Chiusura delle scuole di Montagna e degli Uffici Postali
Foto d'archivio

La difesa beffa di Chiamparino nei confronti delle esigenze dei Piemontesi

Quando il Piemontese Michele Coppino, con la Legge 15 luglio 1877 n. 3961, detta anche legge Coppino, portò l’istruzione gratuita ed  obbligatoria a cinque classi, dando disposizione ai singoli comuni ad adempiere e a farsi carico della funzione educativa, si riteneva che l’Italia avesse imboccato l’impervia e lusinghiera strada di formare i nuovi cittadini. Oltre ad imparare a leggere, a scrivere e a far di conto, agli alunni veniva insegnata l’educazione civica, in modo da introdurre i giovani nella società. Molto spazio occupavano anche le materie scientifiche, cambiando la metodologia di insegnamento, da un rigido dogmatismo alla concretezza.

Nel corso di oltre un secolo, le istituzioni pubbliche e private hanno aperto scuole di ogni ordine e grado, anche nelle zone più impervie, per favorire la frequenza ed elevare il livello culturale dei giovani. Negli ultimi anni, si è invece andata progressivamente accentuando la volontà, da parte del Governo e degli enti preposti ( Province), di ridurre classi e corsi nei comuni montani ove, anche a causa di altri provvedimenti di  diminuzione dei servizi, è in aumento il calo demografico e la mobilità dei residenti verso i comuni di fondovalle, maggiormente attrezzati.

La paventata applicazione del DPR 81/2009, che prevede un numero minimo di 10 allievi per la composizione delle classi della scuola primaria e secondaria di primo grado, sta creando gravi preoccupazione ai Comuni montani ed alle famiglie, per quando concerne la sopravvivenza delle classi nell’anno scolastico 2015/2016.

Per cercare di correre ai ripari, i Comuni montani stanno per approvare un odg articolato da inviare al Governo ed al Parlamento “per richiedere al Governo Italiano “di provvedere con decretazione d'urgenza alla modifica del DPR 81/2009, adottando parametri meno restrittivi nella formazione delle classi, in modo da rendere immediatamente operativi gli stessi sin dal prossimo anno scolastico 2015/2016”.  

Per poi proseguire nella richiesta al Governo ed al Parlamento Italiano “di tenere conto delle esigenze delle comunità di montagna nel Disegno di Legge di riforma della Scuola in corso di definizione, e nel suo successivo iter di approvazione parlamentare, prevedendo azioni concrete ed incisive a tutela della qualità della offerta formativa delle scuole dei piccoli Comuni e di prevedere nei provvedimenti legislativi stessi, misure che consentano ai piccoli Comuni di attuare effettivamente politiche demografiche efficaci, volte ad aumentare la popolazione studentesca e, quindi, ad invertire il trend demografico negativo in atto ormai da decenni. In tale documento di richiede  al presidente della Regione Piemonte “di tenere conto delle esigenze dei piccoli plessi scolastici e dei piccoli Comuni in generale in tutti gli atti legislativi ed amministrativi di propria competenza”

Non si deve dimenticare che in Italia i piccoli Comuni sono ben 5.836 su circa 8.000 e di questi molti sono ubicati in zone montane, dove si registra, da decenni un fenomeno di calo demografico che ha diminuito costantemente anche la popolazione studentesca al punto che perfino il limite minimo per la costituzione di una pluriclasse di scuola primaria (8 alunni) appare oggi difficilmente raggiungibile.

Si parte dal presupposto che “salvaguardare le scuole e con esse i piccoli comuni italiani significa anche scongiurare i costi sociali ed economici legati all’abbandono del territorio, quali ad esempio il dissesto idrogeologico e l’aumento della microcriminalità”.

 L’Ordine del Giorno ricorda come l’accorpamento di plessi scolastici limitrofi è reso pressoché impossibile da distanze chilometriche e tempi di percorrenza elevati, dallo stato di sostanziale abbandono delle strade di collegamento, nonché dalle difficoltà meteorologiche tipiche dei paesi di montagna, ma soprattutto che “chiudere le scuole di montagna significa decretare definitivamente la morte dei piccoli Comuni, lasciando intere comunità nell’abbandono rispetto anche ad altri servizi fondamentali”. Un fenomeno già in atto da anni e tale da produrre effetti molto gravi sulla qualità della vita di intere comunità, private di fatto di servizi di primaria utilità, quali il diritto ad una scuola di qualità, il diritto a ricevere servizi sanitari e sociali adeguati, nonché il diritto alla sicurezza.

Presso la Camera dei Deputati giace da circa due anni una proposta di legge che prevede interventi favore delle scuole di montagna e delle piccole isole, nonché la necessità di definire deroghe rispetto alla legislazione vigente per garantire il diritto allo studio e pari opportunità di coloro che vivono in sedi svantaggiate. Però purtroppo nulla si muove.

 Altro problema che penalizza la qualità della vita dei cittadini, è rappresentato dalla paventata soppressione di oltre quaranta Uffici Postali in Piemonte. Si parla di accorpamenti di un numero imprecisato di Comuni, sino al raggiungimento di 40/50 mila abitanti, per avere diritto ad un servizio ultra centenario.

 Come già riportato in un precedente articolo, prendendo spunto da specifiche istanze della Lega Nord, Fratelli d’Italia e M5S, il Presidente Chiamparino aveva promesso d’intervenire nei confronti dell’amministratore delle Poste in visita a Torino, ma i risultati sono stai deludenti.

Tenendo conto che il Piemonte è una regione in prevalenza montana, l’azione miope e combinata tra il Governo e la Regione, sta impedendo il vivere civile in zone ove già sono scomparse antiche attività imprenditoriali e lavorative ed il turismo e l’accoglienza risultato minacciati seriamente. Le strade d’accesso sono in pessimo stato di manutenzione e quasi impraticabili, (anche a seguito della soppressione delle province, le cui competenze, non sono ancora stabilmente assegnate).  I servizi sanitari ancora esistenti, entro il 2016, per diposizione dell’assessore Saitta saranno soppressi. Buon ultimo le scuole e gli uffici postali.

La Giunta Regionale si destreggia in mezzo a scandali, a nomine d’incapaci nella gestione di Enti di sua competenza e nell’approvazione di disposizioni che poco incidono in modo positivo sulla vita dei cittadini.

Chiamparino continua però a finanziare enti ed istituzioni pseudo culturali, portatrici del pensiero unico, sottraendo risorse alla formazione primaria e basilare dei nostri ragazzi. La giunta regionale non merita che di andarsene a casa, travolta dall’arroganza e dall’incapacità dimostrata.

 Ciò significa aver cura del territorio e rispetto dei Piemontesi?

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 13/03/2015