Torino “scomparsa”

Gli isolati di Sant’Aventino e di Sant’Eusebio

Sant’Aventino (o Avventino), protettore dai mal di testa, e Sant’Eusebio di Vercelli, sono titolari di due isolati torinesi della Sezione Monviso che hanno dato qualche grattacapo agli amministratori pubblici perché con la loro disordinata conformazione avevano ridotto la larghezza della via San Tommaso e della via Bertola.

 

I due isolati, appartenenti al quadrato romano, si trovano lungo la via San Tommaso: procedendo da via Arsenale, subito oltre la via Santa Teresa, vediamo l’isolato di Sant’Eusebio alla nostra destra, verso via XX Settembre, e quello di Sant’Avventino, alla nostra sinistra verso la via Mercanti.

Oggi, i lati dell’isolato di Sant’Avventino che prospettano sulla via San Tommaso e sulla via Bertola appaiono come un imponente, monolitico caseggiato in stile razionalista, costruito in marmo e mattoni di paramano. L’isolato di Sant’Eusebio ha un analogo aspetto razionalista soltanto in una parte della via San Tommaso e nella parte prospiciente via Bertola, perché verso via Santa Teresa si trova un elegante stabile d’epoca.  

 

I due isolati, anche se presi da tempo in considerazione dal piano regolatore torinese, hanno mantenuto fino alla prima metà del Novecento un aspetto “medievale” perché, nel perimetro dell’insula romana, ad alcuni palazzi di notevole interesse architettonico si erano addossati edifici costruiti in modo disordinato, senza troppe preoccupazioni estetiche e, talvolta, con scarso ricorso alla lignola.

 

La descrizione che il giornalista F. O. fornisce nel 1933 di questi due isolati appare fortemente negativa. Parla di: «…due grandi alveari umani, i cui cortili e angiporti interni assomigliano molto a quelli testé scomparsi dal primo tratto di via Roma» (“La Stampa”, 14 dicembre 1933).

Questo giudizio è ribadito cinque anni dopo, quando le case dell’isolato di Sant’Aventino sono definite «vecchie, umide, sporche, antigieniche abitazioni» (“La Stampa”, 12 maggio 1938).

 

L’isolato di Sant’Eusebio è stato così descritto da un testimone di alto profilo, il professore torinese Luigi Firpo (1915 - 1989): «…un vastissimo secolare edificio, che i vecchi torinesi chiamavano “la cà ëd le cort”, la casa dei cortili. L’enorme insula era infatti un ammasso di costruzioni di varia epoca e destinazione, intricate e sovrapposte, un dedalo non solo di cortili e cortiletti, ma di anditi coperti, di stretti passaggi, di scale e androni bui che consentivano scorciatoie interne, nascondigli e fughe avventurose» (Firpo L., Spadolini e le radici di Gobetti. Una certa Italia, “La Stampa”, 27 giugno 1986).

 

Nel 1933, con il rifacimento degli isolati del primo tratto di via Roma, si rende necessaria una loro sistemazione. I due isolati formano una strettoia nella via San Tommaso, che misura soltanto da sei a sette metri di larghezza, molto inferiore rispetto a quella della via Arsenale.

 

“La Stampa” pubblica una piantina dei lavori previsti che inizieranno nel gennaio 1934. Sarà demolita la casa di proprietà dell’Ospedale di San Giovanni, situata sull’angolo di via San Tommaso con via Bertola. Poi, con la demolizione delle case contigue a questa, si taglierà una fetta dell’isolato per allinearlo con via Arsenale, portando così la larghezza della via a diciotto metri.

 

Altre riduzioni di dimensione dei due isolati sono pianificate in corrispondenza della via Mercanti e, soprattutto, sulla via Bertola: qui, davanti alla Scuola Pacchiotti è previsto uno slargo per il parcheggio delle automobili, ottenuto tagliando una fetta dell’isolato di Sant’Eusebio.

Il “piccone risanatore” avrebbe risparmiato soltanto palazzi e case dei due isolati con la fronte verso via Santa Teresa e via XX Settembre.

 

I lavori procedono più speditamente per l’isolato di Sant’Avventino, dove in breve le case vengono demolite e sostituite da altre, risorte «più belle, eleganti, confortevoli», come scrive un cronista de “La Stampa” il 12 maggio 1938, con una frase che ricorda una celebre battuta del “Nerone” di Ettore Petrolini: «Roma rinascerà più bella e più superba che pria…».

Non è così per l’isolato di Sant’Eusebio, dove i lavori di demolizione iniziano soltanto nel 1938 e non per tutto l’isolato, ma solo al numero 11 di via Bertola e ai numeri 23 e 25 di via San Tommaso (“La Stampa”, 12 maggio 1938).

I lavori si concludono nel dopoguerra. Sulla via Santa Teresa, sulla via San Tommaso e sulla via XX Settembre, rimangono alcuni palazzi d’epoca che conferiscono a questo isolato, in larga parte in stile razionalista, un caratteristico aspetto di “campionario” di stili.


Fin dal 1933, il giornalista F. O. spiega che con l’allargamento di via San Tommaso si può anche pensare ad alleggerire la via XX Settembre dal grande numero di tram che vi passavano: per i tram, nel tratto da corso Vittorio Emanuele a via Pietro Micca, si sarebbe fissato il senso unico nelle due vie XX Settembre e Arsenale-San Tommaso. Una situazione ancora attuale!

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Articolo pubblicato il 29/09/2014