I rischi che si è assunto Tsipras con la sua politica in Grecia

Tsipras dovrà prima fare pulizia nel suo paese prima di ampliare il deficit già enorme della Grecia

Come dice Crozza , pochi giorni fa tutti ad inneggiare “ Je suis Charlie “ . Oggi tutti “ Viva Tsipras !”.  Le cose però , al di là della simpatia contagiosa che contraddistingue  il leader greco , si profilano per lui con  tante, troppe difficoltà  oggettive che nulla hanno a che fare con l' emotività.

Difficoltà che gli vengono messe sul suo cammino dall ' Europa , che potranno difficilmente fare della sua politica così generosa e prodiga di buone intenzioni un effettivo beneficio per la popolazione greca , in mancanza di fondi sufficienti.

Finanziare i suoi  progetti  di ridistribuzione della poca ricchezza del Paese è infatti una scommessa molto ambiziosa e che va nella direzione opposta della  quadratura dei conti dello Stato greco ,   anche perchè la sua politica presuppone di scialare  ancora di più dei suoi predecessori ,  aumentando così il deficit statale già criticatissimo da Bruxelles .

Quello che si presenta agli occhi degli osservatori più attenti è lo scontro tra il concetto di politica umanitaria delle  misure che si appresta a mettere in atto ,  e la condotta pragmatica e  tecnocratica di Bruxelles   - dove primeggia la mentalità protestante del Nord Europa, che considera coloro che producono malversazioni , come  politici e dipendenti pubblici ,   veri e propri malfattori  -  , un tipo di cultura dove  produrre un bilancio pesantemente in deficit è anche un delitto  contro le persone e contro  la società, ancor prima che contro lo Stato. 

Ecco perchè , prendendo ad esempio la ricca e " virtuosa "  Germania, questo Paese ha migliaia di persone in carcere per corruzione e concussione , e qui in Italia solo qualche decina . 

Tant' è che i Paesi del Centro e  Nord Europa sono tutti  rigorosamente al di sotto del 100% di  debito pubblico rispetto al Prodotto Interno Lordo , come in Germania dove tale rapporto è  del 78 % nel 2014, si ridurrà al 75 % nel 2015 e nel 2017 sarà del 70 % ( il nostro in Italia è del 135 % ed in crescita. La Grecia ha raggiunto il 176 % , sempre che i bilanci statali siano corretti e non falsificati come avvenne pochi anni fa ).

La Germania non devierà dalla propria linea di disciplina fiscale assoluta. Anzi, dal prossimo anno, il deficit pubblico verrà completamente azzerato, per la prima volta dal 1969 e il Governo prevede di mantenerlo a zero per tutta la durata del prossimo piano fiscale a medio termine, fino al 2018.

In pratica è questa la condizione che spinge Angela Merkel a mantenere inalterata la sua posizione di  inflessibilità economica e fiscale sia verso  il proprio Paese che per gli altri , specialmente verso quelli che non sono stati bravi amministratori dei conti interni .

Le cause primarie del problema greco

Fino a qualche anno fa nessuno o quasi pensava che la Grecia potesse ridursi in questa situazione. Dal 2000 al 2007 la Grecia sembrava una delle economie più in forma dell’eurozona. Il suo Prodotto Interno Lordo cresceva con punte anche del 6 per cento, come nel 2003. Soltanto nel 2005 c’era stato un piccolo rallentamento della crescita, quando il rapporto deficit/PIL era in espansione e c’era da pagare ancora il conto dell’organizzazione delle olimpiadi di Atene dell’anno prima.

Tuttavia il PIL cresceva anche quell’anno (+2,8%) e una manovra finanziaria che, tra le altre cose, aveva alzato l’IVA dell’1 % (dal 18 al 19%) aveva portato nel 2006 il PIL a crescere di oltre 4 punti. Così, banche e altri fondi privati prestavano denaro in grande quantità alla Grecia e, a differenza di quanto accade oggi, a tassi molto ridotti. All’epoca le agenzie di rating davano al debito greco la valutazione “A”.

La crisi finanziaria del 2008 ha cambiato le cose. O meglio, ha messo in evidenza i gravi problemi che fino a quel momento erano rimasti nascosti. Innanzitutto, la Grecia ha sofferto particolarmente quella crisi perché la sua economia si basa soprattutto sul turismo e sulla distribuzione, settori particolarmente esposti ai cambiamenti economici nel breve termine. Solo nel 2009 i due settori hanno subìto una contrazione degli utili di oltre il 15 per cento. Da allora il debito pubblico è cresciuto a dismisura ed è arrivato ultimamente a 262 miliardi di euro. Nel 2004 era di 168 miliardi.

Ma questa è solo una piccola parte della storia. La Grecia, e di conseguenza tutta l’eurozona, si trova in questa situazione perché negli anni scorsi ha truccato i suoi conti – e di molto – per rientrare nei parametri previsti dal Trattato di Maastricht e di conseguenza per entrare nell’euro, valuta che ha adottato nel 2001. Una prima ammissione c' era già stata nel 2004, quando il governo greco affermò di aver barato per entrare nell’euro: il suo rapporto deficit/PIL non era mai stato sotto il 3 per cento sin dal 1999, il tetto massimo richiesto dalle regole comuni europee a salvaguardia della stabilità della moneta unica.

Non solo.   In realtà poi sarebbe arrivato addirittura al 15,4 per cento, ha detto il direttore dell’istituto nazionale di statistica greco, che per questo è stato accusato di avere falsato le stime. L’istituto, simile alla nostra ISTAT, era stato completamente rinnovato e reso indipendente un anno prima, dopo decenni di rapporti inaffidabili e condizionati dalla classe politica.


Il crollo definitivo

L’inizio del crollo definitivo è avvenuto nel dicembre 2009, quando le agenzie di rating Fitch e Standard & Poor’s hanno declassato l debito della Grecia da A- a BBB+ (come successo recentemente all’Italia). Questi annunci hanno fatto crollare la fiducia degli investitori della Grecia, che così ha dovuto ricevere prestiti a tassi di interesse sempre più alti. Ancora pochi mesi e il rating è diventato “junk”, ossia “spazzatura”, quello dei paesi considerati ad altissimo rischio di fallimento.


Alexis Tsipras ha vinto le elezioni in Grecia. Adesso si dovrebbero aprire le trattative per definire un accordo sulla ristrutturazione del debito greco che oramai viaggia intorno al 180 % in rapporto al Pil  ( c'è da chiedersi come la Grecia possa onorare un debito così elevato!).

Esistono dei problemi di carattere politico, poiché significherebbe rimettere in discussione i principi del Fiscal compact e infatti il governatore della Bundesbank, Jens Weidmann, ha precisato che le elezioni greche non porteranno nessun cambiamento e i greci devono rispettare gli accordi, vale a dire che la democrazia non ha più nessun peso e la tecnocrazia viene prima di tutto.

C'è da dire che al di là delle richieste greche, l'Europa dell'austerità, vale a dire delle politiche fiscali restrittive, è destinata al fallimento. Quindi gli altri Stati certamente non resterebbero a guardare e chiederebbero anch'essi un rallentamento delle politiche restrittive, portando ad una ridefinizione di tali politiche per tutta l'Unione monetaria europea.

È chiaro a tutti che l'adozione dell'austerità ha prodotto, sostanzialmente, conseguenze negative: è aumentata sensibilmente la disoccupazione, è cresciuta la povertà, l'economia europea è oramai entrata in una fase di stagnazione, e il debito pubblico dell'area euro è passato dal 65% sul PIL nel 2007 ad oltre 95% del 2014.

La Grecia, più di tutte, rappresenta il fallimento delle politiche europee, ma parlare di cambiamenti radicali appare azzardato; anche la Francia con la vittoria di Hollande aveva detto che avrebbe fatto modificare le politiche restrittive europee, ma non c'è riuscita, pertanto è difficile pensare che ci riesca uno stato più piccolo come quello greco.

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Articolo pubblicato il 30/01/2015