Yemen: anche qui si gioca la partita per la supremazia politica in medio Oriente
Sana'a capitale dello Yemen

Gli ultimi avvenimenti complicano una situazione già molto difficile

La situazione generale nel Medio Oriente si fa sempre più complicata di giorno in giorno.

L' intreccio tra Politica, Economia ( quella del petrolio), interessi territoriali delle fazioni in guerra e scontro tra Sciti e Sunniti per il predominio religioso è inestricabile anche per noi italiani che siamo già “ arabescati” da un quadro politico sempre in divenire attraverso la competizione di nuove e vecchie formazioni politiche. Una frammentazione che ci fa assomigliare più ad un Paese mediorientale che ad uno anglosassone, dove la competizione politica, come negli USA, è dominata da Repubblicani e Democratici “ soltanto”.

 

A complicare le cose ci sono gli Stati Uniti che devono salvaguardare e aumentare la loro sfera d' influenza nella Regione, che vogliono sempre sostenere Israele, Stato minacciato ai suoi confini da forze che desiderano la sua distruzione ( vedi Hamas), e dalla Russia che non è sicuramente disposta a mollare la presa, in Siria soprattutto, dove appoggia Assad.

 

In questo momento sotto i riflettori della ribalta mediorientale c'è lo Yemen.

Accanto a Riyad si è schierato tutto il Consiglio di cooperazione del Golfo, tranne l’Oman. Si tratta di Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Qatar. Cui si sono uniti anche alcuni Paesi della Lega araba: Egitto, Sudan, Marocco, Giordania e Pakistan. Hanno risposto alla richiesta d’aiuto del presidente riconosciuto dello Yemen, Abd-Rabbu Mansour Hadi, che ha perso il controllo del Paese in seguito agli attacchi delle milizie sciite degli Houthi, capaci di conquistare gran parte della capitale Sana’a già dal 21 settembre scorso

 

L’impressione è che anche nello Yemen si stia giocando una partita più grande della semplice difesa del territorio da ribelli interni.

I Paesi della Cooperazione del Golfo (sempre escluso l’Oman) hanno fatto sapere che «le milizie Houthi sono appoggiate da poteri regionali che vogliono utilizzarle come base per la loro influenza nell’area»: ogni riferimento a cose o Iran è puramente casuale.

 

L’Iran ha guidato col suo generale più alto in grado la battaglia di Tikrit in Iraq contro l’Isis. Una battaglia che si è conclusa con la cacciata dei miliziani di Abu Bakr al-Baghdadi. Questo significa che l’Iran ha avuto un ruolo chiave nella battaglia clou contro l’Isis sul territorio iracheno, nella parte governata dalla componente sciita, come sciiti sono gli iraniani. In questo modo, Teheran sta riuscendo a imporre la propria influenza su tutto l’Iraq e può contare di arrivare fino alle porte d’Israele grazie all’alleanza con Hezbollah in Libano.

 

Nell’area mediorientale, dunque, mancava solo il sud, dove però c’è la grande Arabia Saudita sunnita, acerrima nemica dell’Iran. Lo Yemen, perciò, fa proprio al caso di Teheran: destabilizzare il già martoriatissimo Paese confinante con Riyad attraverso le milizie sciite Houthi e, dopo aver conquistato Sana’a, prendersi anche tutto il resto. Circondando così i sauditi, che restano l’unico solido baluardo sunnita, alleato con gli Stati Uniti, di tutta l’area Mediorientale. Perché l’altro sunnita, Bassar al-Assad in Siria, è già alleato degli iraniani in chiave anti-israeliana.


Da qui, il tentativo di avvicinamento operato dal segretario di Stato americano John Kerry nei confronti dell’odiato Assad: cercare di toglierlo dall’influenza iraniana (nonché russa) è l’obiettivo, ora che Teheran, con le abili mosse in Iraq, sta imperversando in tutta la regione. Nel sud della quale, Barack Obama ora cerca di non rimanere tagliato fuori, facendo arrivare alla coalizione che combatte in Yemen l’appoggio logistico e d’intelligence. Anche perché laggiù c’è un’altra partita di non poco conto in corso tra Arabia Saudita e Iran che è quella del petrolio. 

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Articolo pubblicato il 31/03/2015