio nell’affrontare i veri nodi regionali, come ad esempio il mancato disimpegno sulle Partecipate. Inoltre abbiamo assistito all’ennesima  sottomissione al neocentralismo renziano, con un aumento delle tasse».

- Il divario tra Giunta Regionale e Territorio, secondo Lei, ha solamente origini ideologiche?

«Più che motivazioni ideologiche, penso ci sia di base un atteggiamento culturale ‘Torinocentrico’ in molti settori della Giunta, a partire dal presidente, quasi mai presente nelle province. Chi governa oggi accusava la precedente Giunta di non ascoltare i territori su trasporti e sanità: l’attuale giunta sta dimostrando tutta l’infondatezza di quelle accuse. Sono in molti a rimpiangere una Regione a guida leghista».

 - Qual è, a suo giudizio la percezione, da parte della Giunta del ruolo dell’impresa in una società in evoluzione?

«Il capitolo attività produttive è proprio quello su cui questa Giunta mostra purtroppo le lacune più evidenti: non c’è un’iniziativa, non c’è una visione. Eppure la crisi dovrebbe fare del lavoro e delle imprese le priorità di un governo regionale. E’ vero che la partita più consistente si gioca a Roma, però l’attuale immobilismo della Regione è inaccettabile in una terra del lavoro come il Piemonte. L’emblema di questa empasse è l’Expo: conoscete per caso una qualche iniziativa della Regione sul tema?»

 - Chiamparino, secondo lei è succube di uno schema di lavoro miope, intriso di burocratismo e proiettato su piccoli orizzonti?

«Chiamparino è stato eletto in una competizione elettorale fortemente falsata dalla vicenda dell’annullamento del precedente voto regionale: questo l’ha aiutato a vincere facilmente, ma allo stesso tempo ha fiaccato non poco la sua azione di governo.

 La  Giunta è composta quasi totalmente da personalità legate alla vecchia politica regionale. Sapendo già di vincere, mi viene da pensare che si siano  fatti avanti ‘i vecchi arnesi’ della politica per assicurarsi il posto, piuttosto che persone nuove con la voglia di cambiare e innovare».

- A prescindere dai mezzi ridotti e dai lacciuoli di questo bilancio, di cos’è maggiormente carente questo esecutivo?

«Del coraggio di lottare contro la burocrazia e di aiutare le imprese: Chiamparino non ha avuto nemmeno la forza di approvare l’ordine del giorno che abbiamo proposto per impedire che il Governo italiano, con il meccanismo della “reverse charge”, facesse “cassa” sulle aziende. Ci ha dovuto pensare l’Europa, sconfessando sia Renzi che Chiamparino. E’ tutto detto. Qui da noi, l’unica cosa che hanno saputo fare è stata aumentare le tasse».

 - Quando in sede di discussione, Lei ha proposto di azzerare ogni richiesta di contributo (marchette), intendeva ribadire la via del rigore? Riteneva d’indicare ai suoi colleghi un nuovo stile etico e di maturità politica nel rispetto del cittadino?

«Volevo chiamarmi fuori dal Partito Unico della Spesa Pubblica, a cui la classe politica continua a guardare quando non sa più che pesci pigliare. Le risorse pubbliche dovrebbero invece  essere impiegate soltanto per uno Stato minimo. Purtroppo siamo il Paese nel quale col denaro pubblico è stato fatto di tutto, come l’assunzione di forestali inutili o la creazione di Partecipate per piazzare i politici trombati».

- Se lei fosse al posto di Chiamparino, nell’azione di risanamento e d’indirizzo, da dove inizierebbe?

«In cinque anni, come presidente della Provincia di Cuneo ho ridotto di 60 milioni all’anno le spese per il funzionamento dell’ente, abbattuto il debito del 30 per cento (vale a dire di oltre 50 milioni di euro), eliminato le auto blu, disdetto gli “affitti d’oro” di magazzini e sedi decentrate, venduto e chiuso 13 enti partecipati, con la cancellazione di 119 poltrone e l’incasso di una plusvalenza di oltre 3 milioni di euro… Se Chiamparino facesse lo stesso, non avrebbe più bisogno di aumentare le tasse. Perché non lo fa?»

- Quando lei entra in contatto con il ruolo esercitato da alcune regioni (PACA, Rhone Alpes, Vallese, Lombardia e Veneto, per fare qualche esempio), nei confronti dei rispettivi territori, da Piemontese quale sensazione prova?

«Sento che come Piemonte dovremmo e potremmo fare di più: solo pochi secoli fa eravamo una regione leader in Europa e penso che anche oggi, nonostante la cattiva politica, la nostra terra abbia tutte le qualità per tornare ad esserlo».

-  Come vorrebbe reagire per fare uscire il nostro Piemonte dalla sabbie mobili?

«La mia reazione è quotidiana, cercando di svolgere al meglio l’incarico che i cittadini hanno voluto che ricoprissi come consigliera regionale. Ma l’unica chance che il Piemonte ha per uscire dalle sabbie mobili è quella di mandare a casa questa Giunta immobile.

 Ai primi di luglio si sapranno le decisioni del Tar sulle firme false che hanno sostenuto alle ultime elezioni le liste del Pd e di Chiamparino Presidente. Non credo che si arriverà a dire che le firme irregolari della sinistra sono un po’ meno irregolari di quelle per cui hanno mandato a casa la Giunta precedente. Anche perché tutti sanno che le irregolarità sono ben più ampie e gravi».

Grazie Presidente Gancia

 

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 13/05/2015