Il caso dell’uomo con sei dita alla mano sinistra e sei al piede sinistro

Una curiosa anomalia fisica permette di identificare la vittima di “amanti diabolici”, nella Francia del 1823

Lei, lui e l’altro, è una combinazione ricca di premesse per trame criminali, sia nella realtà che nella fantasia dei romanzieri.

Sono casi reali quello del “bitter alla stricnina”, avvenuto ad Arma di Taggia (Imperia), il 25 agosto 1962, quello noto come “delitto Ballerini-Pan”, accaduto a Torino il 20 luglio 1972 ricostruito da Claudio Giacchino nel suo libro “Amanti coltelli - Ballerini-Pan, il delitto che appassionò l’Italia” (Torino, 2000) e quello della “Circe della Versilia”, successo nella notte tra il 16 ed il 17 luglio 1989 a Forte dei Marmi.

Quello delle coppie di amanti che tolgono di mezzo il marito è un crimine che non passa mai di moda, per il quale i mass media hanno coniato l’espressione “amanti diabolici”.

Ma gli annali criminali annoverano anche casi di coniugi che si coalizzano per uccidere l’amante di lei. Un caso reale che ha avuto una illustre trasposizione letteraria è quello del crimine noto come l’Orrore di  Bermondsey.

I coniugi Frederick e Marie Manning, cameriera svizzera, nel 1849 uccidono Patrick O’Connor - amante della donna - e seppelliscono il suo cadavere sotto il pavimento della cucina. Fuggono ma sono rintracciati dai Sergenti Detective Thornton e Langley e, processati e condannati, vengono impiccati in pubblico, fuori Horsemonger Gaol in Southwark, a Londra.

Charles Dickens nel suo romanzo “Bleak House” (Casa desolata, 1852-1853) crea il personaggio della cameriera francese Mademoiselle Hortense, ispirato a Marie Manning.

Un delitto perpetrato da “amanti diabolici” è avvenuto in Francia nel 1823, a Sussargues nei pressi di Montpellier (allora lo si italianizzava in Monpellieri).

La vittima era il signor Bonino, piemontese e quindi suddito del regno di Sardegna. Per questo motivo, la notizia di cronaca nera trova posto sull’unico giornale del regno sardo, la “Gazzetta Piemontese”, stampata a Torino, dove di solito non comparivano notizie del genere.

Leggiamo nella “Gazzetta Piemontese” del 2 settembre 1826: «La corte d'assisie di Monpellieri avrà a dar sentenza sopra un processo d’assassinio accompagnato da circostanze singolari:

Il sig. Bonino, Piemontese, dopo aver militato nelle nostre truppe, s’era stabilito a Sussargues presso Monpellieri, vi avea acquistato un picciolo podere e ne avea fatta donazione con contratto di maritaggio alla figlia Carrat colla quale egli vivea e che voleva prendere in moglie.

Egli disparve improvvisamente nel 1823; si disse ch’egli era andato in Ispagna, e sette mesi dopo la Carrat si maritò con un tal Dimon.

Qualche tempo dopo corse la voce che Bonino era stato assassinato da queste due persone; si fecero scavi nel giardino di Dimon e si trovò uno scheletro seppellito, senza però che si potesse accertare essere quello di Bonino; ma la Provvidenza che mai non lascia impuniti i gravi delitti, fece che si rammentasse da alcuni che Bonino avea per una rara difformità sei dita alla mano sinistra e sei al piede sinistro.

Le persone dell’arte verificarono la cosa, trovarono la sei dita alla mano sinistra ed al piede sinistro dello scheletro, e non si dubitò più dell’identità.

In seguito questa scoperta sono stati arrestati i coniugi Dimon, i quali con alcune semi confessioni hanno aumentati i sospetti dalla giustizia contro di essi concepiti».

Come sia finita la storia non lo sappiamo ma sicuramente con una condanna severa, almeno per il signor Dimon: i tribunali francesi, a differenza di quelli inglesi, hanno spesso dimostrato una grande indulgenza nei confronti delle donne, anche se accusate di gravi crimini!

Quello che ci pare da sottolineare è la particolarità anatomica del signor Bonino che ne ha consentito l’identificazione anche in tempi di limitate cognizioni di medicina legale.

L’anonimo redattore della “Gazzetta Piemontese” per questo brillante risultato arriva a scomodare la Provvidenza «che mai non lascia impuniti i gravi delitti»!

Non poteva certo immaginare che analoghi risultati brillanti sarebbero stati ottenuti sulla base di nuove acquisizioni scientifiche, come nel caso del dottor Alexandre Lacassagne di Lione che, nel 1889, riesce a identificare un cadavere, in avanzato stato di decomposizione, trovato in un baule abbandonato lungo la strada di Millery, nei pressi di Lione.

Questo caso è passato alla storia negli annali criminali come “La malle sanglante de Millery”, dal titolo del libro scritto da Edmond Locard, allievo di Lacassagne, per illustrare le fini indagini scientifiche espletate dal suo maestro, pubblicato a Parigi nel 1934.

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Articolo pubblicato il 23/01/2015