Vittime di genere: dove, cosa, come prevenire e contrastare la violenza sulle donne
Servizio fotografico a cura di Ermanno Crotto

Civico20news racconta il convegno svoltosi giovedì 30 aprile, al Circolo dei Lettori, presentato da Rodolfo Alessandro Neri e Giampiero Leo

Si è svolto giovedì 30 Aprile al Circolo dei Lettori, il convegno organizzato da Rodolfo Alessandro Neri – in collaborazione con Civico20news – “Vittime di genere, dove, cosa, come prevenire e contrastare la violenza sulle donne”, alla presenza di relatori di tutto rispetto, quali Vittorio Nessi, procuratore aggiunto di Torino e autore di ”Analisi di una strage silenziosa”, Saverio Pelosi sostituto procuratore e autore di “Non chiamatelo amore”; Elena Cerutti, medico e autrice di "Lo sconosciuto”, Sergio Audasso neuro counselor che ci spiegherà come “riconoscere i segni premonitori”. Ad arricchire la serata, presentata da Giampiero Leo e moderata dallo stesso Rodolfo Alessandro Neri, i quadri della pittrice Luciana Libralon.

Il primo intervento è quello del magistrato Nessi, che illustra quanto la violenza, propria dell'essere umano, sia collegata all'istinto di conservazione, un modo per riaffermare la propria forza alla luce del sole. “Due dati meritano attenzione, – spiega il magistrato – il primo è l'assuefazione della società alla violenza, il secondo è l'estraneità, lo sguardo lontano come quello che si rivolge a un acquario”.

Ciò che le vittime di violenza si trovano spesso a vivere, le rende incredule e confuse: la domanda che esse si pongono è “ma sta accadendo proprio a me?”, ammettere infatti di essere una vittima è spesso il passo più difficoltoso da fare, ma anche inevitabile se si vuol uscire da questa condizione.

L'autore di “Strani Amori”, interpreta queste violenze dalle quali le statistiche ci mettono in guardia, come frutto della rivoluzione femminile: “fino agli anni '60 il modello uomo-donna era quello che aveva funzionato per i secoli precedenti, poi la rivoluzione femminile si è verificata e si è realizzata su due fronti.

Il primo è quello sessuale, che ha separato il momento della procreazione da quello sessuale; il secondo è quello economico, la donna divenuta indipendente dal maschio, può andarsene quando le pare”. Tutto questo insomma, certi uomini non sono probabilmente riusciti ad accettarlo e la violenza rappresenta la consapevolezza di impotenza che l'uomo ha nei confronti della donna di oggi, sulla quale gli resta il solo dato biologico della forza.

La parola passa a questo punto al dottor Pelosi, che testimonia alla sala l'elevato numero di casi che quotidianamente vedono le donne come protagoniste di violenze.

Pone anch'egli l'accento sull'assuefazione alla violenza, ma quella della vittima. “ Un tratto comune di tutte le donne che subiscono le violenze in ambito familiare è la difficoltà ad accettare e ammettere di avere un problema, di aver bisogno di aiuto e di chiederlo.

La donna maltrattata è una tipologia di offesa molto particolare, perché questa donna pur subendo violenze in famiglia, rimane a casa, con l'autore delle violenze ai suoi danni”. Il procuratore ci mostra una donna che si colpevolizza, che si crea alibi per non affrontare la sua condizione e che spesso quando arriva allo stremo e chiama la polizia, poi ci ripensa, perché spesso quello è l'unico genere di relazione che conoscono.

“Non scambiate questo per troppo amore, è solo volontà di prevaricare l'altra persona, per sottometterla. Non vi raccontate una storia che è una finzione”. Importante è sottolineare che la normativa riguardante questi episodi è oggi cambiata: ora le forze dell'ordine possono intervenire coattivamente, allontanando l'uomo dalla casa, anche nel solo caso di minacce.

Elena Cerutti racconta la sua esperienza, frutto di vicissitudini personali e vicende ospedaliere: “queste esperienze possono colpire chiunque, indipendentemente dal grado di istruzione e dal ceto sociale.

Le storie di amore malato si somigliano un po' tutte, in una sorta di cliché nel quale l'uomo cerca innanzitutto di isolare la donna dai propri affetti, dagli amici, spesso anche dal punto di vista lavorativo, cercando di convincerla a lasciare il lavoro.

Le costruisce una gabbia dorata nella quale la rinchiude, convincendola che il suo amore è unico e al tempo stesso anche della sua inettitudine, abbattendone l'autostima: passa dunque il messaggio che senza lui non vali niente come donna, come madre, come moglie”.

Un altro elemento che caratterizza spesso le vittime di violenza, ci spiega la dottoressa, è lo spirito da “crocerossina”, in altre parole la classica sindrome del “io ti salverò”. E prosegue: “spesso nelle vicende di violenza quando una donna lascia un uomo, l'uomo reagisce dichiarandole la guerra: mette in atto una serie di strategie persecutorie, dalle minacce ai pedinamenti.

Come si può risolvere il problema? Non esiste la soluzione valevole per tutti, la pozione magica, ma la cosa più importante è che la vittima prenda consapevolezza della situazione e aiuti se stessa, dando la possibilità anche agli altri di aiutarla”.

Dopo le testimonianze e le ipotesi relativi alle soluzioni, giunge il momento di parlare di prevenzione. Come si possono cogliere i segnali di violenza prima che essa si scateni?

“La prima cosa da abbattere sono le barriere del pregiudizio – spiega Sergio Audasso – la donna non è solo madre, non è solo moglie e queste connotazioni ancora oggi la identificano e accompagnano, scatenando una serie di aspettative sociali e comportamentali, sia nella donna che nell'uomo. Oltre agli errori cognitivi però, vi sono altri aspetti come il terrore dell'abbandono.

Questo è l'elemento che mantiene forte il legame con una persona disfunzionale, se già all'inizio di una relazione la paura di rimanere soli condiziona le proprie decisioni, ebbene questo è un inizio disfunzionale, si consegna potere all'altro e si entra in dinamiche che presto saranno ampliate”. Queste parole ovviamente, son da ritenere valide anche al contrario, poiché nulla impedisce all'uomo di essere vittima di questi schemi.

“Spesso basterebbe dare retta al cervello rettiliano, sede dell'istinto, che ci suggerisce attraverso l'ansia disfunzionale – ovvero la paura di ferire o di fare qualcosa che ci impedisce di essere spontanei – che a livello inconscio qualcosa è stato percepito e non è da sottovalutare”.

Anche Audasso, come gli altri relatori, sottolinea quanto il senso di colpa e la rabbia influenzino queste dinamiche, insieme alla tendenza alla giustificazione di comportamenti ritenuti dai più come ingiustificabili. “Il ciclo della violenza ha come prima fase il mantenimento della vittima in uno stato di tensione, in una sorta di guinzaglio: qualsiasi cosa faccia la vittima, è passibile di rimprovero. Chi applica questo ciclo, misura il territorio che può oltrepassare, misura fino a dove spingersi. La seconda fase è la tensione verbale violenta che in alcuni casi sfocia poi in violenza fisica”.

Civico20news ringrazia Natalino Gori, Editore della rivista online CIVICO20NEWS.IT e Presidente dell'Associazione Culturale Borgo Dora - I residenti di Torino... e ovviamente anche i presenti per la loro numerosa partecipazione, augurandosi di vedervi sempre più numerosi ai nostri eventi culturali.

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Articolo pubblicato il 02/05/2015