Il fenomeno dell' immigrazione : il caso della città di Miami - Florida

Gli aspetti poco noti di come è cresciuta una città di più di 5 milioni di abitanti

In questo periodo di accesi dibattiti sul fenomeno dei migranti, ci è sembrato interessante tratteggiare come Miami, una delle città più popolose degli USA, abbia affrontato il tema dell' immigrazione, in moltissimi casi irregolare e proveniente da Cuba ed Haiti principalmente.

A seguito della rivoluzione cubana del 1959 che destituì la dittatura di Fulgencio Batista, e portò Fidel Castro al potere, gli esuli cubani cominciarono ad arrivare in Florida in massa. In realtà si trattava di coloro che con la dittatura di Batista e con gli americani avevano intrattenuto stretti rapporti. Inoltre, approdarono in Florida numerosi galeotti, incoraggiati da Castro a lasciare Cuba.

Nel solo 1965, più di 100.000 cubani arrivarono con i “voli della libertà”, effettuati due volte al giorno, fra L’Avana e Miami. Molti dei fuggitivi erano membri delle classi medie, che al loro arrivo negli Stati Uniti avevano perso quasi tutti i loro averi. La città accolse gli esuli, molti dei quali si stabilirono nel quartiere di Riverside, che da allora prese il nome di Little Havana. La comunità ispanica cominciò a diventare predominante e lo spagnolo a essere la lingua più comune.

Negli anni fra il 1960 e il 1970, la Procura Generale era solita garantire dei permessi speciali (chiamati parole) ai cubani che entravano nel paese, ai quali dopo almeno un anno di permanenza sul territorio americano, veniva assegnato il permesso di soggiorno permanente (la green card). Nel 1980 Miami fu protagonista del più grande esodo della storia americana: un’unica flottiglia di piccole imbarcazioni approdò sulle rive della Florida trasportando 150.000 esuli provenienti da Cuba.

Negli anni ottanta Miami ha visto un incremento di immigranti da altre nazioni e in particolar modo da Haiti. Nel 1990 la presenza degli haitiani è stata riconosciuta con l’aggiunta della lingua creola alle schede elettorali.

Nel 1994, per prevenire altri esodi di massa, l’amministrazione Clinton annunciò un significativo cambiamento nella politica americana: gli esuli intercettati in mare non sarebbero stati accolti negli Stati Uniti, ma presi in custodia dalla Guardia Costiera e portati presso le installazioni militari americane di Guantanamo e Panamá. Nei primi otto mesi del 1994, oltre 30.000 cubani e più di 20.000 haitiani furono portati nei campi d’accoglienza fuori dagli Stati Uniti e in seguito rimpatriati.

Nei secondi anni novanta Stati Uniti e Cuba firmarono degli accordi tesi a normalizzare il flusso migratorio fra i due paesi: si ottenne l’ufficializzazione della nuova politica americana nei confronti dei rifugiati e l’impegno da parte di Cuba a fermare le eventuali imbarcazioni dirette in Florida e a non perseguire i rimpatriati. Gli accordi con il governo cubano diedero origine anche alla politica del “piede bagnato-piede asciutto”, che permette agli esuli cubani che riescono ad arrivare sulla terra ferma, di avere il permesso di soggiorno.

L’atmosfera latina di Miami ha reso la città una delle più popolari per i turisti e gli immigranti di tutto il mondo ed è diventata la terza porta d’ingresso agli Stati Uniti, dopo New York e Los Angeles. La maggior parte delle comunità europee d’immigranti sono recenti e sono per buona parte composte da persone di alto reddito, che vivono a Miami solo una parte dell’anno. Miami ospita la più ricca comunità italiana degli Stati Uniti, molto attiva nella moda e nella produzione di barche. Senza contare le persone di origine italiana (circa 300.000) sono circa 45.000 coloro che, nati in Italia, risiedono nella maggiore città della Florida. Miami ha uno dei maggiori consolati italiani negli Stati Uniti ed è una delle quattro destinazioni statunitensi dell’Alitalia. Comunemente si pensa che gli immigranti di Miami siano soprattutto ispanici e caraibici, ma la città ospita anche le più grandi comunità di finlandesi, francesi, sudafricane degli Stati Uniti e tra le più grandi israeliane, russe e turche.

 Vivere a Miami

Florida, Stati Uniti D’America: in nessun altro posto al mondo, gli standard di vita occidentali si uniscono in maniera armoniosa al clima e al calore tipico degli stati del Sud America come avviene qui. Prendete il mare delle Bahamas e Cuba. Unitelo ad infrastrutture funzionanti ed alla mentalità pragmatica e funzionale degli americani. Benvenuti nel Sunshine State "

Ci sono molti motivi per scegliere le città della Florida – e non solo la sua “stella” Miami – come meta per vivere o per passare qualche anno di vita. Il clima, certamente. Anche se quest’anno è arrivato per la prima volta un inverno freddo come pochi altri. La temperatura media annuale si attesta sui 27 gradi, la minima é di 16 gradi. Bisogna davvero amare il caldo per sopportare la famigerata umidità estiva che regna tra luglio e settembre. In ogni caso non esiste posto, in Florida, che sia lontano più di 90 miglia dal mare.

Lo Stato più a sud degli Usa ora conta 18 milioni di abitanti, e si avvia a superare in pochi anni la popolazione dello Stato di New York. Miami è la capitale americana del commercio internazionale, complice la vicinanza all’America del Sud e la sua immensa comunità latino-americana che rendono questo posto unico al mondo. Intorno alle città c’è ancora tantissimo spazio non ancora abitato: qui, dai tempi della conquista del West, è cambiato poco: quasi ovunque è possibile comprare terreno e costruirsi la casa dei sogni. I classici problemi delle costipate città europee in Florida non esistono. Esistono invece programmi del Governo a favore dei lavoratori che devono comprare casa.

 Sará forse per questo che lo Stato assomiglia ad una moderna Babele, con ben 4 milioni e mezzo di persone che comunicano esclusivamente usando lo spagnolo, o addirittura le lingue asiatiche. Puó quindi capitare di girare per le strade di Miami ed incontrare persone che non conoscono affatto l’inglese!

Il basso regime fiscale rimane uno dei fattori più attraenti per persone e aziende: Non ci sono tasse sulla persona, in Florida, qui si pagano solo le tasse federali, che mediamente si fermano al 20 per cento. L’Iva poi – il 7 per cento – non ha niente a che fare con quella italiana. Le imprese italiane lavorano soprattutto nei settori dell’arredamento, della nautica, dei gioielli, e naturalmente nell’abbigliamento e nel settore alimentare.

Miami attira molti giovani italiani, il visto però rimane l’ostacolo maggiore: lavorare regolarmente negli Stati Uniti vuol dire farsi sponsorizzare da un’azienda, e poche sono disposte a farlo. Molti perció decidono di arrivare qui con un visto turistico e cercare lavoro sul posto. Passare in Florida gli anni della pensione, per un italiano, potrebbe voler dire tornare in Italia di frequente per rinnovare il permesso di soggiorno.

In ogni caso, decidere di accollarsi queste difficoltá e trasferirsi qui, porterebbe immediatamente una serie di vantaggi importanti. Scordatevi ad esempio i racconti dei nonni a proposito di telefonate intercontinentali costosissime per parlare con lo zio d’America. Negli ultimi 10 anni internet, sotto tantissimi aspetti, ha rivoluzionato lo stile di vita di milioni di persone. Basta pagare una decina di dollari al mese per parlare senza limiti con l’Italia utilizzando qualsiasi cellulare e sfruttando la rete. Scordatevi le cifre impossibili che ogni giorno vi chiedono gli operatori telefonici italiani. Per chiamare illimitatamente ogni telefono degli Stati Uniti, bastano solitamente 20 dollari al mese. Dulcis in fundo, prima di partire buttate via la chiavetta internet: Miami ed Orlando sono infatti due tra le cittá piú connesse del mondo. Questo vuol dire che é possibile connettersi al web gratuitamente in ogni luogo pubblico, spesso anche dalla spiaggia.

Recentemente l’amministrazione Obama ha promosso un programma di sviluppo per la rete che qualcuno ha definito il “nuovo Piano Marshall”: un ente governativo appositamente creato promuove e sponsorizza lo sviluppo e la conoscenza della banda larga tra i cittadini americani, controllando anche i parametri della velocitá di connessione al web tra i diversi Stati.

Chi lavora in Florida guadagna mediamente bene, anche se ovviamente dipende da ruolo e mansione. Lo stipendio medio (sul quale non ci sono tasse statali, ma solo federali) é di 40.000 dollari, cioé circa 30.000 euro all’anno, cifra tra le piú alte negli Stati Uniti del Sud.

 



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Articolo pubblicato il 18/05/2015