Pegida: Patriotische Europaer Geger die Islamisierung des Abendlandes

Nascita di un movimento spontaneo e dirompente in Germania

 La Storia c’insegna e documenta che, quando i cittadini avvertono disagi nell’espressione delle loro identità o soprusi da parte di coloro che, con metodi spicci e persistenti, minacciano le loro sovranità, non si sentono limitati o impauriti dalla democrazia coercitiva o dai principi sanciti dalle Carte Costituzionali. 

Il peloso buonismo dei governanti stenta così a frenare la protesta e il desiderio di rivendicare ciò che, in nome del politically correct o a norme percepite come sorpassate, è precluso.

E’ avvenuto per l’anelito alla frantumazione o dissociazione dagli Stati Nazionali negli ultimi 25 anni, in Scozia, Catalogna, Belgio, Slovacchia e nelle regioni del Nord Italia, Veneto e Lombardia principalmente, ove il desiderio d’indipendenza, rispetto al potere centrale, con connotazioni diverse, sta procedendo, pur tra le mille difficoltà rappresentate da una legislazione avversa al principio di autodeterminazione dei popoli e all’autonomia.

L’altro fenomeno che sta creando serie difficoltà in diversi Paesi d’Europa è rappresentato dall’immigrazione selvaggia e incontrollata, in particolare di provenienza islamica.

Ogni Paese rappresenta aspetti differenti. In Italia, la speculazione delittuosa emersa nell’inchiesta romana in materia di assistenza ai profughi provenienti dall’Africa, con la connivenza di fatto della politica, ha passato il segno della sopportazione e della decenza.

Appare maggiormente evidente il contrasto tra gli italiani in povertà, derivata principalmente dalla crisi economica ed occupazionale, i privi di risorse ed assistenza e gli stanziamenti generosi erogati a favore degli immigrati clandestini e pseudo profughi che, oltretutto devastano locali e infrastruttura nelle quali vengono generosamente ospitati e disprezzano quanto è loro concesso.

 Per non parlare degli episodi delittuosi che ogni giorno costellano le cronache. L’altro aspetto ripugnante è dovuto alla supina condiscendenza verso l’Islam che anima le decisioni di autorità scolastiche e politiche che rifiutano di organizzare momenti d’incontro e formativi sul tema del Natale e delle Festività e simboli religiosi che fanno parte della nostra cultura e delle nostre radici, per non turbare la suscettibilità di alunni mussulmani ormai divenuti arbitri delle nostre scelte.

In Germania ove, causa la forte immigrazione proveniente dalla Turchia, la presenza mussulmana è ormai consolidata, dalle proteste di cittadini e gruppi, si sta passando ai fatti.

A Dresda, da ottobre tutti i lunedì migliaia di cittadini si riuniscono per manifestare a favore dell'identità tedesca e contro l'islamizzazione dell'Europa. Sono i membri di Pegida, acronimo di Patriotische Europäer Gegen die Islamisierung des Abendlandes, movimento nato sui social per volontà di un piccolo commerciante di Dresda, Lutz Bachmann.

Da oltre tre mesi costoro sono riusciti a portare in piazza da 500 a 20mila persone. E soprattutto a scardinare gli schemi mentali che hanno caratterizzato la Germania negli ultimi 70 anni. Pegida parla espressamente d’identità nazionale ed europea, lotta all'immigrazione irregolare e all'islamizzazione che le comunità straniere, soprattutto quella turca, stanno portando avanti in spregio alla tanto decantata integrazione culturale di cui il governo di Berlino si è fatta vanto.

Nessuna paura ad essere attaccati ed etichettati come neonazisti o revanscisti. Perché a muoverli, stando al loro manifesto, non è il passato o la sindrome della sconfitta, ma la cultura occidentale oltre ad un’accesa polemica, non tanto nei confronti dell'Islam in sé, quanto delle nazioni europee e della loro incapacità di preservare non solo i meccanismi democratici ma pure la loro identità religiosa e culturale.

I nostalgici del Terzo Reich non sono i benvenuti dei raduni del lunedì, anzi. Nei loro manifesti appesi sui muri di Dresda si vede chiaramente una svastica finita nel cestino della spazzatura. Non per questo Pegida ha ricevuto durissimi attacchi sia da parte del mondo politico e religioso.

 L'ex cancelliere Schroeder ha invocato una “sollevazione degli onesti” mentre il portavoce della Comunità ebraica tedesca, Josef Schuster ha bollato come “estremamente pericolosa” la mobilitazione di piazza a Dresda. Ma le parole di biasimo e di condanna sembrano in ribasso dopo che lo scrittore Harald Martenstein ha invitato la stampa e le elite tedesche a smetterla nel rievocare continuamente ed eccessivamente le tragedie del Novecento, ponendo in questo modo dei freni alla libertà di espressione e di opinione.

Anche perché più che ad Adolf Hitler, Pegida sembra rapportarsi a Oriana Fallaci e alla sua difesa delle radici giudaico-cristiane dell'Europa. “Il problema è che la comunità turca e araba in generale ha prodotto una sorta di repulsione nei confronti dell'integrazione che ha partorito fenomeni di integralismo islamico anche tra le seconde e terze generazioni di immigrati” spiega Luca Steinmann, giornalista di Die Welt e attento osservatore di Pegida. “La gente che si ritrova a Dresda come a Kassel e a Bonn si chiede come sia possibile che ronde della Sharia possano gironzolare per le strade a propagandare il Corano mentre il tedesco non possa altrettanto manifestare la propria cultura o religione senza per questo essere accusato di collusione coi fantasmi del passato.

Nel programma di Pegida, sintetizzato in un documento di 19 punti, si mette in chiaro, già al punto 1: “Siamo per l'accoglienza di rifugiati provenienti da paesi in guerra o perseguitati per motivi politici e religiosi. Questo è un dovere umanitario.” Segue una serie di richieste in materia di diritto di asilo: leggi più severe, partecipazione diretta dei cittadini attraverso referendum secondo il modello svizzero (dove all'inizio dell´anno era passato il referendum contro l'immigrazione di massa), lo smantellamento dei centri di accoglienza per gli immigrati che devono essere distribuiti in modo “decentrale” e interventi decisi contro le cosiddette “società parallele”, ovvero i quartieri in cui gli stranieri, soprattutto di fede musulmana, vivono quasi del tutto separati dal resto della società.

Pegida nasce da quel sentimento cittadino che invidia ai turchi la libertà di potersi dire fieri delle proprie origini, cosa che invece per un tedesco è sconveniente fare. Il punto semmai da chiarire è a quale identità facciano riferimento gli organizzatori e quali possibilità di sviluppo possa avere nel futuro.

 L’attenzione al fenomeno identitario e alla formula dello spontaneismo di piazza, in Italia è, per il momento, prerogativa della Lega Nord per voce del capogruppo al Parlamento europeo Lorenzo Fontana: “La polemica di Pegida è rivolta in ultima istanza alla tendenza occidentale di contrapporre identità e democrazia, il che ovviamente è devastante e improponibile. E' importante che questo fenomeno avvenga in Germania dove l'immigrazione irregolare e l'islamismo sono voci importanti di un disagio sociale e politico. Pegida è la nuova Europa che sorge. Quella che noi portiamo avanti sia in Italia sia a Strasburgo”.

«Ovvio che accogliamo le persone che cercano di salvarsi»: nel suo discorso di fine anno, Angela Merkel ha difeso la linea del governo tedesco sugli immigrati e ha usato toni inusitatamente duri contro gli anti islamisti di Pegida, senza mai citarli. In «quelle manifestazioni» ha sottolineato la cancelliera, vengono anche scanditi slogan rubati alla rivoluzione pacifica che portò 25 anni fa alla caduta del muro di Berlino come «noi siamo il popolo». Ebbene, per Merkel, cresciuta dietro la Cortina di ferro, «quello che intendono veramente è: voi non ne fate parte - per il colore della vostra pelle o per la vostra religione». E «nei loro cuori albergano troppo spesso i pregiudizi, la freddezza, sì, addirittura l’odio».

Con buona pace della Cancelliera, con lo sguardo ed il riferimento all’Europa dei Popoli, quale quadro si disegnerà nel 2015, tra povertà, soprusi, diseguaglianze e mire inconfessabili di poteri sovranazionali, caldeggiate o supportate della vecchia politica? L’anelito alla sovranità popolare ed all’identità che serpeggia ormai in ogni Paese, potrà trovare una sponda sicura e disegnare un nuovo percorso affermativo?

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 04/01/2015