Sloviansk calma apparente

Un pensiero fisso: LA PACE.

Sono le sei del mattino quando lasciamo Kiev alla volta di Sloviansk, il treno e’ di quelli nuovi Hyndai, design modern ed anche servizio ristoro, una vera innovazione per chi era avvezzo ai vecchi treni Ucraini dove il lusso era il vagone coupe’.

Molti i militari che viaggiano con noi, qualcuno chatta con il telefonino altri dormono profondamente. Il treno attraversa questo pezzo di Ucraina che sembra non cambiare mai paesaggio ma che in realta’ cambia profondamente nella sua societa’. In orario perfetto arriviamo a destinazione, una vecchia Lada a gas senza piu’ i freni e’ ferma fuori dalla stazione e un simpatico anziano ci porta al nostro hotel.

Tempo di una doccia e siamo subito on the road, ci incontriamo con Marina, colonna portante dei volontari di Sloviansk, e con lei andiamo in piazza del Comune dove ogni domenica si tiene un incontro pubblico.

Non ci sono moltissime persone ma la partecipazione e’ animata. Ci identificano subito come stranieri e diventiamo nostro malgrado punto di attrazione, quando sentono che siamo di Torino c’e’ l’immancabile riferiemento alla Juventus. Io con la lingua russa me la cavo un po’ mentre i miei compagni di viaggio non spiccicano una parola, questo comunque non impedisce che si creino piccole occasioni di dibattito con tutti noi sempre in maniera molto amichevole e fraterna.

Il lavoro avviato qui dall’Associazione Italia Ucraina Maidan lo scorso novembre e poi nelle sue tappe successive ha posto le basi per una duratura e lunga amicizia, un lavoro che e’ stato apprezzato da tutti proprio perche’alla sua base non aveva dei presupposti ideologici ma si propone di aiutare la popolazione nella sua interezza.

Passeggiando per Sloviansk e cercando di carpirne gli umori si percepisce che la situazione e’ strana. C’e’ una parte della popolazione che vorrebbe tornare sotto il sistema dell’Unione Sovietica (i cosidetti pro russi) ma che si lamentava quando durante il periodo di occupazione (durato sino a luglio 2014) c’era il coprifuoco dopo le otto, che molti negozi erano stati costretti a chiudere, che c’era molta violenza nelle strade con bande paramilitari che scorrazzavano per la citta’ completamente ubriachi. Dall’altra ci sono gli Ucraini Nazionalisti che non accettano di cambiare nazionalita’ a favore di un paese invasore.

Mi ha fatto riflettere la frase di Kostya “Prima la gente deve capire se vuole essere una Nazione e poi decideremo come e dove andare”. Il problema non e’ linguistico o religioso (questo lo sanno anche i gatti qui, meno i politici in Italia) il problema e’ identitario. C’e’ un 80% di popolazione che ha riscoperto la sua identita’ e cultura millenaria e che questi avvenimenti stanno velocemente forgiando in una nuova identita’ nazionale, e c’e’ un 20% di persone che guardano ad un passato che non esiste piu’.

Questa minoranza non guarda alla Russia odierna, questa minoranza guarda ad un passato che non esiste piu’, un passato fatto di tessere alimentari e vodka, un passato privo di responsabilita’ personali in cambio di una liberta’ limitata. Sono gli stessi disillusi della Crimea che immaginavano un futuro di prosperita’ e di ritorno al passato e si sono invece trovati a fare i conti con una Russia che e’ profondamente cambiata ed ha adottato tutte le piu’ becere storture del capitalismo.

Essere un Patriota a Sloviansk oggi non e’ da tutti, si rischia la vita ogni momento e con i Russi a 45 km non c’e’ da stare allegri, va da se che se riuscissero ad avanzare e riprendere la citta’ tutte queste persone dovrebbero abbandonare tutto nottetempo per avere salva la vita.

Essere Patrioti non significa per forza imbracciare un fucile ed andare a difendere il patrio suolo, significa anche prodigarsi per aiutare tutte le persone che fuggono dalle zone occupate, civili che a loro volta per salvarsi hanno abbandonato i sacrifici di una vita pur di mettersi in salvo dai cosidetti “liberatori”.

Nel pomeriggio siamo andati ad Artemivsk all’Ospedale militare. Al nostro arrivo ad accoglierci il suono lontano dei colpi dell’artiglieria Russa che continua a colpire sporadicamente anziche’ arretrare come prescritto dal protocollo di Minsk. All’interno del nosocomio la situazione e’ ora tranquilla rispetto i giorni precedenti. I circa 200 feriti sono stati trasferiti in Ospedali piu’ grandi di altre citta’. Ho parlato con alcuni dei volontari che hanno partecipato la notte della ritirata (anche con le loro macchine private) alla staffetta per portare fuori i ragazzi dalla sacca di Debaltseve.

Non esisteva nessun corridoio verde, i russi continuavano a martellare la strada principale e cosi’ e’stato utilizzato un percorso alternativo, molti sono ritornati a piedi passando per i boschi nella notte. Ci sono ancora delle squadre che si infiltrano dietro le linee nemiche alla ricerca di feriti o di chi non e’ riuscito ad uscire dalla sacca.

Ad Artemivsk le strade sono deserte, qua e la’ qualche tank e qualche BTR, e’ oramai buio e decidiamo di rientrare su Sloviansk. Uscendo dalla citta’ le nostre macchine corrono veloci sulle strade semidistrutte onde evitare in una tersa notte d’inverno di essere centrati da qualche buontempone che ha ricevuto nei giorni precedenti i cosidetti “aiuti umanitari”.

Terminiamo la serata ospiti di una famiglia Ucraina che come nella migliore tradizione ci offre la migliore ospitalita’ possibile. Si parla di politica (anche Italiana) si parla di come sia possibile che la propaganda russa riesca a distorcere in occidente la realta’ Ucraina.

Tra un discorso e l’altro un toast con un pensiero fisso: LA PACE.

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 23/02/2015