Contro un muro

A Palazzo Paesana e a San Pietro in Vincoli, prosegue la mostra “criptica” di Sven Marquardt, fotografo clandestino a Berlino Est

Another brick out the wall. Mentre va spegnendosi il 2014, in cui si è commemorata la caduta, mattone per mattone, del Muro di Berlino (in assonanza con la wagneriana-nietzschiana e all'incirca viscontiana Götterdämmerung, cioè Crepuscolo degli Dei, che dà il titolo all’evento), continua - dallo scorso 9 novembre d’anniversario, sino al prossimo 12 gennaio 2015 - l’originale mostra di Sven Marquardt, “criptica” non solo perché è collocata, pur senza esservi traslata o riposarci in pace, nelle cappelle sotterranee dell’ex cimitero degli impiccati, San Pietro in Vincoli, dov'era sepolta la misteriosa Dama Velata, oltre che nelle sale dell’appartamento padronale di Palazzo Saluzzo Paesana, a Torino, ma anche per il temperamento e la storia personale-professionale dell’autore, piuttosto underground, per l’appunto. Da fotografo semiclandestino nella capitale germanica divisa proprio dal doppio Antifaschistischer Schutzwall (Argine Antifascista), eretto dai sovietici per “proteggere” la Repubblica Democratica Tedesca socialista dall’“aggressione” capitalista di quella Federale filoamericana, egli si trova ad essere oggi, dopo la riunificazione del Paese, un “protagonista indiscusso della scena culturale ‘alternativa’ della città”, tra le più cosmopolite, magmatiche e creativamente stimolanti d’Europa, e “front-man del celebre Club Berghain”, come specifica il testo introduttivo all’esposizione. Reporter della straordinaria ordinarietà che lo circonda, egli perlustra ed illustra in incognito le zone meno esplorate di un panorama umano abitato da gente diversamente emarginata, fauna urbana probabilmente condannata all’estinzione d’identità nell’èra dell'implacabile globalizzazione, per mimetizzarsi in masse o folle omologate, sempre meglio influenzabili, condizionabili, governabili.

Tra il 1961 e il 1989, data di apertura dei varchi d’accesso all’Ovest, da dietro la cosiddetta Cortina di Ferro (quando i metalli significavano davvero qualcosa, se si pensa, ad esempio, a certi sciagurati patti d’acciaio), nell’humus brulicante nascosto dalla superficie di permanente falsa stasi, sia intesa nel senso di immobilismo sia della sigla del famigerato servizio segreto descritto nel film Le vite degli altri (2006) di Florian Donnersmarck, pullulava l’esistenza-resistenza quotidiana, il lavoro e l'ozio, l’impegno ideal-intellettuale, nonché la ricerca di piacere e divertimento, o semplice distrazione, di chi - non essendo riuscito o non avendo voluto scappare “di là”, superando le rischiose barriere sorvegliate dai micidiali vopos di guardia lungo il perimetro - ostinatamente non si arrendeva al conformismo e s’inventava nuovi modi creativi di sbarcare il lunario e concepire il Mondo, che la filosofia teutonica denomina pomposamente Weltanschauung.

Quivi il giovane Sven, berlinerossi” (così gli occidentali ricchi avrebbero poi etichettato i parenti poveri orientali), nato nel 1962, collega-allievo di Rudolf Schäfer alla DeFA (Deutsche Film-Aktiengesellschaft, l’Ente Cinema Statale della DDR), ben prima di dedicarsi ai patinati set di posa per l’industria consumistica per eccellenza, il fashion, scrutava, "spiava", intrappolava, raccoglieva e rispecchiava con lo strumento ottico del suo obbiettivo acchiappasogni tali momenti banali od epocali, spontanei o recitati, fra ricordi, esperienze, fantasie e avvenimenti reali, spesso tramutati dagli scatti dell’otturatore in maschere sfigurate, dissacranti idoli, miti, leggende impressionanti, impressionate su pelle e pellicola, naturalmente, entro un teatro decostruito e ricostruito, privo di quinte e sipario, che palesa con empatica ironia davanti allo “spettatore-voyeur” lo scorcio o squarcio di un inaspettato “microcosmo atemporale, in cui i soggetti ritratti e le atmosfere evocative uniscono (o annullano) le dimensioni diacroniche, offrendosi a volte in un’ostentata e impudica intimità ammiccante”, immagini immortalate in bianco-e-nero, che non passano inosservate, di forte impatto, quanto un colpo di pistola, magari però meditabonde (forse nostalgiche?) e grottesche, sovente strane, addirittura un po’ freak, alla Tod Browning, non di rado allucinate, al limite, quasi fossero ideate, lucrezianamente, per intervalla insaniae. Liberatorie. Paradosso al parossismo?

      

Sven Marquardt

"Götterdämmerung

Il Crepuscolo degli Dei"

Mostra fotografica personale

a cura di Enrico Debandi e Eugenio Viola

 

Fino al 12 gennaio 2015


Palazzo Saluzzo Paesana

Appartamento padronale

Via della Consolata, 1 bis – Torino

 

Cripte dell'ex Cimitero di San Pietro in Vincoli

Via S. Pietro in Vincoli, 28 – Torino

 

Info: 347-0103021

 

www.palazzosaluzzopaesana.it/eventi/svenmarquardt


 

per le immagini © S. Marquardt / Berghain / Skira

© Palazzo Nobiliare Srl.

 

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Articolo pubblicato il 31/12/2014