L'abuso lessicale

Con un po’ d’attenzione si può ritornare all’uso corretto della Lingua italiana

Chi non è più in giovanissima età ricorderà sicuramente quando, negli anni settanta, ebbe inizio l’uso indiscriminato e quindi l’abuso di modi di dire come “A monte e a valle”, “A misura d’uomo”, “Nella misura in cui” e così via.

Non c’erano all’epoca, interviste, dichiarazioni o dibattiti nel mondo della politica che non fossero affetti da un tripudio di tali espressioni.

Altri modi di dire ripetuti più volte nello stesso contesto colloquiale, scritto o audiovisivo, hanno via via preso il sopravvento, salvo poi a spegnersi quasi del tutto nel corso degli anni.

Ma l’invasione silenziosa è continuata ed altri ne sono sorti perentoriamente trovando una quantità di estimatori, qualche volta inconsapevoli e perciò più pericolosi sotto il profilo lessicale, dilagando anche ai giorni nostri.

Siamo così pervenuti ad un uso generalizzato di espressioni, come “In qualche modo…”, “Quant’altro…”, “Piuttosto che…”, “Assolutamente si/no…” “Un attimino…” “Tra virgolette…”, quest’ultima accompagnata spesso, al suo primo apparire, dalla fluttuazione davanti agli occhi dell’interlocutore dell’indice e del medio di entrambe le mani, piegati a uncino.

L’elenco forse non è completo ma tanto basta per sottolineare quanto l’uso travolgente e quasi sempre a sproposito di tali modi di dire abbia incominciato finalmente ad infastidire anche chi non ha alcuna pretesa di passare per un devoto discepolo dell’Accademia della Crusca.

Lasciando ai puristi il compito di interpretare secondo i sacri canoni della nostra lingua madre il vero significato delle espressioni che oggi imperversano (con qualche flessione, ad esempio, dello sdolcinato “attimino” che fino a qualche anno fa godeva di un indubbio primato) è interessante osservare come la contaminazione abbia colpito soprattutto quelle categorie che hanno a che vedere con i media, in particolare con i mezzi di comunicazione radio televisivi (ormai oggetto di occupazione sfrenata da parte dei politici) nonché, per ovvie ragioni, dei loro opinionisti, conduttori e giornalisti, soprattutto di quelli sportivi.

Sui motivi che hanno portato a tale appiattimento non sembra esserci molto da dire ma non è fuor di luogo pensare che nella maggior parte dei casi si tratti di una forma di pigrizia mentale ovvero di una sorta di abulia lessicale generalizzata e che, purtroppo, ha contagiato anche quella parte dei cittadini che è più permeabile ai media e che dunque la subisce.

L’utilizzo di tali espressioni è però diventato ormai tanto stucchevole quanto insopportabile anche perché il più delle volte nasconde l’incapacità di esprimere con chiarezza i contenuti che si vorrebbero esplicitare, ed in egual misura perché, nella maggior parte dei casi, di veri e propri contenuti in realtà non ve ne sono o da essi, quando ve ne sono, si vuole distogliere l’attenzione.

E’ pur vero che il tema di cui ci occupiamo è di gran lunga minoritario rispetto all’attuale montagna di problemi che affliggono il nostro Paese, potendo così apparire del tutto superfluo, ma è altrettanto vero che, anche una semplice segnalazione come la nostra, può sedimentare nella mente di chi ascolta o legge, fornendogli così un sia pur modesto strumento di attenzione al lessico che potrebbe, in qualche occasione, essere di aiuto per valutare la capacità o l’incapacità, la consistenza o l’inconsistenza di chi parla o scrive, abusando non solo della lingua italiana ma anche della pazienza di chi ascolta o legge.

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Articolo pubblicato il 28/04/2015