A Milano chi parla di famiglia è considerato omofobo

Sconcertante presa di posizione del Sindaco Pisapia, a pochi giorni da un importante convegno

Il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, dopo che la capitale morale d’Italia è stata messa a ferro e fuoco, da coloro che non intrattengo certo rapporti ostili nei suoi confronti, torna alla ribalta delle cronache in modo sconcertante.

E’ previsto un convegno dal titolo “La famiglia, il fondamento della società”, organizzato per sabato 23 maggio dal gruppo consiliare della Lega Nord. Ciò diventa per il sindaco arancione nuovo pretesto per gridare al lupo fascista e sessista. Un allarme che viene direttamente dall’ufficio del sindaco, dal capo di gabinetto Maurizio Baruffi che si affretta a comunicare a Repubblica, il divieto ai leghisti di utilizzare la sala Alessi, una delle più prestigiose di Palazzo Marino.

Secondo lo zelante portavoce, I relatori al convegno sono molto schierati e, naturalmente, non la pensano come il capo Pisapia. Questo basta e avanza per rifiutare l’ospitalità a un libero dibattito, come democrazia rossa la comanda.  

Roba da Minculpop e da Comintern stalinista, ma oggi la dittatura non ha più un colore solo: è arcobaleno come la bandiera dei movimenti gay e Lgbt. Relatori poco affidabili? Panzane politiche da baraccone comunale.

Al convegno, infatti, sono iscritti a parlare illustri medici e giuristi, come Massino Gandolfini, primario neurochirurgo, membro della Società italiana di Bioetica, vicepresidente di Scienza & Vita e presidente dei medici cattolici lombardi; Gianfranco Amato, poi presidente dei Giuristi per la vita e come moderatore il giornalista Marco Invernizzi, esponente di Alleanza cattolica.

Insomma, gente perbene e rispettabile, non picchiatori di gay o black bloc col rolex (r minuscola) taroccato. Ma soprattutto professori che in materia di gender e diritto familiare ne sanno qualcosa, certamente di più dell’ex spin doctor Baruffi. Per cui, contrordine compagni: a Pisapia parole come famiglia e libertà fan venire subito l’orticaria. 

Le motivazioni del nyet del rais di Palazzo Marino, così come ce li rivela Repubblica, sono veramente grottesche. Gandolfini, ad esempio, è colpevole per aver dichiarato in una conferenza che: «L'incidenza suicidaria nei Paesi gay friendly rimane molto alta perché in fondo a tutto questo ci sta un disagio identitario. Nella misura in cui una persona si sente disagiata verso se stesso, non è poi così facile vivere».

Esperienze vere e tragiche, ma che rischiano di intristire gli allegroni compagni del bigoncio lesbo-gay. L’avvocato Amato, invece, è stato beccato a dire che: «Dichiaro pubblicamente e con orgoglio di essere un omofobo. Mandino nel mio studio gli agenti ad arrestarmi, li aspetto». E ancora: «Se utilizziamo solo il sentimento per definire il matrimonio, potremmo arrivare al paradosso di dire che il matrimonio è'un'unione tra due uomini e tre donne, o al limite tra un uomo e un cane».

Chiaro che a ognuna di quelle frasi manca un pezzo o una premessa, ma tant’è: i tirapiedi del sindaco mica sono pagati per fare il gioco pulito: devono solo demolire l’avversario e disegnarlo come l’orco cattivo e omofobo.

L’ultima parola adesso spetta alla presidenza del Consiglio comunale, ma il segnale è forte perché viene dai piani alti di Palazzo Marino. Siamo al replay burletta di quel che successe qualche mese fa in Regione Lombardia (un analogo convegno sulla famiglia sfigurato a un assise di pazzi e ultras con la fissa di guarire i gay)

È quel che passa il convento di Sel, la sinistra con l’orecchino nel pugno come insegna il Vendola way of life. E fa uno strano effetto (o senso) sentire l’arancione Giuliano Pisapia, un tempo Perry Mason d’ufficio dei centri sociali, poi sindaco improvvisato e improvviso, ergersi crociato contro l’onda omofoba.

Con il suo look da rispettabile senatore repubblicano (camicia bianca e pantaloni blu), il sellino Giuliano, che è diventato borgomastro grazie ai voti dei salotti rosso-chic, da tempo è sceso dalle barricate per cause più griffate e meno scomode.

Un anno fa, ospitò nei locali municipali il primo corso comunale di sado-masochismo: lezioni teoriche ed esercizi dal vivo per insegnare al gentile pubblico come si pratica la dominazione sessuale. Più che i gay andrebbero curati loro, nuovi untorelli del pensiero unico e kapò comunali della sinistra gender.

 

 

 

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Articolo pubblicato il 11/05/2015