L’Italia a due passi dall’esplosione del vulcano libico

I destini dei due Paesi legati a filo doppio da quasi un secolo

La stabilità di ogni Nazione è condizionata fortemente anche  dalla stabilità degli Stati confinanti; l’Italia confina solo virtualmente con la Libia, ma il suo destino è legato da quasi un secolo alle vicende di questo Paese.

L’attacco dell’Isis alla città di Sirte colpisce, con ottimo tempismo, un Paese sull’orlo del disfacimento, sempre più avvitato in una guerra intestina, dopo il fallimento della mediazione ONU nel momento in cui la Corte Suprema libica ha dichiarato nulle le recenti elezioni.

Servirebbe una operazione di pace internazionale (come proposto dal professor Vandewalle sul New York Times già l’11 novembre 2014), difficile però da attuare: se venisse decisa nel Consiglio di Sicurezza incontrerebbe il sicuro dissenso della Russia, se fosse una iniziativa europea potrebbe configurarsi come urgente necessità di proteggere la popolazione libica, ma sfortunatamente, la cosiddetta “responsabilità a proteggere” non è universalmente definita nei particolari e risente di passati interventi di parte a dir poco dubbi.

Su questo scenario si è abbattuto il ciclone Isis che dopo Derna si accinge alla piena occupazione della città costiera di Sirte, a soli 500 km dalle coste italiane e ha già iniziato l’avanzata verso Tripoli. L’operazione è assistita dal solito pressante intervento mediatico, con l’invito del califfo agli stranieri (leggi Italiani) a lasciare il Paese e per tutti a sottomettersi al loro regime. Vista la situazione, l’ambasciata italiana di Sirte, ultima rappresentanza occidentale rimasta  è stata chiusa domenica 11 febbraio.

La situazione è anche particolarmente grave per le possibili ripercussioni sui Paesi vicini, Algeria per prima, con un allargamento a tutto il nord Africa, inoltre si amplia sempre di più un fertile terreno per l’indottrinamento del fondamentalismo islamico.

Una ulteriore certa conseguenza, che ci interessa molto da vicino, sono le ripercussioni sicure sul problema dei profughi diretti in Italia: rispetto ai 40.000 arrivati negli ultimi 5 mesi, in un vicinissimo futuro ne potremmo contare 40.000 a settimana. Nel frattempo, altra per noi tragica conseguenza, visto che sono già cominciati scontri sporadici in alcuni campi petroliferi, si bloccherebbero le forniture di petrolio e gas che attualmente rappresentano rispettivamente il 27% e il 24% del nostro fabbisogno, con un possibile parziale razionamento di questi insostituibili approvvigionamenti.

Ma questo scenario potrebbe ulteriormente aggravarsi a seguito delle minacce dell’Isis al nostro ministro Gentiloni e all’Italia quale “Paese crociato”; particolarmente grave l’accenno all’uso dei missili Scud, che secondo i jihadisti sarebbero in grado di colpire l’Italia da Roma in giù, cosa assolutamente falsa perché finirebbero in mare a 150 Km dalle nostre coste.

Pensando probabilmente al peggioramento di questa situazione il ministro Gentiloni ha dichiarato che l’Italia è pronta ad un intervento militare unilaterale, in un quadro di legalità internazionale; un pensiero oggi di molti, ma certamente di non facile attuazione dal punto di vista della politica internazionale, viste anche le idee di Putin in merito.

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Articolo pubblicato il 16/02/2015