La “Torino noir” vista e narrata da Milo Julini

La Società contro il coltello (seconda parte)

Riprendiamo l’esame del comunicato del Comitato promotore della Società contro il coltello che appare sulla “Gazzetta Piemontese” del 4 agosto 1871.

Questa Società che, come si legge nel primo articolo del suo Regolamento, ha «per iscopo di cercare ed applicare tutti i mezzi per prevenire le risse sanguinose, allontanandone le cause», intende avvalersi di mezzi materiali e morali.

I mezzi materiali consistono in una serie di premi da destinare a operai meritevoli. Va precisato che col termine “operaio” si indicano tutti coloro che prestano la loro opera nelle officine, negli opifici, laboratori, ecc. dietro pagamento di uno stipendio.

Il primo premio consiste in una medaglia d’oro per l’operaio che, oltre ad una specchiata condotta, si sia fatto notare nel corso dell’anno per l’azione più virtuosa.

I quattro secondi premi saranno medaglie d’argento, destinate agli operai padri di famiglia, che, oltre alla propria irreprensibile condotta, abbiano provveduto nel modo migliore all’educazione intellettuale e morale dei loro figli.

I dieci terzi premi consisteranno in medaglie di rame per gli operai che, nel corso dell’anno, abbiano tenuto un comportamento che rappresenti un buon modello per i compagni di lavoro, sia nell’officina che fuori, perché evitano di portare in tasca il coltello, di giocare a soldi, di ubriacarsi e di fare la “lunediata” o “lunediana”, cioè prolungare al lunedì l’ubriacatura della domenica, perdendo la giornata di lavoro, pratica diffusa e abituale per molti operai.

Tutti i premi saranno accompagnati da un libretto della Cassa di risparmio con una somma che il Comitato determinerà ogni anno.

Oltre a questi premi saranno date menzioni onorevoli a tutti gli operai che, nel corso dell’annata, dimostreranno di aver migliorato la loro condotta.

In sintonia con la mentalità dell’epoca, i componenti della la Società fanno grande affidamento sull’azione di controllo e di formazione che nelle officine viene esercitata dai capi, almeno su una parte degli operai: prevedono infatti di conferire diplomi d’onore di 1a, 2a e 3a classe ai capi fabbrica, che hanno moralizzato i loro dipendenti, allontanandoli dal giuoco, dall’ubriachezza, dal portare il coltello e dalla brutta abitudine di sciupare il lunedì.

Sono poi previste tre bandiere d’onore per gli stabilimenti, società ed altre associazioni di operai i cui componenti in tutto l’anno non abbiano commesso atti di pubblica riprovazione, oppure i cui operai abbiano depositato una più elevata somma di risparmi presso le Casse di risparmio o presso le società stesse. Le società operaie, infatti, rappresentano per gli operai e per le loro famiglie l’unica possibilità di assicurazione in caso di malattia, incidenti, disoccupazione.

I premi saranno aggiudicati da una Commissione formata dai più ragguardevoli cittadini torinesi, che il Comitato nomina senza però farne parte.

Per enfatizzare la distribuzione dei premi e degli attestati d’onore, questa sarà fatta, con la maggiore solennità possibile, in occasione dell’annuale festa nazionale. Questa disposizione mira  a rafforzare negli operai premiati lo spirito di appartenenza alla comunità cittadina, dove si viene inseriti con il riconoscimento di “buoni cittadini”.

Per quanto riguarda i mezzi morali, la Società  organizzerà letture, conferenze e rappresentazioni teatrali educative, con ingresso gratuito per gli operai, e istituirà biblioteche circolanti.

Si potrebbe obiettare sui contenuti e sui mezzi di questa formazione culturale ideologicamente pilotata, ispirata alla più intransigente laicità.

Ma forse il limite maggiore è nell’idea che configura l’iniziativa, ovvero che l’animo umano, mediante l’istruzione, possa essere emendato dalle pulsioni più triviali, sensibilizzato e indirizzato a una religione laica del lavoro e dell’amor di patria. Questa visione, poco lungimirante e un po’ semplicistica, sarà purtroppo smentita dai fatti.

Anche nel caso dei “mezzi morali”, secondo la forma mentis dell’epoca, si punta sull’opera di educazione e di controllo esercitata dai capi-fabbrica e dai presidenti delle società operaie: grazie a loro la Società eserciterà una continua ed efficace sorveglianza sugli operai. Sarà così in grado di sapere quali lavoratori conoscano i doveri che hanno verso la famiglia e i riguardi che devono alla loro dignità personale, potrà incoraggiare i più deboli, ammonire gli indocili e rinfrancare in tutti la coscienza dei loro doveri.

Per concludere, ricordiamo le disposizioni della Società che riguardano i soci, il cui numero è illimitato. Quando sarà raggiunto il numero di trecento, la Società s’intenderà definitivamente costituita.

I soci saranno “fondatori” e “annuali”: quelli “fondatori” faranno un dono non minore di venti lire, oltre al pagamento della quota dei soci “annuali”, che ammonterà a 50 centesimi mensili (pari a sei lire all’anno) pagabili anche in una sola volta.

Dopo aver illustrato il “modus operandi” della Società, ne conosciamo i primi momenti di vita attraverso gli articoli apparsi sulla “Gazzetta Piemontese”.

Il 3 dicembre 1871 vi leggiamo l’annuncio che la Società contro il coltello ha organizzato per il giorno 8, alle 2 pomeridiane, una rappresentazione al teatro Vittorio Emanuele della «tanto applaudita commedia di Luigi Pietracqua intitolata ‘L cotel», messa in scena dalla compagnia piemontese Milone e Ferrero: «Alla porta si troveranno biglietti di sedie chiuse al prezzo di lire due, e di prima galleria  ad una lira caduno; quelli di platea e della seconda galleria sono tutti distribuiti gratuitamente ai soci».

Alcuni anni dopo questa rappresentazione per finanziamento della commedia del massone Pietracqua, la “Gazzetta Piemontese” del 6 febbraio 1872 riporta che domenica 28 gennaio, nell’anfiteatro di chimica in via Po 18, alle 2 pom., si è svolta una assemblea straordinaria della Società contro il coltello per presentare proposte di modifica dello statuto.

Così il nome è stato cambiato in Educazione popolare. Società contro l’ubbriachezza e l’abuso delle armi. È stata anche deliberata la riduzione della quota dei soci operai.

Resta da valutare la reale portata dell’opera della Società.

Non pare essere stata particolarmente rilevante e la scarsa disponibilità di denaro sarà indicata come una delle principali cause della sua scarsa incisività nel tessuto sociale.

Non azzardiamo giudizi definitivi, anche per la carenza di fonti bibliografiche: questa iniziativa non pare essere stata oggetto di particolare attenzione né da parte di ricercatori vicini alla massoneria né di diversa estrazione, almeno da quanto appare da una ricognizione in rete.

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Articolo pubblicato il 22/04/2015