I luoghi e i metodi di conservazione della Sindone

Conferenza al Faà di Bruno con il prof. Savarino per un’analisi speciale

Con l’avvicinarsi dell’ostensione della Sacra Sindone, evento che accoglierà a Torino migliaia e migliaia di pellegrini e fedeli, si moltiplicano gli appuntamenti sparsi sul territorio organizzati da ordini religiosi, parrocchie e associazioni di credenti che vogliono spiegare al pubblico la Sindone dal punto di vista spirituale o dell’importanza per Torino della sua presenza.

Venerdì 27 febbraio invece un gruppo di laici del Centro Studi “Francesco Faà di Bruno” ha organizzato una conferenza dal titolo “I giacigli della Sindone” per analizzare e scoprire i luoghi e i metodi di conservazione che si sono succeduti nei secoli e che hanno permesso di far arrivare il lenzuolo fino ai giorni nostri. Il relatore designato è un illustre uomo di scienza, il professor Piero Savarino, docente dell’università di Torino, membro della commissione per la conservazione della Sindone e consigliere scientifico del pontificio Custode della Sindone.

La serata è aperta dai saluti di Suor Chiara, madre superiora delle suore Minime del Suffragio, che gestiscono il complesso all’interno del quale si è svolta l’iniziativa, e a seguire l’intervento del responsabile del Centro Studi “Francesco Faà di Bruno”, il quale ha esordito con un’analisi della parola usata nel titolo, “giacigli”. Ha detto che quotidianamente si le si attribuisce un significato povero e umile, ma un’approfondita ricerca ha rivelato come in passato il termine significasse “luogo in cui riposa il signore”. “Vogliamo esaminare i luoghi e i sistemi che hanno ospitato e conservato la Sindone nei secoli, partendo dalla Palestina, quando sicuramente gli accorgimenti non garantivano la sopravvivenza del reperto – dice il responsabile del gruppo di studio – per arrivare ai sistemi ipertecnologici dei giorni nostri”.

Il professor Savarino fa un’approfondita analisi visiva del lenzuolo lungo 4,37 metri e largo 1,10, parlando ad esempio dalle toppe cucite dalle suore clarisse nel 1534 per chiudere i buchi lasciati dall’incendio di Chambery del 1532, oppure di quei piccoli forellini disposti ad “L” dovuti molto probabilmente alla caduta di alcune gocce di metallo di saldatura della teca in cui era conservato fusa dall’incendio. Savarino racconta poi gli studi effettuati nel 1978 da alcuni scienziati arrivati a Torino che hanno stabilito con certezza che la Sindone non è un dipinto e che la figura presente è realmente frutto di sangue umano coagulato, peraltro del gruppo ematico AB.

Il racconto di tutti i luoghi in cui il lenzuolo di lino è stato conservato nei secoli, i problemi della conservazione, la spiegazione delle ricerche effettuate e l’analisi tecnica del sistema di conservazione e protezione che oggi contiene la reliquia sono stati trattati con semplicità e professionalità e il professor Savarino ha saputo destare l’interesse di tutti i presenti a questa serata davvero molto utile benchè differente da tutte quelle organizzate sinora.  

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Articolo pubblicato il 05/03/2015