Cambiare la scuola: la chiave per il futuro

Le pecche del sistema d’istruzione ‘tradizionale’

L’educazione e l’istruzione, da che mondo è mondo, sono sempre stati temi delicati, nonché molto chiacchierati. Ci si domanda spesso quale sia il sistema d’istruzione migliore, finendo poi per decretare che, con tutte le imperfezioni del caso, il più efficace rimanga sempre il proprio. Tuttavia, la tendenza umana è sempre la stessa: lodare se stessi e autoconvincersi di non avere nulla da invidiare, o meglio da imparare, dall’altrui percorso. Sbagliato.

“ I grandi amano le cifre. Quando voi parlate loro di un nuovo amico, mai si interessano alle cose essenziali. Non si domandano mai: «Qual è il tono della sua voce? Quali sono i suoi giochi preferiti? Fa collezione di farfalle?» Ma vi domandano: «Che età ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto guadagna suo padre?» Allora soltanto credono di conoscerlo.”, ci ricorda Antoine de Saint-Exupéry in “Il piccolo principe”. Nasciamo, cresciamo e troppo spesso viviamo come numeri, ed è la scuola ad insegnarcelo. La voglia di apprendere di un alunno viene stroncata da quel “ sei meno meno” che solo un insegnante che non ha capito il vero significato del suo mestiere può dare; perché nella vita non siamo mai “quasi sufficienti”, al limite lo siamo “più che”.

Dalla gioia di vivere dei nostri 6 anni appena compiuti veniamo inscatolati ed etichettati con una parola o con un numero, che porta solo tante gelosie e senso di inappropriatezza. L’insegnante, forse ignaro del danno, legge davanti a tutti il compito del primo della classe andando contro qualunque metodo educativo, perché il paragone, soprattutto ad 8 anni, distrugge l’autostima e la fiducia in se stessi.

Eppure, coloro che dovrebbero educarci, ci convincono fin da bambini di non essere portati per una determinata materia, perché “quello proprio non è il nostro campo”, arrogandosi il diritto di esprimersi su ciò su cui nessuno dovrebbe pronunciarsi: la naturale inclinazione di un individuo in crescita. È importante far percepire all’alunno il suo mancato impegno, ma è altrettanto necessario incoraggiarlo convincendolo che tutto è alla sua portata.

Malgrado ciò, la pedagogia non è ormai più di moda, o forse non lo è mai stata. Il sistema scolastico necessita d’essere riformato, magari prendendo spunto da ciò che di buono si trova all’estero. I paesi nordici sono all’avanguardia anche su questo: in Finlandia non si parla di valutazioni fino ai 13 anni e si inizia ad imparare giocando; le lezioni di matematica sono all’aperto e si chiede ai bambini di portare a termine determinati compiti divisi a squadre, correndo per i boschi alla ricerca del “materiale didattico”. E a chi afferma che senza giudizio non c’è modo di progredire, basterebbe guardare i risultati delle prove di lettura dell’indagine PISA (Program for International Student Assessment) svolta ai 15 anni: gli studenti Finlandesi si sono guadagnati infatti la seconda posizione, solo dopo la Nuova Zelanda, mentre l’Italia chiude con un ventunesimo posto su trentuno. Per quanto riguarda l’insegnamento, il 10% dei migliori laureati vengono reclutati e sono poi sottoposti ad una formazione pedagogica iniziale ed in itinere. La metà delle ore lavorative di ogni insegnante è infatti dedicata al miglioramento professionale attraverso corsi di aggiornamento, dettaglio determinante in campo educativo.

La bocciatura è in via d’estinzione, dato che si considera il provvedimento decisamente antiquato e controproducente. Non è neanche lontanamente considerata come opzione, invece, nelle Waldorfschule, un modello scolastico assestante presente in Germania dagli anni ’30. Uno degli obiettivi è lo sviluppo della creatività e dell'immaginazione, grazie all’uso di materiali volti alla realizzazione di opere d’arte. Le emozioni e le capacità intellettuali di ogni alunno sono tenute in considerazione ed esiste una vera e propria educazione all’immaginazione. Le pagelle non hanno voti né giudizi, ma sono delle analisi dettagliate sul percorso dello studente. A livello infrastrutturale è da notare la mancanza di angoli e l’inventiva architettonica, che rendono l’ambiente più adatto allo sviluppo originale e al pensiero laterale.

Per rilanciare un Paese è necessario partire da chi avrà il potere di portare un cambiamento di rotta e di prospettiva; quindi chi, se non la neonata generazione? Forse è proprio ora di pensare fuori dagli schemi.

 

Valentina Spina

 

 

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Articolo pubblicato il 13/09/2014