Crollo del prezzo del petrolio: disgrazia o opportunità?

L’ultimo affondo di Putin: NO al gasdotto South Stream

Nel nostro articolo del 12 novembre scorso “ Di quale ripresa stiamo parlando”, accennavamo all’importanza strategica del gasdotto TAP che dal 2020 potrà portare in Italia e in Europa da un minimo di 10 Mld. di metri cubi di gas anno, collegandosi al Tanap dell’ Azerbajian, attraversando con un tracciato di 800 chilometri, Turchia, Grecia, Albania e mare adriatico, arrivando nel Salento dove si collegherà alla rete della SNAM.

Un’opera voluta da tutti i nostri governi, che permetterà di diversificare le fonti energetiche oggi assai vincolate alla Russia.  

Il crollo del prezzo del petrolio con il Wti che ha sfiorato i 63,70 US$ ha innescato uno tsunami di azioni, correlazioni , decisioni politiche ed  economiche e ricatti quali non si vedevano da decenni nelle relazioni internazionali.

Il fatto più sensazionale è stato l’annuncio da parte di Putin di annullare il progetto del gasdotto South Stream per portare il gas russo in Europa, attraverso la Turchia, la Bulgaria, l’Ungheria e l’Austria. Questa non è una cattiva notizia per i Paesi Europei già scettici per vari motivi su questa opera ed è invece una buona notizia per l’Italia che come terminale del futuro Tap potrebbe aspirare a diventare l’hub mediterraneo del metano, sempre che si proceda alacremente al piano di costruzione dei gassificatori e soprattutto si blocchino i soliti NO alle grandi opere.

Se vogliamo vedere un risvolto negativo, questo riguarda le due aziende italiane impegnate nei primi lavori del South Stream, Eni e Saipem che però dovrebbero essere garantite dalle penali previste dal contratto, per un eventuale annullamento.

Il forte ribasso del greggio ha ricadute importanti proprio per la vigente crisi economica, permettendo notevoli risparmi; per l’Italia vale l’ 1 % del PIL. Un aiuto in questo momento particolarmente gradito, non solo per il nostro Paese, visto che il Piano di Juncker per gli investimenti strategici, sbandierato per 315 miliardi di Euro, in realtà ha una dotazione certa di soli 5 miliardi, (vedasi il nostro articolo del 26 novembre ) mentre tutto il resto è ipotetico.

Certo però che se anziché costruire nuove carceri si depenalizzano i reati, favorendo la criminalità questa non è la via che il Governo Renzi deve perseguire per portarci fuori dalla gravissima crisi che pesa su tutti noi come una spada di Damocle.

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Articolo pubblicato il 03/12/2014