Da Comunità Montane ad unione di Comuni

Il dubbio: proliferazione o riduzione?

Giunge puntuale la denuncia–riflessione del dr. A. Cravioglio, (esperto di economia e finanza pubblica) in merito al fantomatico riordino delle Comunità Montane della Regione Piemonte.

L’ Autore evidenzia con pacatezza e rigore l’inadeguatezza, l’incapacità, il distacco dalla realtà nell’ analisi dei parametri socio economici della “Politica”, che dovrebbe fare le scelte necessarie ed utili per raggiungere l’obiettivo ineludibile della semplificazione delle Comunità Montane (e non solo) e della relativa riduzione della spesa.

I fatti purtroppo sembrano confermare il contrario: invece di semplificare, subdolamente si attua una irrazionale proliferazione dell’ordinamento istituzionale, confermando che la “Casta Politicante” perde il pelo ma non il vizio.

Nella gravità della attuale situazione economico-finanziaria, dei drammatici bilanci dello Stato, della necessità di ridurre la spesa pubblica per rilanciare l’ attività industriale e creare occupazione, questi esempi di decisioni “fuori posto”, provocano la rabbiosa reazione di quella parte dell’ opinione pubblica che ha ancora la forza di indignarsi.

La cinica e squallida coscienza della “Casta Politicante” invece spera ancora nella infinita rassegnazione di quella maggioranza silenziosa  che viene identificata nella categoria del  “ paga pantalone”, ma anche per questa sta per scoccare l’ ora del “Quousque tandem, Catilina, abutere  patientia nostra?“ di Ciceroniana memoria. Auspichiamo che questo avvenga presto.

Buona lettura.

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DA COMUNITA' MONTANE AD UNIONI DI COMUNI: PROLIFERARE ANZICHE' RIDURRE!

 

E' probabile che tutti i nostri lettori sappiano che nell'ambito delle semplificazioni istituzionali e delle riduzioni di spese a cui tutti siamo chiamati per "salvare il salvabile" dei nostri martoriati conti pubblici, le Comunità montane sono state abolite.

Non è questa la sede per argomentare se tali enti fossero di particolare utilità per i territori montani che possono avere, rispetto ad altri situati in zone meno disagiate, problemi peculiari; è certo però che il concetto di "montano" era stato talmente esteso da diventare assurdo, fino a ricomprendere comuni di pianura con qualche propaggine nei rilievi e persino ... comuni litoranei!

Come accade sovente in Italia quando è in gioco una qualche agevolazione fiscale o 'attribuzione di aiuti pubblici, si esasperano i concetti fino al punto in cui tutta l'impalcatura cade rovinosamente e trascina con sé anche coloro, purtroppo non molti, che cercano di operare con criteri di onestà ed efficienza.

D'altra parte, va anche detto che l'esistenza, fino a ieri, delle numerose province quali enti territoriali intermedi tra Regioni e Comuni, non giustificava - già all'epoca - la creazione di ulteriori enti (detti anche poltronifici), con tanto di cariche di vertice e di per-sonale, per gestire servizi locali che avrebbero potuto fare capo ad efficienti amministrazioni provinciali.

Ma se le Comunità sono scomparse, ecco subito affacciarsi le "Unioni di Comuni", entità che si delineano per venire incontro alle necessità di enti locali di piccole dimensioni in materia di servizi pubblici di vario genere (assistenza anziani, polizia locale, ecc.).

Come non sbalordire però quando si vedono  nascere, sulle ceneri di un certo numero di Comunità scomparse, un maggior numero di "Unioni", secondo quel fenomeno assai nefasto di proliferazione  che sembra essere vizio incorreggibile della nostra classe politica.

E come si vengono a definire queste novelle Unioni?

Vi raccontiamo un episodio emblematico, forse grottesco, che avviene in una zona della nostra provincia torinese (ora città metropolitana) che abbiamo sottoposto proprio di recente ad una ricerca analitica *, mettendo insieme le risultanze di cinquant'anni di censimenti demografici, economici e sociali, fino a tutto il 2012, soppesate con scrupolo ed assoluta indipendenza di giudizio.

La Stampa del 21 ottobre u.s. ci da notizia che nella parte superiore della Valle di Susa, dove operava una comunità montana già definita "alta valle", nascono due novelle Unioni, nonostante l'esortazione degli Assessori regionali, ed aggiungiamo noi anche del buon senso, a non frammentarsi ulteriormente in piccole  entità. Persino i redattori dell'articolo, che pure cercano di non prendere di punta le questioni dei sindaci laddove svolgono il loro lavoro, non nascondono la sorpresa.

Ma il fatto non è solo e non tanto nel numero, quanto nel merito delle aggregazioni, poiché non si riesce a comprendere in base a quali criteri abbiano tratto ispirazione i politici locali, tanto da fare una Unione tra Bardonecchia, Oulx, Salbertrand, Exilles, Chiomonte, Gravere, Meana, Giaglione e Moncenisio ( unione autodefinitasi "Alta Valle"), ben distinta da quella raggruppante Sestriere, Sauze d'Oulx, Cesana, Claviere e, perchè no, Pragelato in Val Chisone (autodefinitasi " Via Lattea").

Anche un turista affrettato capisce che dividere Sauze d'Oulx da Oulx, che inserire Giaglione e Moncenisio con Bardonecchia, che considerare "Alta montagna" Gravere e Meana (collegate con Bardonecchia), è frutto o di idee molto audaci e certo innovative, oppure semplicemente di disinvolte applicazioni dell'autonomia.

Se queste nuove "mappe" sono ardue da comprendere, assai più difficili da adattare sono le realtà demografiche, economiche e sociali che, come detto sopra, abbiamo rilevato, tra tassi di natalità, indici di vecchiaia, movimenti migratori, superfici ed occupazione agricola, attività industriale e terziaria, strutture pubbliche di sanità, istruzione e simili, e quant'altro offrono i laboriosi censimenti dell'ISTAT ed indagini consimili.

L'analisi, non certo infallibile ma sicuramente documentata, distingueva tra sette comuni di effettiva "alta valle" con indiscutibili realizzazioni turistiche e residenziali e nove di "media valle" (tra i quali certamente Novalesa e Venaus, ma non Meana), nei quali i problemi demografici, occupazionali ed esistenziali stanno diventando sempre più critici per una popolazione di età avanzata. Questi nove sono tutti essenzialmente gravi-

tanti (con la sola, parziale eccezione di Salbertrand) su Susa, capoluogo storico che è invece stato incluso, per motivi  sui quali è meglio tacere in questa sede, con comuni situati allo sbocco vallivo -come Avigliana, Almese, Villardora - chiaramente gravitanti su Rivoli e Torino.

Concludiamo per non tediare i lettori: è probabile che tra qualche anno tutta questa alzata di ingegno venga vanificata dalla crudezza degli insoddisfatti bisogni quotidiani delle genti locali, ma sarà comunque stata una costosa ed inutile perdita di tempo.

Come vorremmo che gli amministratori comunali  avessero la volontà di leggere ed analizzare almeno i numeri relativi ai loro territori, anziché disquisire di temi generici

e lontani sui quali poco sanno e ancor meno possono!

 

*Antonio Cravioglio: TERRITORIO, POPOLAZIONE, LAVORO. Ricerca sulle componenti demografiche ed economiche dei territori ad Ovest di Torino dal 1961 al 2012.

Lazzaretti editore,  anno 2014.

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Articolo pubblicato il 01/11/2014