Sherlock Holmes e la polizia scientifica

Studi di antropologia applicabili alle indagini poliziesche: orecchie, mani e testa

Sherlock Holmes ha personalmente condotto degli studi di antropologia applicabili alle indagini poliziesche. Più che sulle date presumibili in cui sarebbe avvenuta la loro pubblicazione, sempre basate su insicure cronologie holmesiane, li indichiamo con l’anno di presentazione ai lettori nei vari racconti.

 

Il primo studio di Sherlock Holmes si intitola “Sull’influenza di una determinata attività sulla forma delle mani” ed è ricordato ne “Il segno dei quattro” (1890). Dovrebbe essere stato pubblicato da Holmes negli anni Ottanta dell’Ottocento. Lui stesso dice che contiene riproduzioni delle mani di muratori, marinai, sugherai, tipografi, tessitori, tagliatori di diamanti. Queste immagini risultano di estremo interesse pratico per il poliziotto scientifico, specialmente quando ha a che fare con cadaveri di sconosciuti o bisogna scoprire i precedenti di persone incriminate.

Nella prima metà dell’Ottocento, il problema della identificazione personale, compresa quella dei cadaveri, venne affrontato in modo particolare dai medici legali. Uno di questi, il dottor Charles Emmanuel Sedillot, autore del testo “Medicina legale teorica e pratica”, nel 1840 indicò alcune categorie di contrassegni come macchie congenite, nevi, cicatrici ed anche i caratteri professionali, cioè le deformità e le callosità tipiche di alcune professioni (De Porcellinis e Camposano, 2000).

 

Secondo il criminologo francese Edmond Locard (1924) uno studio sulle deformazioni professionali delle mani, simile a quello descritto come opera di Holmes, era stata commissionata dal prefetto di polizia Lozé allo stesso Bertillon (Agostinis, 2000). Arthur Conan Doyle ne ha parlato probabilmente sulla base della sua formazione medica.

 

Due volte Holmes mette in pratica i suoi studi: «Dalle callosità delle sue mani deduco che ha scavato molto», dice al padre di Victor Trevor. Il racconto è collocato nel 1873 o nel 1874, quindi Holmes aveva appena iniziato le sue osservazioni, ancora inedite (“Il mistero della «Gloria Scott»”, 1893).

 

Holmes rileva poi che il signor Jabez Wilson, oltre ai capelli rossi, ha «La mano destra … molto più grossa di quella sinistra. Avendo lavorato di più con la destra, i muscoli di questa sono più sviluppati». Secondo Watson siamo nel 1890 e la monografia di Sherlock Holmes dovrebbe essere già apparsa (“La Lega dei Capelli Rossi”, 1891).

 

Holmes ha l’abitudine di dedurre le attività svolte dai suoi interlocutori da molti particolari, dagli abiti, dagli accessori (fazzoletto), da particolari significativi (documenti legali) e anche dalle loro caratteristiche fisiche. I tratti fisici devono talvolta essere integrati da ulteriori osservazioni, come ne “L’avventura della ciclista solitaria” (1904), dove la protagonista ha le dita come una dattilografa ma la spiritualità del volto la indica come musicista.

 

Un secondo studio di Holmes riguarda le differenze degli orecchi umani («… non esiste parte del corpo umano che cambi tanto da una persona all’altra quanto l’orecchio; ogni orecchio ha caratteristiche proprie e differisce da tutti gli altri») e sull’argomento ha pubblicato due brevi monografie sulla rivista scientifica “Anthropological Journal”. Sherlock Holmes lo dice a Watson ne “L’avventura della scatola di cartone”, racconto di incerta collocazione nella cronologia holmesiana (tra il 1882 e il 1889), pubblicato nel 1893 e apparso in volume soltanto nel 1917.

 

Nella stessa raccolta, Watson narra come Holmes, tra il 1894 e il 1902, abbia identificato Peters il santone, grazie al suo orecchio sinistro, deturpato da un morso in una rissa da osteria ad Adelaide nel 1889 (“La scomparsa di Lady Frances Carfax”, 1911).

 

Holmes identifica John Clay, alias Vincent Spaulding, assassino, ladro, scassinatore, falsario, il criminale londinese che Scotland Yard desidera maggiormente arrestare, grazie ad una cicatrice sulla fronte e ai lobi delle orecchie forati (“La Lega dei Capelli Rossi”, 1891).

 

Dalle orecchie, Holmes deduce che il padre dell’amico Victor Trevor ha praticato in modo intenso il pugilato (“Il mistero della «Gloria Scott»”, 1893).

 

Sherlock Holmes è anche autore di un piccolo studio sui tatuaggi e ha pubblicato un opuscolo sull’argomento (“La Lega dei Capelli Rossi”, 1891).

 

Le concezioni antropologiche di Sherlock Holmes appaiono in alcuni casi piuttosto datate, come nel caso di Beppo, il criminale di “L’avventura dei sei Napoleoni” (1904), di cui è enfatizzato il viso scimmiesco, oppure quando accetta indicazioni sulla intelligenza che provengono dalla scienza ufficiale, in particolare dalla craniometria.

 

Nel racconto “L’avventura del carbonchio azzurro” (1892), le grandi dimensioni di un cappello fanno ritenere a Holmes che il suo possessore abbia di certo considerevoli capacità intellettive: «… è una questione di volume, un uomo con una testa così grande deve possedere un cervello adeguato».

Secondo Ziglio, Sherlock Holmes è un positivista puro e applica questa associazione tra la testa voluminosa e notevole intelletto alla valutazione della intelligenza delle donne, sicuramente meno sviluppate dal punto di vista corporeo e quindi con testa più piccola rispetto all'uomo. Sappiamo che fra le donne Sherlock Holmes stima soltanto Irene Adler (“Uno scandalo in Boemia”, 1891)!

Ma a questo punto non siamo più nel campo degli studi di antropologia applicabili alle indagini poliziesche.

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Articolo pubblicato il 19/10/2014