La semplificazione burocratica

L'analisi di Michele Paolo Pastore

Burocrazia è un termine che nasce dalla sintesi di due parole: bureau (ufficio, in francese) e Kratos (potere, in greco). 

Il significato rimanda all’organizzazione necessaria per la gestione di enti, società private e Pubblica Amministrazione. 

Un certo livello di burocrazia è indispensabile per il normale funzionamento di ogni organizzazione, per contro l’eccesso rischia di ottenere il risultato opposto: paralisi delle decisioni, discrezionalità, mancanza di trasparenza dovuta all’eccesso di norme e incertezza nell’applicazione delle norme stesse. A ciò si aggiungano i costi occulti dovuti al tempo perso e alla necessità di doversi avvalere, in molte situazioni, di professionisti terzi a pagamento, salvo non ottenere il risultato sperato. 

Non esiste un numero definito ufficiale delle leggi presenti in Italia. Fonti pubbliche ne stimano circa 75.000, altre ne quantificano 150.000 ed oltre; numeri ben lontani, in ogni caso, dalle circa 3.000 leggi della Gran Bretagna, le 5.500 della Germania e le 7.000 norme francesi. 

Alle nostre innumerevoli norme occorre aggiungere, inoltre, le leggi regionali, i regolamenti, i decreti ministeriali e gli statuti degli enti pubblici.

L’esempio di burocrazia “classica” e più lampante è riferibile ai rapporti con il Fisco. Nel nostro Paese la pressione fiscale si accompagna al bizantinismo delle norme che rende complicato pagare tasse e imposte a chi vuole farlo; norme che variano continuamente impediscono la creazione di economie di scala e gli stessi professionisti rincorrono faticosamente aggiornamenti e informazioni.

Per completare il quadro, si aggiunga la giungla di tributi locali e gli innumerevoli obblighi a cui sono sottoposti i cittadini.

Ovviamente tale situazione è ricorrente ogni volta in cui si ha a che fare con la Pubblica Amministrazione, ma anche con grandi società private, che operano in regime di concorrenza spesso falsata da un eccesso di burocrazia, che rende difficile i confronti (economici) e la concorrenza stessa.

 Occorre, infine, sottolineare, “ciliegina sulla torta”, il difficile linguaggio utilizzato dalla burocrazia sia nel corpo normativo, sia negli atti e nelle comunicazioni emesse dalla Pubblica Amministrazione oltre che, spesso e volentieri, anche nei contratti precompilati, le cui clausole vessatorie espongono il cittadino a continue perdite di tempo per far valere i propri diritti.

Semplificare il quadro descritto significa:

liberare risorse sia all’interno della Pubblica Amministrazione che degli enti privati;

rendere fruibili e maggiormente accessibili le normative ad un maggior numero di utenti;

consentire un rapporto più trasparente tra privato cittadino e Pubblica Amministrazione;

semplificare gli adempimenti burocratici, amministrativi e fiscali dei cittadini;

ridurre il numero degli adempimenti e liberare tempo;

agevolare nuovi investimenti privati e attrarre più facilmente capitali dall’estero;

contribuire a rilanciare l’economia nazionale senza aumentare la pressione fiscale.

L’attuale burocrazia è frutto di un processo che trova le proprie origini già nel Regno Sabaudo e che si è sviluppato, seppur con brevi eccezioni, costantemente nella vita dello Stato italiano; la situazione descritta ha subito un’importante accelerazione nell’ultimo ventennio, determinata da una miriade di leggi omnibus spesso imposte tramite decretazione d’urgenza.

Ovviamente, per invertire il processo in corso, non servono nuove norme, ma una nuova impostazione del quadro normativo.A nostro avviso, le linee guida che possono indirizzare l’azione degli organi legislativi e di governo, anche locale, sono di due tipi:interventi che possono agire direttamente sul corpo normativo esistente, riducendolo e semplificandolo;interventi volti ad agevolare l’accesso degli utenti alle leggi e ai provvedimenti amministrativi e la comunicabilità di questi ultimi.

Il primo tipo di interventi ha come finalità lo snellimento delle norme e una migliore fruibilità delle stesse, sia in termini di facilità di ricerca, sia in termini di comprensibilità,. Di seguito, ne riportiamo alcuni possibili, a scopo esemplificativo:

1)  La pubblica amministrazione può obbligarsi a mappare e organizzare in testi unici per materia le leggi previgenti col seguente ordine di priorità per materia:

·         FISCO

·         DIRITTO PENALE

·         DIRITTO CIVILE

·         DIRITTO AMMINISTRATIVO

·         DIRITTO SOCIETARIO

·         DIRITTO FALLIMENTARE

2) Le nuove leggi promulgate devono indicare, a latere, tutte le precedenti normative esistenti sulla materia trattata ancora in vigore sino alla creazione di un “corpo” unico sulla materia.

3) Le leggi superate, e ancora in essere, possono essere eliminate dal corpo normativo.

La seconda tipologia di interventi, cioè quelli volti a migliorare l’accesso e la comunicabilità, è, a nostro avviso, non solo opportuna, ma anche facilmente perseguibile nell’immediato. Aumentare la comprensibilità delle fonti normative contribuisce a migliorare la consapevolezza dei cittadini. Sfruttando al meglio le possibilità offerte dagli attuali strumenti informatici si possono pensare alcuni interventi di immediata praticabilità.

Ad esempio:

1) ogni legge può riportare, in premessa, un documento (uno schema e/o una presentazione) che riassuma le principali  caratteristiche introdotte dalla nuova norma, nonchè gli obiettivi e lo spirito originale voluto dal legislatore. Tale documento può contenere nell’ordine:

                indice

                assunto principale

                spirito “originale” del proponente

                declinazione dei principali aspetti e relativi articoli

                glossario

                leggi collegate

2) Gli articoli di legge, citati in un altro testo di legge, vanno riportati per intero. Gli acronimi vanno esplicitati.

3) Il linguaggio deve essere chiaro. Devono essere utilizzate frasi brevi. Le leggi possono passare il vaglio preventivo di una Commissione sulla chiarezza espositiva.

4) Le fonti legislative devono essere accessibili a tutti. Nell’ambito dell’Istruzione scolastica deve essere data ampia diffusione alla reperibilità e all’accesso delle fonti normative.

Infine, la semplificazione può e deve ovviamente toccare anche la burocrazia degli enti e delle amministrazioni locali.

Le logiche sono identiche a quelle sopra riportate, con l’aggiunta di alcune accortezze legate alle singole specificità.

Per brevità riporto tre brevi esempi, ma l’elenco potrebbe essere decisamente più consistente.

Nei provvedimenti amministrativi (emanazioni di pubbliche amministrazioni, decreti dei tribunali) potrebbe essere opportuno modificare la struttura dei documenti, riportando prima il dispositivo, poi la spiegazione (oggi è il contrario).

I regolamenti emessi dalle pubbliche amministrazioni dovrebbero riportare l’indice normativo (leggi) a cui fanno riferimento;Ogni documento dovrebbe evidenziare nel frontespizio la data, il luogo di emissione, l’ente che lo ha emesso e il dirigente responsabile del servizio;

      Ogni ente locale dovrebbe avere una commissione di lavoro dedicata alla semplificazione che gestisca i rapporti con gli utenti, ne riceva i suggerimenti e li formalizzi per gli enti decisori. Potrebbe essere stilato, ogni sei mesi, un bollettino dell’attività svolta e degli obiettivi raggiunti.

Non occorre una nuova norma per modificare le norme attuali. Occorre la volontà di farlo. La semplificazione non è un obbligo di legge, ma può e deve diventare un obbligo programmatico di governo.

 

 

                                                                                         Michele Paolo Pastore

 

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Articolo pubblicato il 12/02/2015