Quando l’investigatore è un matematico

Lancelot Priestley è il personaggio creato dallo scrittore inglese John Rhode

L’inglese Cecil John Charles Street, nato a Gibilterra nel 1884 e morto nel 1964, già ufficiale dell’esercito, è stato uno scrittore di romanzi polizieschi, e non solo, tanto prolifico da adottare ben due pseudonimi che soltanto dopo la morte sono stati riconosciuti come appartenenti al medesimo personaggio.

 

Questa invidiabile prolificità ha portato a due produzioni, sempre di genere poliziesco, ma ben differenziate tra loro: nel 1930 quando Street adotta lo pseudonimo di Miles Burton, crea come protagonista l’investigatore Desmond Merrion.

 

Nel 1925, con lo pseudonimo di John Rhode, Street aveva già creato il personaggio del dottor Lancelot Priestley, col primo romanzo di una lunga serie, intitolato “Il mistero di Paddington”.

 

Priestley è un anziano gentiluomo, professore universitario di matematica applicata che ha abbandonato la cattedra a causa di contrasti con le autorità universitarie. Possiede risorse consistenti ed ha la possibilità di scrivere libri polemici nei confronti di colleghi a proposito di teorie matematiche.

Ne “Il mistero di Paddington” Priestley intraprende l’attività di investigatore dilettante per scagionare dall’accusa di omicidio il giovane Harold Merefield che diventa così suo segretario e fidanzato di April, la figlia di Priestley.

 

Seguiranno altri settantuno romanzi, scritti in oltre quarant’anni tra il 1925 e il 1961, e il trascorrere del tempo si farà sentire poco sui caratteri dei vari personaggi.

 

Priestley è un investigatore scientifico con molti punti di vicinanza con altri personaggi, in particolare col professor Augustus Van Dusen, detto la Macchina Pensante di Jacques Futrelle.

Priestley è vedovo e vive, assistito dalla domestica Mary, nella zona di Westbourne Terrace a Londra. Il suo segretario Harold Merefield lo aiuta nelle indagini: se davanti al dottor Priestley è chiaramente affetto da sudditanza psicologica e fa molta attenzione a quello che dice, quando svolge indagini dimostra una astuzia sopraffina. Merefield non ha alcuna veste legale e, per far parlare i testimoni, deve sistematicamente ricorrere a bugie, espedienti, astuzie e scuse varie… è molto bravo a ricavare tutte queste informazioni che però non riesce a interpretare.

 

Il narratore non è un personaggio coinvolto nella vicenda e non vi sono quindi dei Watson. Si illustrano le infruttuose indagini della Polizia, fino a quando si giunge al punto morto che obbliga l’ispettore Hanslet del CID di Scotland Yard a ricorrere al dottor  Priestley, ben sapendo che questi non fa sconti a Scotland Yard, che distrugge le zoppicanti versioni ufficiali e che risolve i casi per interesse personale e per curiosità scientifica ed ha scarsissimo interesse per la giustizia penale, tanto che gli interessa assai poco l’arresto del colpevole.

 

Priestley ascolta i poliziotti, commenta in modo sibillino, indaga per conto suo tramite Merefield e suggerisce ricerche ulteriori ai poliziotti. Nei primi libri, Priestley esegue anche ricognizioni di persona sui luoghi, poi diventa un detective sedentario, con lo stile di Nero Wolfe, e riversa il lavoro pesante sui collaboratori. L’importante è che non fa mai commenti oppure, se commenta, lo fa sempre in modo sibillino e, a volte, dà l’impressione di divagare a vuoto.

 

Alla fine, Priestley svela il mistero, non senza ricorrere a messe in scena che ricordano certe “sceneggiate” di Sherlock Holmes. Così appare come ogni sua osservazione avesse una perfetta spiegazione logica: non erano divagazioni oziose ma precise indicazioni operative che i poliziotti (e il lettore!) non hanno saputo cogliere. In mancanza di un Watson, come si diceva, sono soprattutto i poliziotti a dare voce ai dubbi del lettore mentre annaspano per stare dietro ai voli pindarici di Priestley.

La soluzione dei casi avviene di solito nella casa del dottore, dopo una cena raffinata: col tempo l’ispettore Hanslet va in pensione ma continua a frequentare Priestley, insieme all’investigatore che lo ha sostituito, il sovrintendente Jimmy Waghorn.

 

Priestley si avvale anche del suo amico medico dottor Oldland per approfondire aspetti particolari del crimine in esame: si tratta di delitti elaborati, messi in atto in ambienti di elevata condizione sociale, con impiego di cianuro, di anidride carbonica, dove si parla di papaina, di droghe come stricnina, mescalina, corinantina, hashish e coniina (l’alcaloide della cicuta)…

 

Il corposo ciclo del dottor Priestley, non ancora interamente tradotto in Italia, può apparire un po’ datato e legato ad un’epoca che riponeva grande fiducia nelle scoperte e nel progresso della scienza.

 

Nel 1928, John Rhode ha avuto grande successo col romanzo “I delitti di Praed Street” (The Murders in Praed Street), dove Lancelot Priestley affronta, e faticosamente sconfigge, un serial killer preoccupante e inafferrabile. Personalmente è il libro che mi è piaciuto di meno, con un plot in parte prevedibile e in parte con situazioni poco verosimili.


Ma la cosa più curiosa è che soltanto da questo romanzo di John Rhode è stato tratto un film, apparso nel 1936 nel Regno Unito e intitolato “Twelve Good Men”, ma il personaggio del dottor Priestley era stato eliminato dalla sceneggiatura!

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Articolo pubblicato il 17/10/2014