Se crolla la Russia addio a ogni sogno di ripresa

Export, banche, turismo, finanza: 11 motivi per evitare nuove sanzioni e tendere una mano a Putin

Fonte: Linkiesta.it

“Più sessantasei per cento: la crescita del made in Italy in Russia non conosce fine”. Avremmo potuto immaginarlo così, un titolo nel 2013: sarebbe stato enfatico ma veritiero. Un anno dopo tutti i quotidiani parlano delle ferite delle aziende italiane, in tutti i comparti, che si rapportano con la Federazione russa. Tra un anno i titoli potrebbero essere decisamente più drammatici, se nel frattempo non si sarà sentita una frase come quel “todos somos americanos”, che ha sancito la normalizzazione dei rapporti tra Usa e Cuba, dopo 50 anni di sanzioni che il presidente Obama ha definito semplicemente inefficaci. Che l’Ue - se non gli Usa - riesca a pronunciare un “todos somos europeos” assieme a Putin non è scontato e non dipende solo dai leader dell’Unione.

Ma è un punto di partenza un’altra frase, quell’“assolutamente no” di Matteo Renzi riferito a nuove sanzioni da parte europea durante l’ultimo vertice europeo del semestre a guida italiana. Nelle stesse ore Romano Prodi visitava Vladimir Putin a Mosca, una mossa certamente concordata nell’incontro avuto un paio di giorni prima con Renzi a Palazzo Chigi. L’Unione europea è spaccata, con la Germania che difende i suoi vicini dell’Est, Polonia in testa, che in questi anni hanno appoggiato fedelmente Berlino e che vedono l’espansionismo russo come una minaccia rinnovata alla propria sovranità.

Nella guerra di interessi che precederà le decisioni europee di gennaio sulle nuove sanzioni, sarà bene interrogarsi su come lasciare aperta una porta a Putin e permettergli di fare un passo indietro sulle pretese sul Donbass pur salvando la faccia. Perché una Russia in ginocchio, con il prezzo del petrolio così basso da far saltare la bilancia commerciale, il rublo dal valore dimezzato rispetto a euro e dollaro e la morsa delle sanzioni non conviene all’Europa. Né alla Germania, che ha 20 miliardi di crediti verso Mosca, né all’Italia, che in questo momento ha tutto da perdere. Già la discesa del Pil attesa per il 2014 ha molto a che fare con Mosca. Come ha spiegato il recente rapporto annuale del Centro Einaudi sull’economia italiana, i fili d’erba della ripresa che si vedevano nei primi mesi dell’anno sono stati falciati dalla brusca delusione dell’export, a sua volta fortemente condizionata dalla crisi in Ucraina.

Con la domanda interna che non dà segni di ripresa, la variabile export sarà ancora una volta la chiave per agganciare o vedersi allontanare la ripresa. Per rendersi conto sia importante, in questo contesto, la soluzione della vicenda russa - basta mettere in fila un po’ di dati. 

 

EXPORT

1) 1,5 miliardi di euro: sarà il calo delle esportazioni italiane in Russia del 2014, secondo la stima di Riccardo Monti, presidente dell’Ice (Istituto per il commercio estero). 

MODA

2) -50%: è la caduta che secondo Claudio Marenzi, presidente del Sistema Moda Italia, rischia di avere il sell-in di prodotti italiani del settore della moda in Russia nel 2015. Nei primi dieci mesi dell’anno i “prodotti tessili e dell’abbigliamento, pelli e accessori” hanno visto ridurre le esportazioni verso la Russia del 15,2 per cento (Istat). Nonostante il calo, da gennaio a ottobre l’export ha pesato per 1,7 miliardi, di cui circa 1 miliardo per abbigliamento, 576 milioni per articoli in pelle e simili e 145 milioni per altri prodotti tessili.

CALZATURE

3) -20%: il calo dell’occupazione nelle nostre imprese che producono calzature, paventato da Cleto Sagripanti, presidente di Assocalzaturifici, se la situazione non migliora entro gennaio (Sole 24 Ore). Le calzature nei primi dieci mesi dell’anno hanno visto le esportazioni verso la Russia scendere del 25%, poco meno di articoli in pelle (-22%) e abbigliamento (-12,3%). I mobili scendono del 7,5%, ma molti operatori, come in altri comparti, si sono fortemente specializzati nel solo mercato russo, data la peculiarità del mercato e la necessaria preparazione per superare burocrazia e altri ostacoli in Russia. 

MECCANICA

4) 2,33 miliardi di euro: il valore dell’export delle imprese di meccanica italiana in Russia tra gennaio e ottobre 2014 (Istat). È la prima voce per peso tra le esportazioni. Si tratta di macchinari che tipicamente forniscono l’industria pesante russa, a partire dall’oil & gas. La machinery è uno dei pochissimi settori industriali che sta andando bene in Italia. Finora il calo dell’export è stato solo del 2,8%, ma una persistenza del calo del petrolio e del rublo le mettono a rischio.

5) 165 milioni di euro: la perdita stimata dei solo prodotti agroalimentari italiani colpiti dal blocco delle importazioni in Russia. L’industria alimentare italiana valeva nel 2013 560 milioni di euro (+24% rispetto all’anno prima). Il rischio è che anche dopo la fine dell’embargo non sia più possibile tornare a ottenere gli spazi occupati da nuovi fornitori, di “Paesi amici” della Russia. 

6) 1,328 miliardi di euro: la spesa turistica dei russi in Italia nel 2013 (Banca d’Italia, Mibact), con 7,8 milioni di presenze (ossia notti trascorse dei turisti arrivati) e un 1 milione e 88mila arrivi. Nel 2013 c’era stato un aumento dell’11,5% rispetto al 2012. Nel 2014 la musica è stata diversa: l’estate, secondo Renzo Iorio, presidente di Federturismo, ha visto una discesa flussi provenienti dalla Russia del 20% circa. Secondo Bernabò bocca, presidente di Federalberghi, a ottobre e novembre Milano è stata una delle città più colpite dalla defezione dei russi e per il 2015 si stima un ulteriore calo del 10 per cento. Alla faccia dell’Expo. 

7) -12%: il calo della spesa per acquisti tax free dei turisti russi in Italia nei primi nove mesi del 2014, secondo Global Blue. I cali più marcati sono stati a Milano (-13%) e a Roma (-17%). La spesa media giornaliera nel 2013 si era attestata a 170 euro, superiore del 65 per cento alla spesa media generale degli altri turisti stranieri in Italia (Istat).

8) +17%: l’aumento del costo dei biglietti in Russia verso l’estero rispetto all’anno scorso, secondo la società Biletix. L’agenzia Pososhok stima che la caduta del rublo farà lievitare i prezzi della biglietteria internazionale del 25-30% a dicembre.

9) 29 miliardi di dollari: l’esposizione delle banche italiane verso la Russia, alla fine di giugno, secondo i dati della Banca dei regolamenti internazionali (Bri). Solo la Francia è più esposta di noi, con 50,6 miliardi di dollari. Non è un caso che oltre a Renzi, a chiedere con forza di non procedere con ulteriori sanzioni europee sia stato il presidente francese Hollande. Seguono i gruppi bancari di Usa (23 miliardi) e Giappone (19 miliardi di dollari). UniCredit è la banca italiana più presente nel Paese, con 107 filiali, un milione e mezzo di clienti retail, 31.400 clienti corporate e 3.700 dipendenti. Intesa Sanpaolo ha una controllata russa nata nel gennaio 2010 dalla fusione di Zao Banca Intesa e Kmb Bank. È presente in 25 regioni della Federazione Russa con circa 70 filiali e attivi per 1,7 miliardi di euro. I pericoli si avrebbero se una banca locale avesse una crisi di liquidità. 

FINANZA

10) 552 milioni di euro: i soldi investiti nel maggio 2014 da Rosfnet per il 50% di Camfin, principale azionista di Pirelli, con il 26,2 per cento. Rosfnet è la maggiore impresa petrolifera russa, da 102 miliardi di dollari di fatturato. È al 70% del Cremlino e ha acquistato all’asta le attività della Yukos, dopo l’arresto (durato 10 anni, fino all’amnistia del 2013) di Michail Chodorkovskij. La Rosfnet ha il 20,99% di Saras, la società di raffinazione del petrolio della famiglia Moratti. Si è a lungo parlato di un interesse del colosso petrolifero per Saipem, gruppo Eni. Igor Sechin, ceo di Rosfnet, a fine ottobre ha dichiarato che il prezzo del petrolio è destinato a salire a 100 dollari al barile entro due anni e che le attività in Italia non avrebbero risentito del calo del greggio. 

11) 2,4%: è il peso delle esportazioni verso la Russia sul totale, vale a dire circa 8 miliardi di euro su 311. La Germania ne vale 42 e la Francia 35. Le proporzioni vanno dunque tenute presenti. Ma sottovalutando le conseguenze politiche ed economiche di una crisi profonda e duratura della Russia potremmo solo pentircene.

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Articolo pubblicato il 20/12/2014