Rino Dimopoli: Delirium Project e impegno sociale

Intervista esclusiva con il celebre polistrumentista che ha messo la propria arte al servizio della musicoterapia e mantiene in vita una delle più importanti band del "progressive" italiano.

La chiacchierata con Rino Dimopoli, uno dei musicisti più importanti della storia della musica italiana, è stata davvero interessante, ricca di spunti e di contenuti.

Parliamo da pochi minuti e mi sembra di conoscerlo da una vita: una persona disponibilissima e con una cultura musicale che ho riscontrato in pochi suoi colleghi.

Rino ha fatto parte del line-up dei Delirium, uno dei più importanti gruppi del “progressive” italiano, conosciuti dal grande pubblico per aver portato a Sanremo “Jesahel” nel 1972 e vanta nel proprio palmares, una infinita serie di partecipazioni a progetti musicali, tutti di assoluto spessore.

Ma non solo: da tanti anni lavora nel campo del sociale, servendosi proprio della musica a scopi terapeutici.

Mentre stiamo parlando, accendo il registratore e lui fa una smorfia…ma le cose che mi sta dicendo sono davvero importanti, sia per quanto riguarda la storia recente dei Delirium, sia per il suo impegno sociale e non voglio assolutamente rischiare di dimenticarle.

Cominciamo questa chiacchierata, con un chiarimento doveroso e definitivo, sulla “querelle” riguardante i Delirium.

E’ come quando nella vita stai per tanti anni con una moglie, una compagna. C’è stato amore, c’è stato sentimento, poi, a un certo punto, le strade si dividono perché quello che provi o che cerchi di fare è completamente diverso. Io con Ettore (Vigo, ndr) e Pino (Di Sasso, ndr) non ho mai avuto problemi. Ma hanno fatto delle scelte musicali diverse. Mi viene da pensare, per quello che è stato il marchio Delirium, a Phil Collins, superbo musicista, che ha portato i Genesis, dopo l’abbandono di Peter Gabriel, al successo commerciale. Poi quando ha visto che il gruppo non lo seguiva più, si è messo in proprio. Proprio questo ho cercato di fare con i Delirium. Se guardi il video del nostro medley, noterai che ci sono dei musicisti giovani: anche se c’è sempre la collaborazione di Marcello (Reale, ndr), con i giovani cambiano i messaggi, le metodologie di comunicazione. Oggi va di moda la così detta “minimal”, 32 battute: per noi sembra banale, quasi assurdo, ma per i giovani, questa è una evoluzione. In questo medley ho cercato di avvicinarmi ai gusti dei giovani, senza nulla togliere al progressive, che per me è sacro.

Questo mi ha allontanato dai “vecchi” Delirium. Per poter continuare su questa strada, soprattutto per poter utilizzare il brand Delirium, mi sono consultato con dei legali, che mi hanno consigliato di usare il vecchio nome, ma di aggiungerci una “particella”, proprio per evitare beghe legali…infatti, dopo diverse apparizioni televisive, ho ricevuto delle denunce, da parte dei vecchi compagni…ma dopo due processi ne sono uscito vincitore, proprio perché ho usato la famosa “particella”.

“Particella”, che a beneficio dei nostri lettori è…???

“Project”…Delirium Project…un progetto dei Delirium che hanno la loro storia, ma che continuano. Io ho il diritto di usare il nome, con Marcello Reale. Quella che è successa, è purtroppo una cosa molto comune nel mondo della musica, pensa ai New Trolls, ai Nuovi Angeli del mio carissimo amico Valerio Liboni, agli Inti Illimani, ai Deep Purple…comunque a me non piace fare la guerra a nessuno, ci si fa solo del male inutilmente.

Quindi…Delirium Project…un medley e soprattutto un video, che nasce da una collaborazione molto importante

Si. Infatti sto lavorando con Angelo Rizzo, un regista “da guerra”, che ha collaborato con “La macchina del tempo”, ha seguito la guerra in Bosnia e in Kuwait. Ha girato un filmato sui bambini sfruttati in Perù e mi ha chiesto di fare la colonna sonora. Abbiamo vinto un Grammy Award per questo shot di denuncia, che si intitola “Appuntamento con gli angeli”, dove ho firmato due pezzi, “Piccoli angeli” e “Il gioco mai giocato”. Proprio insieme al regista Angelo Rizzo abbiamo realizzato il video relativo al medley di cui ti ho parlato e che è stato girato all’interno di un Santuario milanese. Il medley comprende alcuni nostri grandi successi, “Jesahel”,” Canto di Osanna”,” Jerico”,” Favola o storia del lago di Kriss”, che sono state rivestite di nuove sonorità, ripeto, vicine ai gusti dei più giovani. L’ultimo concerto invece l’ho fatto a Settembre, un po’ di tempo fa, in effetti, ma quando hai un gruppo è sempre così. Non è più come una volta: andavi in cantina, provavi per giorni e giorni, mangiavi e dormivi li dentro. Oggi non più, è tutto cambiato, tutto diverso. Per vivere di musica bisogna suonare in più realtà e non sempre i tempi di tutti coincidono. Io e Marcello stiamo comunque cercando una formazione stabile, con musicisti giovani, come già ti ho detto e speriamo di poter tornare presto sul palco.

Parliamo dell’ ”altro” lavoro di Rino Dimopoli.

Musicoterapista. E’ da circa vent’anni che lavoro in questo campo. Prima con i tossicodipendenti, in diverse comunità di recupero. Per me si è trattato di una scommessa da vincere: aiutare queste persone ad uscire dalla dipendenza. Per sette anni ho lavorato con Don Domenico Cravero, nella sua comunità. Esperienza bellissima, interessantissima, piena di contenuti di vita, perché la droga, ti posso assicurare, non guarda in faccia nessuno. Poi ho voluto smettere e sono passato alle grandi disabilità, una mia scelta, perché loro non se la sono cercata, è capitato.

Sono delle persone con un gran bisogno d’amore e io nel mio piccolo, cerco di aiutarli, di fare qualcosa, di dargli quell’amore di cui hanno bisogno attraverso la musica.

Credo che tutti noi dovremmo starci un attimino dentro, per capire che cos’è la vita dall’altra parte. Dovremmo tutti riflettere su certe realtà.

La musica aiuta quindi…

La musica fa miracoli. Non per nulla la mia mail è “guarire con la musica”.

La cosa fondamentale, che ho potuto approfondire nel corso degli anni, è estrapolare dal soggetto il suo gusto musicale, la sua natura musicale. A te, ad esempi, può piacere Bach e ad un altro no, pur essendo entrambi appassionati di musica classica. Ad un altro magari piace Vivaldi, dolce ma allegro. Quindi con l’interazione riesco a capire la natura di un soggetto e a farlo star bene con la musica che gli piace.

Siamo tutti uguali, ma assolutamente diversi.

Rino, non posso fare altro che ringraziarti per questa chiacchierata.

Grazie a te. Buona musica a tutti.

Normalmente qui chiudo l’articolo, ma voglio condividere con voi un pensiero: questa è stata una delle rare volte in cui lasciando una persona ho sentito di portarmi dentro qualcosa, un pezzettino della sua anima, un pezzettino piccolo ma tanto intenso che mi ha fatto ripensare per giorni a quello che ho sentito. Credo si tratti di quello che molti chiamano spiritualità antropologica e che molto spesso dimentichiamo, cioè il valore della solidarietà basata su quei valori spirituali, quei valori che sono specifici della specie umana e che la rendono diversa da tutte le altre creature che la circondano.

Grazie Rino.

Stay always tuned !!!


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Articolo pubblicato il 21/02/2015