Il Segreto d’Italia
Silvio Ortona

Presentato ad Asti il discusso e politicamente non corretto film di Antonello Belluco, ma anche il Piemonte nasconde i suoi segreti

E’ già stato pubblicato nei giorni scorsi, un ampio articolo sulla “prima” in Piemonte del film realizzato da Antonello Belluco con un cast di tutto rispetto con Gloria Rizzato, Romina Power, Alberto Vetri, Fabrizio Romagnoli, Giovanni Capalbo

Ispirato a fatti realmente accaduti nella primavera del 1945, a deposizione delle armi avvenuta, Codevigo, paese della bassa padovana, vive la guerra solo dopo la liberazione. Il film descrive Il dramma di una famiglia in quello che è stato l’eccidio di Codevigo commesso dai partigiani comunisti vissuto attraverso gli occhi e i sentimenti di una giovane ragazza: Italia.

Una delle scene che colpisce lo spettatore in modo particolarmente agghiacciante,inquadra un partigiano che di fronte alle violenze gratuite ed agli omicidi sommari ordinati dal crudelissimo e famigerato comandante Bulow, reclama il rispetto del cessate il fuoco e intende contrastare il violento disprezzo del comandante nei confronti di cittadini inermi. La risposta consiste in un ghigno luciferino e di disprezzo di Bulow, per poi passare alle esecuzioni sommarie.

La memoria ci ha così riportati ad altri episodi di eguale brutalità e violenza avvenuti anche in Piemonte. In particolare intendiamo riferirci all’eccidio dell’ex-Ospedale psichiatrico di Vercelli avvenuto il 12 maggio del 1945 (a guerra conclusa), sotto il comando di Silvio Ortona.

 Costui era un ebreo scampato ai lager, cugino di Primo Levi, deceduto nel 2005, in tarda età , dopo essere stato eletto deputati e Consigliere comunale di Torino, nelle liste del Partito Comunista Italiano, occupando gli scranni ove, qualche anno dopo sedettero, sotto le stesse insegne, anche Piero Fassino e Sergio Chiamparino, tuttora in esercizio, quale Sindaco di Torino il primo e Governatore della Regione Piemonte il secondo. 

Silvio Ortona, nome di battaglia “ Lungo” fu anzitutto colui il quale si assunse la responsabilità di aver dato l’ordine di uccidere tutti quei prigionieri aderenti alla Repubblica Sociale italiana, molti dei quali sedicenni e diciannovenni, che vennero barbaramente trucidati dai suoi partigiani comunisti. Le vittime erano cinquantun militi senza colpe particolari. Prelevati senza processo alcuno dopo essersi arresi, furono barbaramente pestati a sangue dopodiché ancora vivi fatti stendere a decine sul piazzale antistante all’ex-Ospedale (laddove vi era un comando partigiano), per essere poi maciullati vivi dalle ruote dei camion che andarono avanti e indietro fino a ridurre tutto ad informe poltiglia.

Ancora oggi i famigliari di quelle vittime, dopo avere tentato per decenni tramite ogni canale possibile, non conoscono dove i loro congiunti siano finiti. Silvio Ortona comandò tale eccidio, anche se giustificati dubbi farebbero invece ritenere che lui, grazie all’immunità parlamentare essendo in seguito stato eletto deputato del P.C.I., se ne sia assunta la responsabilità per coprire altri compagni: ma di ciò non v’è prova alcuna.

Alcuni prigionieri furono fucilati invece a Larizzate, ed altri ancora barbaramente trucidati sul ponte del canale Cavour a Greggio nel vercellese, dove ogni anno, nel sabato più vicino al 12 Maggio avviene una toccante commemorazione di queste vittime della guerra civile.

Sull’autenticità dell’episodio furono fatte ricerche storiche e venne realizzato un servizio televisivo ad opera del giornalista Paolo Pisanò fratello del più noto storico e senatore Giorgio che andò in onda su di una emittente privata milanese. Tempo dopo uscirono anche vari articoli giornalistici ed alcune interviste in merito, culminate con la stesura del libro Storie comuniste in bianco e nero scritto da Lodovico Ellena (ed. Menhir, Vercelli, 2001).

Bellissimo saggio che si pone lo scomodo compito di esplorare un aspetto oscuro della storia italiana recente: fare luce sugli episodi intinti di sangue, spesso taciuti, omessi o volutamente dimenticati della Resistenza. Parliamo di quegli episodi che non si trovano nelle pagine classiche che vanno a costituire l’agiografia resistenziale, dove i partigiani sono i liberatori del Paese dai nazifascisti.

Questi episodi si verificarono un po’ ovunque in tutta Italia e  videro alcuni partigiani macchiarsi di sangue spesso innocente in nome di un eccesso ideologico, per vendetta e per repressione, addirittura andando a “cannibalizzare” alcuni loro militanti perché incompatibili con piani già prestabiliti.

L’autore del libro non riuscì mai ad intervistare Silvio Ortona per avere da lui la sua versione dei fatti, anche e soprattutto per confrontarla con le molte dei parenti delle vittime. Era il 28 giugno 2001 ma Ortona, superato un lungo momento di imbarazzato silenzio, declinò energicamente dicendo che lui “non partecipava a nessuna ricostruzione” dell’eccidio.

Queste stesse parole furono riportate sul libro citato con tanto di virgolette e ad esse non seguì mai nessuna smentita. Nel 2004 l’episodio fu riportato anche da Raffaello Uboldi, nel libro “25 aprile 1945, ed. Mondadori, Milano, 2004”. Si tratta di un volume storico di altissima tiratura che cita fonti e fatti che nel frattempo si erano ulteriormente allargati. Nel corso del 2002, durante un ulteriore approfondimento sullo studio dell’eccidio, emerse che Ortona collaborava invece ancora a riviste legate ai vari Istituti storici per la Resistenza, contraddicendo così di fatto quel che disse in occasione della mancata intervista, e cioè che lui non si occupava più da tempo di cose legate a quegli anni.

Dopo settant’anni, poiché quegli assassini efferati, fecero sparire i corpi delle loro vittime, le famiglie non possono nemmeno portare un fiore sulla tomba dei loro congiunti. Per questo recentemente è stato posto un cippo commemorativo di fronte all’ex-comando partigiano di Via Trino a Vercelli, già danneggiato da ignoti. In conclusione questa vicenda é piuttosto brutta, soprattutto se si pensa al tempo trascorso da quei tragici giorni.

Sarebbe auspicabile che coloro che ancor oggi negano l’autenticità di queste stragi, manifestassero onestà intellettuale dinanzi alla Storia. il caso di Ortona potrebbe proprio contribuire ad accendere un sereno dibattito peraltro mai iniziato sulle tante questioni, mai affrontate sino ad ora, tra le quali, quella degli scheletri occultati negli armadi della nostrana Guerra di Liberazione.

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Articolo pubblicato il 03/03/2015