Quando a Torino c'era Italia ‘61

Cronaca d’un momento indimenticabile e d’un triste epilogo. Viaggio tra i fantasmi e i ruderi di monumenti sepolti davanti agli occhi di tutti, aspettando le "mirabolanti" strutture in cartongesso della prossima Expo 2015 a Milano

Era il 1961 e Torino, simbolo d’un nuovo Risorgimento, icona del boom economico e del futuro luminoso prospettato dal Presidente Gronchi, rendeva onore ai 100 anni dell'Unità d'Italia, e la città s’arricchiva con l’omonima, moderna arteria. Agli occhi di chi lo rammenta allora, corso Unità d’Italia pareva una pista di velocità, spazio e luminosità. Sdraiato poco lontano dal letto sinuoso del Po, lo scorrevole nastro d'asfalto tagliava in due l’estensione del nuovissimo parco, nuova meta per un placido diversivo urbano. 

Il parco era un'oasi di verde distesa su 50 ha. di terreno regalato alla città da una grande bonifica. Su di esso era stato sviluppato il progetto "Expo 61", grande evento internazionale destinato ad essere accolto tra avveniristiche opere di architettura moderna e impianti turistici d’eccellenza e d’avanguardia.

L'edificio più imponente era il palazzo delle Nazioni. Accoglieva 18 paesi stranieri e l'eccellenza industriale italiana, uniti nella genesi d’una nuova era di ottimismo e di prosperità, vetrina universale dello sviluppo tecnologico.

Il progetto, Opera di Pier Luigi e Antonio Nervi, era un maestoso edificio reso leggero da un eccelso impiego di superfici vetrate e da luminosi spazi interni sostenuti da ardite colonne, le più alte del mondo.

Il palazzo risolveva un enorme problema statico coniugando elementi strutturali dell'arte classica con materiali contemporanei, consegnandoci in eredità un monumento unico nella sua matematica, filosofica bellezza.

Risalendo il parco, il funambolico Palazzo delle Manifestazioni, noto come Palavela per la sua avveniristica cupola tripode, pareva sorgere dalla terra.

Il progetto, distinto da un’ampia volta che realizzava il sogno architettonico d’un ampio spazio privo d’ingombri, accoglieva, tra l'altro, il sistema di proiezione "cinerama", ipnotico campo visivo a 360° che, in grandi e piccini, lasciò un ricordo indelebile di spazialità ancora raro ai nostri giorni.

Uscendo dal Palavela si valicava il lago artificiale sulla monorotaia, leggendario treno sospeso, bellissimo nella sua modernità. Era un primo, breve tratto, che lasciava ipotizzare il seguito d’una metropolitana a cielo aperto lungo la città.

La città in festa si poteva ammirare attraversando il Po sulle cabine dell’ovovia che, come magici palloni colorati sospesi nel vuoto, trasportavano il turista fino a Parco Europa, terrazzo sulla metropoli adagiato sulla collina di Cavoretto, e poi, si visitava circolando sui nuovi autobus a due piani, eleganti  automezzi sui quali si faceva a gara per un sedile al livello superiore.

In quel magico 1961, il nuovo parco dell’Expò ospitava altri padiglioni, monumenti, Luna Park e attracchi per motonavi che solcavano il fiume. Era  un centro lineare di rara e suggestiva vitalità che proseguiva fino al Valentino, al Borgo Medioevale e la grande rassegna floreale FLOR 61, dando ai 7 milioni di visitatori che in sei mesi videro Torino, l'idea d’una futuristica città.

Sono tanti i particolari d’un grande momento di sobria eleganza non solo architettonica, ma anche etica e comportamentale, impossibile elencarli tutti per questioni di spazio.

I reperti ancora rimasti, icone amareggiate di quella Expò fugace e dimenticata, giacciono tristi e quasi inutilizzati, poggiati sulla terra del parco, avvolti e nascosti da incolte sterpaglie. Le colonne di Nervi sostengono ancora il palazzo sventrato, umiliato e cadente. La monorotaia è un ricordo sbiadito negli occhi di chi la vide vivere e poi morire. L’ovovia sembrerebbe non essere esistita mai, di lei rimane la sgretolata stazione d'arrivo, lassù sulla collina, al di là del fiume.

Non è una ricorrenza che porta a ricordare quel momento. Forse non esiste un vero motivo se non una nostalgica memoria di ciò che era Torino poco tempo fa, e di quello che avrebbe potuto essere se....

Sulle ragioni dell'abbandono, i motivi riferiti sono tanti, i soliti: bilancio, burocrazia, scelte politiche, italianità. Le certezze: il degrado, lo spreco, un qualcosa che fu e non ritornerà.

Da sempre, l'architettura, madre di tutte le arti, è stata traccia della civiltà d’un popolo e in quel momento di 53 anni fa, l'Italia, fresca Repubblica fondata sul lavoro, dava ben altra immagine di sé. I fantasmi diroccati che s’affacciano sul traffico frenetico di corso Unità d'Italia, sono il monumento all'andare delle cose in questa Patria d’illusioni tradite.

I ruderi morenti  narrano di un'opportunità dispersa nei giochi di potere, nelle sudditanze, nel dilapidare collettivo e nei palazzi delle ciance ad alto costo e basso rendimento. L'anno prossimo toccherà a Milano e le voci non brillano.

Di quella Torino, vanto d'architettura e modernità, restano il corso, il parco e un Palavela sfasciato da Gaetana Aulenti, architetto prediletta dall'avvocato Agnelli. Forse il budget delle Olimpiadi non concedeva di meglio che stravolgerlo in ombrello per cubetti? Tempo perso il perder tempo in “forse e ma”. È la realtà che parla con le lacrime agli occhi. L’Expò 61 fu un bel momento in Patria sbagliata. Mentre qua e là nell'Europa che arranca, le città vivono nuova gloria artistica, Torino fa il lifting al centro storico e concede il suo romantico profilo ad anacronistici, nuovi grattacieli, simboli del potere concentrato nelle mani di pochi. 

Insieme al riformismo di Gronchi, anche Italia 61 vide spegnersi in fretta le sue splendide luci, ricordo d’un momento celebrato senza radici. Non è un Paese questo da ritenersi ancora unito, disperso nelle sue ancestrali origini di provincialismo stolto e spesso, disonesto. Oggi l'Italia è unita intorno ai mali da se stessa generati e patteggia accordi per un Risorgimento utopico col teatrino delle tante, vuote parole d’un blando futuro ormai europeo, non più italiano, mai più luminoso di quel che fu per un po' a Torino.

 

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Articolo pubblicato il 16/11/2014