Dopo la Tunisia di chi sarà la volta ?

Ancora domande inquietanti sulla strategia del terrore dell' IS ( Islamic State )

Dopo la recente strage di Tunisi, in cui hanno perso la vita quattro nostri connazionali, sembra che la guerra sia ancora più vicina , e di avvertire più prossima la minaccia rappresentata dal Califfato islamico ai nostri confini.

In effetti il mediterraneo non può essere considerato un elemento di separazione e di fascia di sicurezza al confine tra gli Stati per la relativa vicinanza della Tunisia dall' Italia – circa 140 chilometri - , soprattutto perchè i mezzi di trasporto via mare di oggi sono molto disponibili e sufficientemente veloci, tali da trasportare, nella peggiore delle ipotesi,  perfino su fatiscenti barconi migliaia di profughi dalle coste dell' Africa ai nostri centri di accoglienza, primo tra tutti Lampedusa.

In pratica 140 chilometri sono come il tragitto Torino- Milano via terra, una distanza che pare a tutti facilmente colmabile anche in bicicletta, eventualmente , essendo prevalentemente su un piano, come la superficie del mare calmo.

La Tunisia, inoltre, è una meta molto nota agli italiani e privilegiata dal nostro turismo all' estero per la sua vicinanza, per la bellezza e la salubrità dei luoghi deputati alle vacanze anche fuori stagione, e per l' economicità dei viaggi proposti , insidiata soltanto dal tanto decantato Sharm el Sheik in Egitto sotto quest'ultimo aspetto.

La Tunisia però, che qui si tira in ballo per i tragici recenti eventi di Tunisi , è un Paese democratico ed a noi amico, e quindi non costituisce nessun problema per noi . La Libia però è poco più in là, e il ragionamento di oltrepassare il mediterraneo con facilità è lo stesso. I traffici sporchi, come la droga, potrebbero facilmente essere svolti in collaborazione  con attività criminali sul nostro territorio, gestite da  mafia, camorra e 'ndrangheta, posto che il processo non sia già in corso.

In realtà  l' insidia rappresentata dall' IS nei confronti dell' Italia lascia fortunatamente spazio a molti dubbi, primo tra tutti il fatto che il nuovo e autoproclamatosi Stato del Califfato islamico non potrebbe in alcun modo ambire a ricoprire territorialmente il nostro Paese, ma si conterrebbe - ed anche con difficoltà- nel territorio dell' Africa del Nord e di parte dell' Asia .

Il fatto che l' Italia faccia parte della NATO è già una prima garanzia a scongiurare la minaccia che l' IS affronti un autogol come quello di invadere l' Italia, sapendo benissimo che con tale azione automaticamente si autodistruggerebbe. L' IS si troverebbe di fronte ad un novero di nazioni con un armamento migliaia di volte più potente di quello IS , le quali non potrebbero che reagire immediatamente all' attacco portato dai fondamentalisti islamici in base ai trattati internazionali che regolano i rapporti tra Stati facenti parte della NATO .

Lo stesso si può dire per la Turchia, Paese che , pur non essendo ancora entrato nell' UE, fa parte della NATO, ha molte basi militari USA e costituisce la principale difesa dei confini prospicienti  l' IS, per quella che possiamo definire civiltà occidentale in contrapposizione con la barbarie e la violenza dell' IS.

Pertanto non è che possiamo stare del tutto tranquilli dal punto di vista dei massacri che sempre più spesso avvengono ad opera dei jihadisti, ma almeno abbiamo una probabilità massima di rimanere esclusi da una guerra entro i nostri confini , a tratti paventata ma non scatenabile dall' IS.

Il fatto che appare sempre più evidente a tutti è la campagna terroristica e mediatica operata dal Califfato sotto il comando di Abu Bakr al Baghdadi, il capo indiscusso dell' IS, che da un po' di tempo non fa sentire la sua voce e si nasconde, al pari di quanto faceva  Osama Bin Laden , in qualche sito della regione , in questo caso dell' Iraq .

La paura ed il terrore sono due degli ingredienti fondamentali della strategia IS , la quale intende imporre il Califfato quale Stato autonomo ed indipendente , e che tende a coalizzare tutte le tribù dell' Africa del Nord e parte di quelle mediorientali lasciate orfane dei loro rais, e che vengono cementate tra di loro , nella pur diversità tra varie tribù, attraverso la fidelizzazione di una religione comune e di un sentimento di autodifesa dallo strapotere dell' Occidente nella vasta regione del Nord Africa e di parte dell' Asia, come quando l' Iraq fu invaso dalle forze della NATO in base a presupposti sbagliati e tendenziosi, come quelli della minaccia nucleare da parte di Saddam Hussein.

Anche per questo motivo Barack Obama sta latitando nelle fasi più cruente del conflitto , nonostante la sua forza soverchiante per quanto riguarda la moderna guerra a base di tecnologia dei mezzi impiegati sul campo di battaglia, proprio per non incorrere nell' errore di essere di nuovo scambiato come Stato invasore.

Per chi ha memoria degli anni '60 , ricordiamo che la guerra di Israele contro l' Egitto fu risolta in soli sei giorni, l' esercito egiziano fu completamente annientato, cosa che gli USA potrebbero fare avendone la volontà ed in pochi giorni, non essendo il territorio desertico dell' Iraq , della Libia e di parte della Siria nemmeno lontanamente paragonabile a quello del Vietnam, costituito da foreste pressochè impenetrabili e dove i Vietcong  avevano scavato un inestricabile circuito sotterraneo che dava loro riparo e avevano attrezzato per abitarci nelle diverse fasi della guerra del Vietnam. 

L' atteggiamento tendenzialmente non interventista di Obama  si è visto anche recentemente con l' elezione di Netanyahu in Israele , uno Stato da sempre alleato degli USA, quando il presidente USA  è stato per molti giorni in posizione di estrema irritazione verso il leader del Likud. Il motivo principale del contendere tra Netanyahu ed Obama è la contrattazione sul nucleare con l' Iran da parte USA, che Netanyahu non vuole e giudica pericolosa per la sua sicurezza. Recentemente Netanyahu era stato invitato a parlare al Congresso dai repubblicani, ma senza avvertire la Casa Bianca, episodio che ha fatto andare su tutte le furie Obama.

Il Likud è abituato ad usare  la forza delle armi al posto di quelle della politica,  ed è da anni che svolge  la funzione di opposizione guerreggiata ad Hamas in Palestina, Stato che Netanyahu negherà fin quando Hamas , anch' esso movimento fondamentalista islamico , non sarà definitivamente estirpato dalla regione.

Soltanto recentemente, ma ben dopo che Netanyahu ha vinto le elezioni in Israele, Obama ha telefonato al leader israeliano per fargli le congratulazioni, solo dopo che Netanyahu ha dichiarato pubblicamente di essere contrario ad Hamas e non alla costituzione di uno Stato palestinese.

Per tornare all' Italia, fino ad ora, al contrario di Madrid, Londra e Parigi, noi non abbiamo avuto attentati su vasta scala. Con il dilagare dell’IS lungo la costa meridionale del Mediterraneo, questa immunità – dovuta certo in parte alla efficienza dei nostri servizi segreti, ma anche a una decisione politica dei jihadisti – non durerà in eterno.

In Italia abbiamo in programma, prossimamente, due avvenimenti particolarmente appetitosi per una organizzazione che ha come scopo primario di ispirare panico e terrore: l’Expo di Milano e il Giubileo straordinario proclamato da Papa Francesco. Entrambi attireranno in Italia milioni di persone, e renderanno pertanto più facile l’infiltrazione di potenziali attentatori; inoltre, rappresenteranno un bersaglio ideale per chi, come gli uomini dell’IS, non hanno obbiettivi particolari, ma hanno ordine di sparare nel mucchio. Per mantenere la sicurezza in queste circostanze sarà opportuno chiedere la massima collaborazione ai servizi segreti non solo degli altri Paesi occidentali, ma anche della Russia, che in questa particolare guerra è per fortuna schierata dalla nostra parte.

In una recente indagine condotta nelle scuole, è venuto fuori un risultato agghiacciante : in una classe di 25 ragazzi interrogati su che cosa farebbero se, come nel romanzo di Houellebecq, l’Islam andasse al potere anche in Italia,  23 non avrebbero problemi a convertirsi. Siamo ancora più “ventre molle” dell’Europa di quanto potessimo mai sospettare.

 

 

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Articolo pubblicato il 23/03/2015