Magistrato sequestrato dai “brigatisti” turchi, ed è subito silenzio stampa

Sequestrato il magistrato responsabile dell'inchiesta sulla morte del 14enne Berkin Elvan, avvenuta nel corso delle manifestazioni di Gezi Park; i sequestratori hanno già diramato i loro ultimatum, la prima risposta del governo per ora, è l'imposizione del silenzio stampa

Nel lontano palazzo di Giustizia di Istanbul, al sesto piano, c'è rinchiuso il magistrato Mehmet Selim Kiraz, responsabile dell'inchiesta sull'uccisione di Berkin Elvan, avvenuta durante le manifestazioni di Gezi Park.

Il 14enne, colpito alla testa da un candelotto lacrimogeno, morì dopo 9 mesi di coma, divenendo così simbolo della repressione contro i giovani di Gezi Park.

Il gruppo che tiene in ostaggio il magistrato ha già esposto la sua richiesta: la confessione “in diretta” dell'agente che nel 2013 sparò il lacrimogeno uccidendo Elvan, ma non solo: i “brigatisti” turchi hanno chiesto inoltre, che venga giudicato da un “tribunale del popolo” e che siano archiviate tutte le incriminazioni contro i manifestanti che hanno protestato contro la morte dell'adolescente. Perchè queste richieste? Perchè dal 2013 ad oggi le indagini non hanno portato a galla il nome di quel poliziotto, ma in compenso hanno portato all'incriminazione di centinaia di persone accorse a manifestare in favore del ragazzino ucciso.

L'ultimatum diramato alle 15:36 è ovviamente già scaduto, ma le trattative sono ancora in corso: Il premier Ahmet Davutoglu ha convocato una riunione con i ministri competenti.

Ma come hanno fatto i Dhpk-C (Fronte-Partito di Liberazione del Popolo della Turchia), ad entrare indisturbatamente nel palazzo di Giustizia di Istanbul?

Sono stati aiutati da qualche “talpa” interna o sono solo maestri della strategia?

Che siano stati loro a provocare il misterioso black-out che oggi ha colpito 10 città e bloccato addirittura i servizi ferroviari tra Istanbul e Ankara?

Si sussurra fra l'altro, che ci fosse proprio questo gruppo di estrema sinistra dietro all’attentato suicida del febbraio 2013 contro l’ambasciata americana ad Ankara, dove una guardia di sicurezza è stata uccisa.?Inoltre nel mese di gennaio, un uomo legato al gruppo è stato arrestato vicino agli uffici del primo ministro a Istanbul, dopo aver lanciato due granate che però non è riuscito a far esplodere.

Mio figlio è morto: che nessun altro muoia. Non si può lavare il sangue con altro sangue", questo il commento del padre della giovane vittima vendicata, ma d'altronde si sa, se è vero che l'amore chiama altro amore, allora è vero che il sangue chiama altro sangue.

In ogni caso non vi è ancora nessuna certezza sulla vicenda, solo quella del silenzio stampa sulla questione.

Le emittenti televisive turche si sono conformate al silenzio stampa imposto dal governo sospendendo la trasmissioni di immagini sul sequestro, una decisione presa dal premier Ahmet Davutoglu in base a una norma che gli consente di ordinare a sua discrezione la “censura” per motivi di sicurezza nazionale e ordine pubblico. Ordini che nell'ultimo periodo sono stati imposti piuttosto frequentemente in Turchia, che ricordiamo essere un paese membro della Nato.

Negli ultimi quattro anni infatti, secondo Hurriyet, ne sono stati emessi 150.

Il giornale ci ricorda inoltre che il silenzio stampa è stato imposto anche sulla vicenda di tangentopoli, sulle indagini riguardo alcuni attentati terroristici e sul disastro nella miniera di Soma l'anno scorso.

Che Davutoglu ci stia prendendo gusto?

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Articolo pubblicato il 31/03/2015