Il punto sulla situazione irlandese

A due anni dall'uscita della crisi, guardiamo i risultati delle riforme sul breve periodo, ed effettuiamo un confronto con il nostro paese

Quasi due anni fa, con immenso stupore, vi parlammo di come l’Irlanda, da membro dei “P.I.G.S.”, ovvero i paesi europei a maggior rischio default, fosse riuscita ad uscire dalla crisi attraverso tre provvedimenti: energie rinnovabili, nazionalizzazione delle banche e tassazione bassa sulle aziende. Inoltre avevamo auspicato dei provvedimenti simili per l’Italia, ma ad oggi non è stato fatto nemmeno l’1% dei lavori necessari all’attuazione di queste riforme; al contrario la pressione fiscale è aumentata, il livello di polveri sottili è tra i più alti d’Europa e le banche continuano a servire se stesse invece che il cittadino.

 

Prendendo atto che il nostro paese è ridotto all’osso, abbiamo fatto una serie di ricerche sull’attuale situazione irlandese, cercando di cogliere i risultati sul breve periodo delle riforme attuate nel 2013.

 

I dati parlano chiaro: a Settembre la crescita del PIL irlandese era addirittura superiore a quella cinese, segnando un +7,7%. Allo stesso tempo, la disoccupazione si attestava ormai sotto il 12%, le esportazioni erano cresciute del 13% e i consumi privati erano aumentati del 1,8%. Dati certamente incredibili, per un paese che fino a due anni fa era considerato più a rischio dell’Italia.

 

Nonostante l’abbandono del “double irish”, ovvero quel sistema che permetteva alle multinazionali di pagare meno tasse, difficilmente le aziende multinazionali lasceranno il paese, perché il ministro delle Finanze Noonan è già al lavoro per studiare nuove norme che facilitino la permanenza e l’ingresso di aziende (soprattutto hi-tech) nel paese. Tutto il contrario di ciò che accade nel nostro paese, dove, oltre a disinteressarsi della presenza o meno di aziende che porterebbero lavoro e soldi nelle casse dello stato, si fa di tutto per tassarle ancora di più (vedi il caso equo compenso o le proteste su più lati nei confronti di Google).

 

L’esempio irlandese continua quindi a fare scuola in tutta Europa. Contro l’austerity e contro l’eccessiva pressione fiscale, l’Irlanda dimostra come si può rendere un paese competitivo e in buona salute nonostante il debito pubblico alto. D’altronde lo stesso Keynes, in collaborazione con l’ex presidente degli USA Franklin Delano Roosevelt, dimostrò che la crescita era possibile anche e soprattutto con un debito pubblico alto.

 

L’Europa ha bisogno di una nuova epoca basata sullo stesso statalismo che trasformò la crisi del 29’ nel New Deal. Senza questa evoluzione difficilmente ci sarà un’uscita dal tunnel della recessione.

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Articolo pubblicato il 22/11/2014