La famiglia diversa

L’evoluzione del nucleo familiare alla luce di una nuova consapevolezza

Martedì 24 Febbraio si è potuto vivere al Circolo dei Lettori un momento di grande modernità. L'Agedo, associazione di genitori, parenti e amici di persone Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e trans gender), ha organizzato un interessante convegno in cui è stato affrontato il  tema della difficoltà incontrata da molti giovani nel momento in cui decidono di confessare la propria omosessualità al mondo con cui sono chiamati ad interagire, cominciando con il farlo in ambito familiare.


L'AGEDO è stata fondata nel 1992 da Paola Dall’Orto con alcuni genitori, percorrendo una strada già imboccata da analoghe associazioni straniere. Oggi è presente in numerose città italiane; è membro di EURO.F.L.A.G. organismo internazionale con sede a Bruxelles che ha l'obiettivo di lottare contro le discriminazioni educative, sociali, legislative, culturali nei confronti della realtà lgbt.A livello nazionale è presente nel FONAGS (FOrum NAzionale GenitoriScuola) e in parecchi FORAGS (corrispettivi regionali). Si pone inoltre come  interlocutore con le istituzioni ed enti vari.

Presentati da Anna Ceravolo, componente del Consiglio direttivo dell'associazione, sono intervenuti Giovanni Dall'Orto, giornalista e scrittore che  ha presentato il suo libro, giunto ormai alla decima ristampa,  che ha dato il titolo al convegno: ”Mamma Papà, devo dirvi una cosa”, e l'antropologo professor Francesco Remotti, brillante oratore che ha tracciato una interessante storia dell'origine del termine omosessualità.   

L’incontro si è svolto in una sala gremita di persone ed ha proposto  un momento di testimonianza e conoscenza aperto a tutta la cittadinanza interessata. Il testo  è  una doppia guida che affronta sia dal punto di vista del genitore che da quello del figlio, i problemi incontrati dai giovani e meno giovani, nel momento in cui questi decidono di confidare a chi li ha educati e cresciuti la loro omosessualità. Fra i numerosi consigli riportati Giovanni dall'Orto  ha suggerito di parlarne in famiglia quanto prima possibile, perché prima si arriva ad accettare la propria identità sessuale, meglio è.

E' stato molto interessante trovarsi di fronte alla persona che ha scritto questo testo, capace di narrare  la propria esperienza fin dagli inizi con simpatia, rendendo con estrema leggerezza una esperienza superata con gran forza di volontà, con l'aiuto di una madre comprensiva e lungimirante. Sono stati esposti ed esaminati con gran senso dell'ironia, i numerosi ostacoli incontrati  da  un giovane gay (o lesbica) che si trova a dover affrontare la propria omosessualità, sdrammatizzando situazioni talvolta vissute dal diretto interessato con grande ma , è auspicabile, sempre più inutile angoscia.

Il testo è stato presentato come un vero e proprio manuale di istruzioni, suddiviso in due sezioni, una dedicata ai figli e l'altra ai genitori. In entrambe si possono trovare suggerimenti e risposte a quelle che sono le domande più frequenti su tutti i luoghi comuni legati a questa tematica con l'obiettivo di sdrammatizzare quanto più possibile la difficoltà del tanto temuto coming out , mettendo bene in evidenza quanti e  quali siano i vantaggi di vivere la propria vita alla luce del sole, sottolineando l'importanza del rapporto con gli amici e i conoscenti, illustrando come accettarsi con la massima serenità. La fortuna di Giovanni Dall'Orto è stata quella di avere vicino una madre capace di aiutarlo e restargli vicino, permettendogli di accettarsi pienamente fin da quando ha iniziato a confrontarsi con le prime reazioni sia di amici che di conoscenti e della società in genere.

Da lei ha avuto modo di imparare come la serenità ed il rispetto verso l'altra persona siano due valori da trasmettere fin dalle più giovane età perché si possa in un futuro,  che si spera sia sempre meno distante, vivere in una civiltà moderna finalmente libera da stupidi pregiudizi frutto di insegnamenti oggi  privi di senso.

Questo è emerso nelle quasi due ore di conversazione in cui si è discusso di come saper riconoscere ed accettare la  propria natura, affrontando una società in cui molti, troppi, soggetti considerano l'omosessualità una “malattia” da guarire.  A questo proposito l'antropologo  professor Francesco Remotti ha ricordato al pubblico la genesi del termine “omosessuale”, coniato nel 1869 da Karl Maria Kertbeny, un letterato ungherese, patriota, traduttore di poesie ungheresi in tedesco, in contrapposizione al termine “Eterosessuale.

Kertbeny che non aveva avuto il coraggio di dichiarare pubblicamente la propria omosessualità, era in contatto con Karl Heinrich Ulrichs che, al contrario non aveva avuto remore a manifestarla ed aveva intrapreso una battaglia per il riconoscimento dei diritti degli omosessuali tanto che oggi viene considerato come un pioniere dei movimenti di liberazione.

I due erano in contatto epistolare e fu proprio in una lettera  del 1868 che , Kertbeny utilizzò per la prima volta i termini omosessuale ed eterosessuale. In un pamphlet dell'anno successivo comparve il termine omosessualità, in cui veniva alla luce, per la prima volta, un atteggiamento di rivendicazione della plausibilità del comportamento omosessuale, evidenziandone il lato affettivo in contrapposizione alla pura sessualità, contrapponendosi  ad alcuni ambienti che  consideravano l'omosessualità un disturbo mentale.

Era il germe delle moderne battaglie per il riconoscimento dei diritti di persone che pretendono, giustamente, di poter manifestare in tutta tranquillità il loro proprio modo di voler bene ad un partner. Una battaglia che purtroppo dura ancora oggi, ma con apporto di nuovi ausili che la sorreggono nello sforzo di liberare le coscienze da pregiudizi di tempi passati.

Uno di questi ausili è costituito dall'Agedo, collaudato punto di riferimento per tutte le persone  a disagio ed in  sofferenza per il rifiuto ancora presente nella nostra società nel confronto delle persone lgbt. La sua azione, come ha spiegato con grande eleganza Anna Ceravolo, consiste nel proporre un affiancamento di genitori già passati attraverso esperienze simili a famiglie che sperimentano  la solitudine, la confusione, le paure di fronte al coming out del figlio o della figlia. Chi si è già trovato ad affrontare simili problematiche   e ha smitizzato questi fantasmi è in grado di sostenere con serenità altre persone in questo cammino che porta ad essere “Due volte genitori” . Ed è proprio questo il titolo di un interessante, pluripremiato, video promosso dall'Agedo.  

Il secondo obiettivo è politico nel senso più alto del termine. Agedo vuol essere punto di riferimento per la lotta alle ingiustizie, alle intolleranze e a ogni forma di discriminazione, cui sono soggette le persone lgbt affinché vengano riconosciuti loro uguali diritti, pari dignità sociale, libertà, rispetto.

In questa lotta Agedo, che è associazione apartitica e  aconfessionale collabora con tutti coloro che condividono i valori di  rispetto dell’essere umano, di libertà, di valorizzazione delle differenze.

A Torino l'Agedo, presente sul territorio da circa 20 anni, è costituita da un folto gruppo che, oltre all’accoglienza di nuovi genitori, estende la propria opera di volontariato presentandosi nelle scuole per illustrare progetti contro l’omofobia, il bullismo, per offrire un’educazione responsabile alla cittadinanza. Non possiamo far altro che augurarci, come ha esordito Anna Ceravolo all'inizio della conferenza, che vi sia sempre meno bisogno di una associazione come quella a cui appartiene perché quello sarebbe il segno tangibile della avvenuta completa maturazione  di una società che, al momento, deve ancora percorrere un lungo cammino, ma che si spera possa diventare  sempre più breve.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 14/03/2015