Le " amare " e inopportune ultime dichiarazioni del ministro greco delle finanze, il "superman" Varoufakis

Da ciò che pensa il ministro greco, sembra che la colpa dei mali greci sia di noi europei

Il ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis, la migliore sponda politica di Tsipras, anch' egli si arrabatta come il capo del governo a trovare ogni appiglio nella sua pretesa di non pagare interamente i debiti della Grecia. ma non ci sono  giustificazioni alla sconsiderata politica di corruttela, di sprechi economici e di favoritismi del passato che ha portato la Grecia sulla soglia della bancarotta.

A ben vedere poi, appare strano, dopo tante sue parole di una sinistra molto demodè, che gli torni utile non scomodare il comportamento dell' elite più ricca in Grecia, quella degli armatori, la cui potente flotta commerciale non è mai stata tassata per non correre il rischio di far trasferire la sede legale e fiscale delle società armatoriali nei Paesi dove le flotte non sono praticamente tassate, come Panama e Liberia.

Questo della protezione della propria flotta è il pretesto ufficiale, mentre si sa bene che buona parte della tradizionale e ambigua classe politica greca è ancora in auge, inglobata in quella armatoriale, o viceversa. In pratica sono la stessa cosa ma, ufficialmente, tutto ciò che attiene alla fiscalità agevolata delle flotte commerciali vien fatto apparire come fosse fatto per il bene del Paese.

In realtà gli sforzi di risanamento della Grecia dovrebbero essere rivolti a scoraggiare i più benestanti, tra i quali i ricchissimi armatori ( alla Onassis, tanto per intenderci) dal continuare a portare all' estero miliardi di euro ancora oggi, e che non vengono assolutamente disturbati. L' atteggiamento dei leaders Syriza è come il classico arrampicarsi sugli specchi, dando la colpa ad altri di ciò che la Grecia non riesce a fare ( come le riforme promesse e ancora incomplete, e giudicate deboli dalla UE ). L' Eurotower ha appena dichiarato, a questo proposito, che la data ultima per la presentazione delle riforme da parte greca  sarà il 20 Aprile 2015.

A questo punto ci appunteremo sull' agenda tale data, per vedere se Tsipras riuscirà a " glissare" anche questa volta, e quali scuse accamperà. Di certo L' Eurotower, dopo tanti moniti alla Grecia di presentare un piano di riforme accettabile e non così approssimativo come fatto fino ad ora, non starà zitta a guardare e allora per la Grecia il default sarà concreto e praticato. La Grecia sarebbe dichiarata ufficialmente fallita e anche i bond greci varranno come la carta straccia,  a quel punto.

 Rivolgere accuse alla politica europea da parte di Varoufakis appare uno scaricabarile, e ciò sarebbe come se noi in Italia accusassimo l' Europa di avere al nostro interno i fenomeni della corruzione e della  concussione, che da soli si mangiano dai 60 ai 70 miliardi di euro all' anno.

Ecco allora che il “bravo” politico greco si guarda bene dall' accusare le classi più ricche al potere in Grecia, anche se potevano sembrare messe da parte dall' ingresso di Syriza al governo, e rivolge le sue accuse a questa Europa così ambigua e che è addirittura pasticciona e masochista. Nemmeno gliela avessero imposta ! Allo stesso tempo Varoufakis vorrebbe " salvare il capitalismo intrinsecamente malvagio da se stesso " e mette l' Europa allo stesso livello, se non inferiore, dell' URSS di Breznev.

Verrebbe da dire : poche idee ma confuse. Il ministro e docente universitario Varoufakis, che si esprime nelle seguenti considerazioni come un quindicenne che fantastica sulla spiaggia davanti al famoso falò sotto la luna piena, dovrebbe almeno sapere che la " terza via" non l' hanno ancora inventata, nemmeno in Grecia, specialmente così di corsa in questo momento un po' sospetto, a causa dei troppi debiti greci .

In altre parole, la casa nell' ex URSS non ce l' aveva nessuno in proprietà, se non qualche oligarca di Stato, mentre in Europa ce l' hanno in molti. Ma se quest' ultimi non riescono a pagare il mutuo non possono pretendere di farselo pagare dagli altri, come vorresti tu per lo Stato greco,  da come parli, ministro greco delle Finanze !

Considerate le attitudini greche alla continuità dei propri usi e costumi politici corrotti, il principe di Salaparuta - il Gattopardo - ovvero colui che diceva che tutto cambia per rimanere come prima, non sarà prima passato da Atene?

YANIS VAROUFAKIS , le sue ultime dichiarazioni sulla società europea :

Le élite europee si stanno comportando oggi come una sventurata compagnia di leader incompetenti che non capisce nulla né della natura della crisi cui sta presiedendo né delle sue implicazioni per il loro stesso destino – per non parlare di quello del futuro della civiltà europea. Spinti dai loro istinti atavici, i leader europei stanno scegliendo di saccheggiare le ricchezze in diminuzione dei poveri e degli sfruttati allo scopo di turare le voragini provocate dai loro banchieri falliti, rifiutando di accettare l’impossibilità del tentativo. Dopo aver creato un’unione monetaria che A) ha rimosso dalla macroeconomia europea tutti i possibili strumenti in grado di attutire gli shock e B) ha assicurato che, all’arrivo dello shock, questo sarebbe diventato di enormi proporzioni, si stanno prodigando nel negare la realtà, sperando, irrazionalmente, in qualche miracolo provocato dagli dei dopo il sacrificio di un numero sufficiente di vite umane sull’altare dell’austerità e della competizione.

Ogni volta che gli ufficiali giudiziari della troika visitano Atene, Dublino, Lisbona, Madrid; a ogni pronunciamento della Banca Centrale Europea o della Commissione Europea sulla prossima fase dell’austerity che dovrà essere messa in pratica da Parigi o da Roma, tornano in mente le parole di Bertolt Brecht: “la forza bruta è passata di moda. Perché mandare sicari prezzolati quando gli ufficiali giudiziari possono fare lo stesso lavoro?”. Il punto è: come resistergli? Sempre consapevole della colpa collettiva della sinistra per il feudalesimo industriale cui abbiamo condannato per decenni milioni di persone in nome di…politiche progressiste, vorrei nonostante questo formulare un parallelo tra l’Unione Sovietica e l’Unione Europea. Nonostante le loro grandi differenze, esse hanno una cosa in comune: l’uniforme linea di partito che scorre senza soluzione di continuità dal vertice (il Politburo o la Commissione) alla base (ogni giovane ministro di ogni Stato membro, o ogni commissario di infima importanza, che ripete a pappagallo le stesse futilità). Sia l’apparato dell’Unione Sovietica che quello dell’Unione Europea condividono una determinazione da setta religiosa ad accettare i fatti solamente se concordi con le profezie e i loro testi sacri. Il signor Olli Rehn, ad esempio, che è il membro della Commissione Europea responsabile delle questioni economiche e finanziarie, recentemente ha avuto l’audacia di accusare il Fondo Monetario Internazionale per aver rivelato alcuni errori nel calcolo dei moltiplicatori fiscali dell’Eurozona perché una tale rivelazione «minava la fiducia dei cittadini europei nelle loro istituzioni». Neppure Leonid Breznev avrebbe osato fare pubblicamente una tale dichiarazione!

Con le élite europee allo sbando, volte a negare la realtà con le teste sotto la sabbia come gli struzzi, la sinistra deve ammettere che, semplicemente, non siamo pronti a colmare il baratro che un capitalismo europeo al collasso aprirà, con un sistema socialista funzionante, capace di creare benessere condiviso per le masse. Il nostro obiettivo deve quindi essere duplice: portare avanti un’analisi del corrente stato delle cose che i non-marxisti, ossia gli europei sedotti in buona fede dalle sirene del neoliberismo, possano trovare condivisibile.

E dar seguito a questa solida analisi con proposte per stabilizzare l’Europa – per porre fine alla spirale recessiva che, alla fine, rinforzerà solamente gli intolleranti e incuberà le uova dei serpenti. Ironicamente, noi che aborriamo l’Eurozona abbiamo l’obbligo morale di salvarla!

Questo è quello che abbiamo cercato di fare con la nostra «Modesta proposta» [con Holland e Galbraith, ndr]. Indirizzandoci a platee eterogenee che vanno dagli attivisti radicali ai gestori dei fondi speculativi, l’idea è quella di creare alleanze strategiche persino con persone di destra con le quali condividiamo un semplice interesse: un interesse nel porre fine al circolo vizioso tra austerità e crisi, tra stati in bancarotta e banche in bancarotta; un circolo vizioso che danneggia tanto il capitalismo quanto ogni programma progressista in grado di rimpiazzarlo. Questa è la ragione per cui difendo i miei tentativi per arruolare alla causa della «Modesta proposta» gente come i giornalisti di Bloomberg e del New York Times, membri conservatori del Parlamento inglese, finanzieri che sono preoccupati dalla tragica situazione dell’Europa.

Il lettore mi concederà di concludere con due confessioni finali. Mentre sono felice di difendere come sinceramente radicale lo scopo del programma per stabilizzare il sistema che propongo, non pretendo comunque di esserne entusiasta. Questo è quel che dobbiamo fare, spinti dalle circostanze odierne, ma mi dispiace dover dire che probabilmente non farò in tempo a vedere adottato un programma più radicale. Infine, una confessione di natura più strettamente personale: io so di correre il rischio di alleviare, surrettiziamente, la tristezza dell’abbandonare ogni speranza di sostituire il capitalismo nel corso della mia esistenza indulgendo nel sentimento di essere diventato «gradevole» agli occhi degli appartenenti ai circoli della «buona società». Il senso di soddisfazione personale nell’essere onorato dai ricchi e dai potenti ha iniziato, di tanto in tanto, a farsi strada in me. Ed è una sensazione assolutamente brutta, non radicale, che sa quasi di corruzione.

Il mio nadir personale è arrivato in un aeroporto. Un gruppo danaroso mi aveva invitato a tenere un discorso di apertura sulla crisi europea e aveva sborsato la considerevole somma necessaria a comprarmi un biglietto aereo in prima classe. Sulla strada del ritorno verso casa, stanco e reduce già da diversi voli, mi stavo facendo strada attraverso la lunga fila di passeggeri della classe economica per raggiungere il mio gate d’imbarco. Improvvisamente realizzai, con notevole orrore, quanto facile fosse per la mia mente venire infettata da questa sensazione di essere “autorizzato” a sorpassare la massa. Capii quanto facile fosse per me dimenticare quel che il mio pensiero di sinistra aveva sempre saputo: che nulla riesce a riprodursi meglio di un falso senso di potere. Costruendo alleanze con forze reazionarie, così come penso dovremmo fare per stabilizzare l’Europa odierna, si corre il rischio di venire cooptati, di gettare alle ortiche il nostro radicalismo in cambio della piacevole sensazione di essere “arrivati” nei corridoi del potere.

Confessioni radicali, come quella che ho appena tentato di fare, sono forse l’unico antidoto programmatico agli scivoloni ideologici che minacciano di trasformarci in ingranaggi del sistema. Se dobbiamo stringere patti col diavolo (col Fondo Monetario Internazionale, con i neoliberisti che, nonostante questo, sono contrari a quella che chiamano la dittatura delle banche fallite, eccetera), dobbiamo evitare di diventare come i socialisti che non riuscirono a cambiare il mondo ma riuscirono a migliorare la loro situazione personale. Il trucco è evitare il massimalismo rivoluzionario che, alla fine, aiuta i neoliberisti a aggirare qualsiasi opposizione alla loro cattiveria autodistruttiva ma allo stesso tempo mantenere la nostra visione del capitalismo come intrinsecamente malvagio mentre cerchiamo di salvarlo, per motivi strategici, da se stesso. Confessioni radicali possono essere utili nel mantenere questo difficile equilibrio. Dopotutto, il marxismo umanista è una lotta costante contro ciò che stiamo diventando.

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Articolo pubblicato il 15/04/2015