Libia : il territorio ideale per la rivoluzione ISIS ed il suo avanzamento

Il fallimento delle primavere arabe ha una conseguenza : la formazione del Califfato Islamico

Al di là della contrapposizione tra sunniti e sciti che ha contraddistinto molte fasi delle  guerre tra tribu delle diverse regioni mediorientali , non può sfuggire all' attenzione di chi si interessa di “ Geopolitica “ che la recente invasione della Libia contiene in sé motivi molto precisi .

L' ISIS aveva bisogno di uno sbocco sul Mar Mediterraneo , rappresentato come si vede oggi perfettamente con la conquista di diverse città libiche tra le quali Derna prima e oggi Sirte, innanzitutto per impossessarsi delle risorse di quel Paese allo sbando dopo l'uccisione di Gheddafi , e in linea secondaria - ma non meno importante - per canalizzare i suoi traffici  “sporchi “ ,  quelli del petrolio e del gas, delle persone , della droga, delle armi e di altre merci che possono essere facilmente trasportate via mare senza passare da altri stati confinanti

La costruzione del Califfato islamico può sembrare caotica di primo acchito  , specialmente in queste attuali fasi di guerra con l' Occidente e alcuni Stati a prevalenza scita , ma non è così : essa segue delle linee guida molto precise che vedremo di definire meglio nel seguito di questo articolo .

La situazione in Libia non è mai stata facile. Sin dai tempi in cui Gheddafi  (Guida e Comandante della Rivoluzione della Gran Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista , nota come “ Rivoluzione verde “, Medaglia d'Oro dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" – Italia Roma , 10 giugno 2009 - e “grande  amico “ di Silvio Berlusconi ) regnava , l' unico sistema per tenere unito questo paese era  la forza militare ed il denaro .

In quel luogo il denaro erano - e sono  - petrolio, gas e ogni affare illegale (droga, addestramento e protezione di terroristi, preparativi di colpi di stato). Gheddafi usava poi l'arma della corruzione, dei rapporti privilegiati con alcuni leaders del mondo, dei contatti con servizi segreti di mezzo mondo a cui vendeva, al bisogno, questo o l'altro gruppo. Nemico e amico a fasi alterne.  Questa situazione si è protratta per quasi 40 anni.

Oggi in Libia vi è in gioco una grande quantità di denaro. In primo luogo, petrolio e gas. L'Europa e l'Italia in particolare ( 20% del petrolio italiano e il 12% del gas arrivano dalla Libia) dipendono ancora dalle forniture libiche attraverso il GreenStream, gasdotto che da Meliah nelle coste libiche (trasporta anche il gas tunisino) giunge a Gela in Sicilia.

Vi è poi l'enorme business del traffico di esseri umani, è dalle coste libiche che partono i barconi dei disperati. Africani e medio-orientali (soprattutto siriani) che fuggono da guerre e da miserie. Sono uomini e donne (e bambini) disposti a tutto pur di fuggire, perché non hanno nulla da perdere se non la loro vita. Che investono tutti i loro averi o si indebitano, con le organizzazioni criminali, per il resto della loro vita.

Per chi li trasporta essi sono poco meno che animali, che devono essere ammassati (quanti più possibili) sulle fatiscenti imbarcazioni e essere trasportati dall'altra parte. Mediamente si parla di 10 mila euro a persone e solo verso l'Italia siamo intorno  a 150 mila paganti all'anno.

Essenziale è il traffico d'armi. In Libia tutti sparano. Tra quel poco di Stato ancora presente e creduto legittimo e milizie islamiche che, a loro volta, si sparano tra loro. Ma da lì le armi si spostano soprattutto verso Est e verso Sud, le zone più calde. Assieme alle armi in Libia si continua a fornire addestramento a milizie del mondo intero.

Infine, il traffico di droga : la Libia si trova sulla rotta che dall'Africa (soprattutto dalla Guinea Bissau) porta grandi quantità di cocaina in Europa. E'  facile giungere nel paese dal deserto (assieme alle carovane di esseri umani in fuga) e da li smistare verso altre rotte più sicure (non quelle degli immigrati) la merce.

E' chiaro che in questa situazione in cui c'è molto (ma molto) da guadagnare e nessuna regola da rispettare, un'organizzazione come l'ISIS sia arrivata di corsa.  La giustificazione per la conquista anche  della Libia da parte ISIS dal punto di vista politico è riassumibile in questa proposizione che trova d' accordo molti osservatori  "il principale obiettivo dello Stato Islamico è rappresentare per i musulmani sunniti ciò che Israele è per gli ebrei: uno stato nello loro terra antica, rioccupata in tempi moderni; un potente stato confessionale che li protegga ovunque essi si trovano".

Essendo questa tesi difficilmente smentibile da noi europei che fino alla seconda guerra abbiamo combattuto per estendere il nostro territorio ( per ironia della sorte proprio in Libia, tra le altre, con la guerra di Libia del 1911 ) per far ritornare "allo stato dell'oro l'Islam"  vi è bisogno di denaro e molto. Il sistema più semplice è sfruttare le enormi risorse che il sottosuolo, nella loro storica terra, concede.

Semplificando molto, l'ISIS, nella sua follia, ragiona in questo modo: la violenza estrema (decapitazioni, video, azioni cruente, minacce) è un elemento che fa vendere bene la notizia delle loro conquiste, le amplifica a livello mondiale . Questo marketing porta a loro il fatto di essere conosciuti e riconosciuti. Nelle periferie povere delle metropoli europee, così come nelle città arabe (dove dittatori di varie dinastie si sono arricchiti a scapito della popolazione) o nei campi profughi il messaggio della riscossa contro l'occidente colpevole di ogni male arriva diretto al cuore di milioni di individui.

Con i soldi nelle aree che conquistano portano nuove strade, scuole o ospedali (un apparente miglioramento delle condizioni di vita), non importa se non ancora la democrazia e la libertà. Per questo vi è bisogno di soldi che si possono raccogliere dal petrolio, dalle armi, dalle droghe e dal traffico di esseri umani.

Ma, fermarle richiede scelte coraggiose, che oggi nessuno sembra in grado di fare. Dalla Libia, ad esempio, giungono a noi petrolio e gas (anche attraverso canali clandestini, in mano alle milizie ed ora all'ISIS).

Nonostante alcuni analisti sostengano che si possa fare, oggi noi non siamo in grado di chiudere il gasdotto dalla Libia. Chiuderlo  sarebbe un elemento molto forte  in grado di interrompere un flusso di denaro immenso, il cui controllo  alimenta la guerra civile.

I motivi sono molteplici, tra cui il fatto che per chiudere le forniture dalla Libia abbiamo bisogno di rivolgerci alla Russia, il cui gas passa per l'Ucraina. Ci metteremmo in un' altra situazione di dipendenza che va contro quella sicurezza di cui abbiamo bisogno per alimentare il nostro sistema energetico , che in Italia non è sicuramente autosufficiente , anche grazie alla mancanza di centrali nucleari , fonte di energia  di cui invece dispongono Francia , Germania ed Inghilterra che, da questo punto di vista   sono molto più indipendenti di noi.

Ancora una volta siamo in quella situazione del vaso di coccio in mezzo a quelli di ferro di manzoniana memoria , e la situazione attuale della Libia ha sicuramente peggiorato questo stato di cose , dal momento che l' ENI dispone in quel Paese di licenze per l' estrazione del petrolio  di cui non si sa che fine faranno.

Sarà anche per questo motivo che Renzi , sentiti i recenti venti di guerra alimentati dalle minacce ISIS , ha tirato i remi in barca dicendo che bisogna mantenere la calma e non si deve ancora pensare a inviare le truppe italiane in Libia ( dopo le dichiarazioni più bellicose del ministro Pinotti )  ?

E' ovvio che la nostra minima  politica estera dovrà tener conto di questi fatti così evidenti , e la conclusione che se ne può trarre è quella di cercare immediatamente altri Paesi fornitori di gas e petrolio, in quanto difficilmente il Califfato Islamico mollerà l' osso della Libia , almeno per adesso.

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Articolo pubblicato il 18/02/2015