Carlo Nicco, il disegnatore delle dive

Dalle affiches della rivista e del cinema all’editoria per ragazzi, l’opera dell’inconfondibile illustratore torinese

Il 12 gennaio 1973, a Torino moriva novantenne Carlo Nicco, disegnatore, costumista, scenografo, pittore, incisore, cartellonista e illustratore.

Era nato a Torino il 18 ottobre 1883 da famiglia modesta che non poteva farlo studiare. Carlo inizia così a lavorare da giovanissimo, dapprima da un intagliatore in legno, poi da un meccanico. Da autodidatta, con tenacia, porta avanti la sua preparazione artistica. L’attività presso un  litografo lo fa avvicinare alla cartellonistica per il teatro di varietà e il cinema.

Nel novembre dell’anno della sua morte, viene allestita una mostra dei suoi manifesti pubblicitari. Ne parla, con grande simpatia e partecipazione, Carlo Moriondo su “Stampa Sera” del 9 novembre 1973, per rievocare i tempi d’oro della rivista torinese, quando «Torino era un po’ Parigi»: nei teatri Odeon, Trianon, Scribe, Balbo, Chiarella, Alfieri, ed anche Maffei e Rossini (per la maggior parte scomparsi), «…trionfavano folleggianti soubrettes luccicanti di strass e di conterie varie, con grandi ventagli di piume, con gambe vertiginosamente in mostra».

Carlo Nicco era il cartellonista di queste stelle del varieté: Milly (si faceva chiamare Milly Prima), «tutta gambe, in posa acrobatica, con pennacchi chilometrici, Isa Bluette tra i fiordalisi» e altre ancora.

Secondo Moriondo, «Le sue divette sono uccelli del Paradiso grondanti aigrettes, sono D’Annunzio stemperato in Guido da Verona e filtrato attraverso Dekobra; non sono certo donne: sono simboli, illusioni».

Non mancano personaggi maschili, come Emilio Ghione, l’attore torinese che interpretava il leggendario apache parigino “Za-la-Mort”, e un Macario striminzito, quasi clownesco.

Grande estimatore di Carlo Nicco è stato l’autorevole professore di storia medievale Renato Bordone (1948-2011) che gli ha dedicato lo studio «Carlo Nicco e il “revival” medievale torinese» (Bari, 1985). Il professor Bordone lo ha rievocato su “La Stampa” il 9 luglio 1991, con sentite e qualificate parole, come cartellonista del cinema torinese: «Al suo tratto caratteristico e personale, a metà strada fra il Liberty e il Decò, è infatti legata l'effimera e fascinosa stagione del cinema torinese (disegnò cartelloni per l'Ambrosio, la Subalpina, la Cines, la Rodolfi ecc..)».

Nicco lavora per il quindicinale torinese “La vita cinematografica” con illustrazioni per i film e ritratti di attori. Crea il marchio della casa di produzione Rodolfi film di Torino. Lo ricorda il recente libro di Roberto Della Torre, “Invito al cinema. Le origini del manifesto cinematografico italiano (1895-1930)” (Milano, 2014).

Dopo il 1922, in conseguenza alla crisi del cinema, Nicco passa all’editoria per ragazzi. Collabora alla rivista “Cuor d’Oro” quindicinale per ragazzi di ispirazione cattolica, che inizia le sue pubblicazioni nel 1922 per terminarle bruscamente nel 1927. Per tre anni ne è il direttore artistico.

“Cuor d’Oro” è diretta dai coniugi Francesca e Onorato Castellino e collaborano autorevoli autori e importanti artisti del tempo, come Attilio Mussino, Gustavino, Giulio Da Milano, Massimo Quaglino, Carlo Bergoglio, Eugenio Colmo (Golia) e molti altri.

Nicco lavora anche per altri periodici, tra cui “Il Corriere dei Piccoli” e “La Lettura”.

Illustra quasi 150 libri per ragazzi pubblicati dalle principali case editrici torinesi: in particolare Paravia, e poi Lattes, Casanova, Chiantore, SEI e UTET con la sua collana “Scala d’oro”.

È molto apprezzato per le sue illustrazioni, “Fortunello” di Vincenzo Fraschetti, apparso nel 1924.

Il professor Bordone definisce lo stile di Nicco come «essenziale, "cartellonistico", un po' austero e rarefatto, che rende inconfondibili i suoi disegni».

A Torino, Nicco era tanto noto come pittore e cartellonista che, nel 1930, due giovani falsari tentano di far allestire falsi chichès di buoni da mille lire della Banca Agricola Italiana, dicendo di agire per suo incarico (“La Stampa”, 28 novembre 1930).

A questo punto devo introdurre una nota personale: Carlo Nicco era amico del nonno di mia moglie, Michele Cane, architetto e discreto acquarellista: fra le sue carte si trovano alcuni biglietti augurali di Nicco, con riproduzione delle sue opere, in particolare delle illustrazioni della collana di Paravia “Miti-Storie-Leggende”, diretta da Luisa Banal, con testi di vari autori ma interamente disegnata da Nicco.

Un’opera notevole, secondo Antonio Faeti, autore del libro “Guardare le figure. Gli illustratori italiani dei libri per l’infanzia” (Roma, 2011).

Faeti ha per Nicco parole di grande apprezzamento, in particolare per questa collana: ammira la sua documentazione, quasi pedante, sui soggetti da rappresentare che approda a disegni dai nitidi contorni e di emblematica pulizia, caratterizzati da finezza e comprensibilità. Nicco, secondo Faeti, oltre ad essere studioso molto attento della storia dei costumi, non si è piegato alle esigenze del testo, ha rivisto le storie e rivisitato i luoghi, tanto da essere sempre “coautore” dei libri che ha illustrato.

Da uno dei biglietti inviati a Michele Cane ho appreso il suo indirizzo a Torino, in via Roccapiatta n. 4, oggi via Eusebio Garizio. E proprio da un biglietto dell’8 dicembre 1939, emerge la figura di un solerte e operoso “artigiano”, conscio dei suoi doveri. Nicco lamenta infatti di essere stato poco bene e perciò «…ora ho molto da fare essendo in ritardo con i lavori e così devo mettere a posto il tempo che ho perso in letto».

Nicco ha lavorato anche in molti altri settori, che elenco un po’ alla rinfusa e sicuramente con molte dimenticanze: la pubblicità, ad es. con i cartelloni pubblicitari dell’Olio Fiat e della Merveilleuse, le illustrazioni commemorative e per i testi scolatici, le cartoline, le figurine Lavazza…

Ricordo il libro “Il romanzo della strada. Quattordicimila chilometri con le pattuglie volanti della Milizia Stradale”, di Attilio Crepas, illustrato da Nicco con splendide silhouettes di militi, di moto, di automobili.

Concludo con le belle parole scritte dal professor Bordone nel 1991 e ancora attuali: «… ritengo opportuna la rivalutazione di personaggi che tanto hanno inciso sull’immaginario collettivo di più generazioni e che, al tempo stesso, sono in grado di restituirci intatto quel clima fecondo ed esaltante di una Torino irrimediabilmente scomparsa».

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 06/01/2015