Volontarie italiane in Siria: si dia la precedenza ai marò

Le due ragazze partite volontariamente, lo Stato non finanzi i terroristi

Dopo un periodo di silenzio, in cui non sono trapelate informazioni di alcun tipo, la stampa italiana da alcuni giorni ha ripreso a parlare di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due ragazze lombarde rapite in Siria nell’estate del 2014. Se ne è tornato a parlare a seguito della divulgazione di un video pubblicato sul profilo Twitter di un giornalista arabo, che ritrae le due ragazze velate e con un cartello che riporta la data mercoledì 17 dicembre 2014 e in cui spiegano sostanzialmente di essere in pericolo di vita e affermano che vogliono essere riportate a casa entro Natale. Il Natale è passato e le due ragazze sono ancora lì.

Ovviamente le campagne mediatiche e di sensibilizzazione portano il pubblico a chiedere a gran voce che lo Stato italiano riporti le protagoniste di questa sfortunata vicenda al più presto in Italia, e anche la Farnesina ha fatto sapere che ci sta lavorando.

La presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, ha chiesto alla stampa un “silenzio responsabile”. Il silenzio che chiede lei, che qualche mese fa ha detto che le vere vittime dei conflitti nei Paesi arabi non sono gli occidentali ma i musulmani stessi, è quel silenzio che dovrebbe impedire ai giornali di scrivere che il nostro governo sta scendendo a patti con i terroristi islamici e di dire, o anche solo provare a indovinare, quale cifra si pagherà ai rapitori e in quante armi, munizioni e, di conseguenza, in quante vittime si trasformeranno i soldi pagati per il riscatto. Lady Censura non vuole che si sappia che il governo di Renzi aiuta i terroristi a compiere le stragi con le loro generose donazioni.

Al di là dell’aspetto economico, che non è da sottovalutare perché veramente pagare il riscatto vuol dire regalare armamenti ai terroristi, c’è anche da valutare nel merito i motivi del recupero delle due ragazze, e per farlo bisogna tornare indietro, a quando Greta e Vanessa sono partite volontariamente per la Siria. Le ragazze sono fondatrici del “Progetto Horryaty – Iniziativa di solidarietà per la Siria” che le ha portate lì per fornire aiuti umanitari ricevendo in cambio mesi di prigionia.

Però è da sottolineare il fatto che esse si siano recate volontariamente in un territorio che non ha sicuramente una realtà politica rassicurante, eppure essendo maggiorenni vi si sono recate di loro spontanea iniziativa, mettendo deliberatamente e consapevolmente le loro vite in pericolo. È assurdo che adesso dicano che il governo ne è responsabile. È come se un automobilista si sganciasse la cintura, si lanciasse volontariamente contro un muro a tutta velocità e una volta arrivato in ospedale dicesse che il governo è responsabile del suo folle gesto.

Non si può costringere uno Stato a trattare con i terroristi solo perché due persone hanno deciso di giocare a salvare il mondo in un territorio in guerra, come se in Italia non ci fosse bisogno di volontari che aiutino i poveri o i bambini che non hanno una famiglia. Prima di partire le ragazze non hanno stipulato un patto con il Ministero degli Esteri in cui si diceva che l’Italia è responsabile in caso di incidente, sono partite e basta, non possono ora delegare le conseguenze della loro decisione di andare in veste privata a fare le cooperanti.

Uno Stato che non riesce a chiudere la vicenda dei due marò trattenuti in India che facevano il loro dovere, che indossavano una divisa e che lavoravano per lo Stato italiano e sui quali, in questo caso, il governo ha la responsabilità di tutelare le loro vite, non può e non deve dare la priorità alla liberazione delle due ragazze e soprattutto non può e non deve finanziare gli atti terroristici con il pagamento del riscatto.

Bisogna mettere delle regole precise che impediscano di partire verso Paesi in guerra o politicamente instabili a meno che le persone coinvolte non firmino una liberatoria in cui si specifica, nero su bianco, che le persone lasciano il Paese in veste privata e in maniera volontaria senza ritenere lo Stato responsabile per le proprie scelte e le proprie vite. Infatti è inammissibile che il governo e il Ministero degli Esteri, che dovrebbero essere impegnati giorno e notte per recuperare i propri soldati che facevano il loro dovere al servizio della patria, perdano tempo rimediando agli errori provocati da scelte inconsulte di due ragazze.

Ognuno sia responsabile delle proprie decisioni e delle proprie azioni, basta con l’usanza di ritenere proprio baby-sitter lo Stato, e la Boldrini non speri che la stampa sia collaborativa nell’occultare il finanziamento al terrorismo che opererà il suo governo.

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Articolo pubblicato il 08/01/2015