FONDAZIONE RICOSTRUIAMO IL PAESE

PROGRAMMA ECONOMICO

CLICCA QUI PER LEGGERE IL PROGRAMMA ECONOMICO

 

INTRODUZIONE

L’appropriata e non banale analisi teorica e metodologica espressa dal Programma Economico della Fondazione Ricostruiamo il Paese, scritto dall’avvocato Claudio Berrino e riportato integralmente in allegato, rappresenta, da un lato un piacevole approfondimento per i cultori e gli esperti della materia ed uno stimolo positivo per coloro che si affacciano a conoscere ed esaminare le cause del nostro declino ed a valutare i rimedi indispensabili.

Il pregio e l’attualità di questo studio, a differenza di pur validi contributi pubblicati negli anni scorsi in materia di oppressione fiscale e di tutela dei diritti del cittadino contribuente, risiede nel legame temporale, oltreché nell’analisi storica, degli argomenti enunciati rispetto alla realtà che ogni cittadino della repubblica italiana vive ogni giorno sulla propria pelle.

Oggi, purtroppo le storture nel rapporto divenuto insano tra lo Stato e il cittadino (tassazione progressiva peso della burocrazia, costi della politica, legislazione complicata da interpretare e distante dalle esigenze del Paese), oltre a soffocare l’economia, ci pongono domande drammatiche sul futuro della nostra esistenza.

La burocrazia negli Stati preunitari, il Regno di Sardegna in primis e l’impero austroungarico, era caratterizzata dall’efficienza, dal principio di servizio al cittadino e dalla competenza degli addetti. Ancor oggi ricordiamo il ruolo e la considerazione che Camillo Cavour nutriva per Costantino  Nigra e Giovanni Giolitti ricambiava nei confronti di Camillo Peano, sempre presente ed insostituibile nell’affrontare le difficili tematiche dello Stato Unitario. Queste figure trasmettevano una dimensione alta dello Stato. La meridionalizzazione dello Stato ci ha portato un numero spropositato di burocrati improduttivi, incapaci e ostativi anche delle seppur poche iniziative illuminate che i Governi succedutosi dalla proclamazione della Repubblica hanno cercato d’introdurre. Costoro vogliono durare e perpetrarsi a scapito dello Stato ed a danno degli abitanti. In questo filone sono subentrati poi i partiti politici con una vera e propria occupazione dello Stato ove l’ideologia ha avuto ed ha la preminenza sulla politica intesa come arte del governare, con la manipolazione del consenso.

Così pure la tassazione. Ad iniziare dal famigerato comma dell’art.53 della Costituzione”…il sistema tributario è informato a criteri di progressività”, introdotto dall’influenza dei “ professorini dossettiani” che purtroppo, con le loro iniziative mirate, hanno minato la carta costituzionale con quei precetti del cattocomunismo volti a limitare la libertà e l’imprenditorietà del cittadino. Principi antitetici alla massima evangelica della parabola dei talenti. Rimandando i lettori alle dotte distinzioni sul rapporto tra libertà e democrazia illustrate con dovizia nel programma economico, è doveroso sottolineare come, in una congiuntura internazione sfavorevole, i governi di emanazione presidenziale che si sono succeduti in Italia (Monti, Letta e Renzi) hanno purtroppo percorso  ed ampliato a dismisura questa china pericolosa.

Così si è persa la distinzione fondamentale tra tassa ed imposta. Si è esteso il principio della progressività anche alle tasse ed alle franchigie, penalizzando doppiamente il cittadino e comprimendo la libertà economica ed incrementano la disuguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge.

Si sono operate false ed illusorie riduzione di voci di spese dal bilancio dello Stato, per scaricare gli oneri sugli enti locali, costretti a loro volta a tassare pesantemente i contribuenti sul reddito, la casa, le attività economiche ed il risparmio. Tutti prelievi su cespiti che esprimono l’impegno del singolo nell’ambito della società. Non si è provveduto a semplificare il processo organizzativo ed a ridurre l’ossessione burocratica per non limitare il ruolo nefasto di sindacati e politica.

Con la stessa incoscienza si sono elevate aliquote (Iva ad esempio), ottenendo il risultato di un minor gettito, in quanto il cittadino si è visto costretto a ridurre i consumi. Lo Stato appare così maggiormente odioso ed il deficit pubblico è incrementato, dimostrando una palese ignoranza rispetto a studi consolidati a livello mondiale (vedi principio e meccanismo della Curva di Laffer).  

Va premesso che, i governi citati, prima ancor di effettuare una serena analisi della situazione debitoria e linee conseguenti da adottare, sono stati animati da uno spirito anticapitalista connaturato alla peggior sinistra totalitaria e forcaiola.

Colpire per livellare sul basso e ampliare la fascia di povertà ed indigenza. L’elenco doloroso potrebbe continuare. Vorrei, concludendo richiamarmi alle proposte avanzate dall’analisi economica che segue, che si possono sintetizzare con l’ormai impellente esigenza di lasciar spazio alla libertà economica del cittadino, favorire e non uccidere il risparmio, abolire il regime di polizia che aggredisce coloro che cercano d’intraprendere e creare attività che oltretutto favorirebbe l’occupazione ed il benessere individuale e collettivo.

Ovviamente, oltre all’economia, in questo Stato ormai decrepito e nemico dei cittadini divenuti sudditi e vittime del fisco e dei soprusi burocratici, necessita una politica dell’immigrazione volta a favorire il residente, preservando la vivibilità delle città oltre a indilazionabili riforme istituzionali con avanzati contenuti d’indirizzo federale e autonomistico degne di uno Stato liberale moderno e non di un’ammucchiata di quaquaraquà.

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 07/10/2014