La berretta cardinalizia negata a monsignor Nosiglia, Arcivescovo di Torino
L'Arcivescovo Cesare Nosiglia

La berretta cardinalizia negata a monsignor Nosiglia, Arcivescovo di Torino

 La notizia l’ha indirettamente data lo stesso Papa Francesco, riferendosi al prossimo Concistoro del 14 febbraio: ”Nominerò 15 nuovi Cardinali che, provenienti da 14 nazioni di ogni continente, manifestano l’inscindibile legame fra la Chiesa di Roma e le Chiese particolari, presenti nel mondo”, per poi, nel seguito del suo discorso, precisare come la periferia geografica ed esistenziale, diventa il fulcro della “Chiesa povera per i poveri”.

Segue l’elenco dei futuri Cardinali e non c’è menzione del nostro Arcivescovo. Le decisioni del Pontefice sono inappellabili, soprattutto quando, nei fatti intende riaffermare la Cattolicità della Chiesa. C’è delusione tra i fedeli e gli studiosi della Storia del Piemonte, perché si considera quasi un affronto la privazione delle Dignità Cardinalizia alla Cattedra di San Massimo , senza tenere conto che il titolare della Diocesi ricopre anche il ruolo di “Custode Pontificio della Sacra Sindone”.

Torino non è isolata in quanto anche i titolari delle sedi tradizionalmente cardinalizie di Venezia e Bruxelles, saltano  questa tornata. Stupisce, ovviamente all’occhio dei profani che siano elevati alla Sacra Porpora i titolari delle diocesi di Agrigento e Ancona, i cui nominativi sono oscuri ai più.

La cronaca cittadina si è appropriata della notizia. Con rammarico si evidenza la strumentalizzazione e le insinuazioni, forse suggerite da pseudo intellettuali gramsciani, ispirati anche da irriducibili sessantottini che albergano ancora ai piani bassi della Curia metropolitana.

A base della mancata nomina cardinalizia, si contestano i “buoni rapporti” tenuti dal nostro presule nei confronti della Fiat e del mondo industriale torinese. Questi detrattori hanno sputato veleni per cinquant’anni contro la Fiat che assumeva manodopera e si espandeva a Torino. Sono riusciti, negli anni dei governi di centro sinistra a cavallo degli anni 70 del secolo scorso, ad ottenere drastiche penalizzazioni fiscali a carico di aziende che incrementavano l’occupazione nell’area Torinese.

 Oggi non contenti dei loro misfatti, addebitano a un pastore di anime il vulnus di operare per il Bene Comune e di far riflettere il mondo imprenditoriale sulla crisi delle famiglie e sulla necessità di operare ogni sforzo per segnare un punto di ritorno alla débacle occupazionale.

L’altro riferimento, ancor più perfido, consiste nell’imputare la mancata ascesa di Nosiglia, al suo costante riferimento al Cardinale Camillo Ruini.

Ruini, per inciso, ha ricoperto tutti i gradi della gerarchia ecclesiastica sino a divenire Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, carica ricoperta fino al raggiungimento dei limiti di età. Quel che non si dice, ma certamente si sottintende, è che Ruini abbia elevato la sua voce a difesa della vita, delle coppie formate da un uomo e una donna e contro le scelte di relativismo etico che minoranza pretendevano d’imporre a tutta la società italiana.

 Ciò é forse un crimine per un uomo di Chiesa?

 

 

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Articolo pubblicato il 06/01/2015