Via Luigi Bellotti Bon e via Plana n. 3, a Torino

Quale invisibile legame collega le due vie torinesi?

Quale invisibile legame collega una squallida via - meglio un tratto di sponda della Dora asfaltato posto di fronte ad un palazzo di abitazione nei pressi dell’incrocio di corso Svizzera con corso Regina e dell’ospedale Amedeo di Savoia - dedicata a Luigi Bellotti Bon con la via Giovanni Plana, dove al n. 3 si legge un lapide in ricordo del commediografo Giacinto Gallina?

 

Iniziamo col dire chi è stato Luigi Bellotti Bon.

Attore, capocomico e commediografo, Luigi nasce a Udine nel 1820, “figlio d’arte” perché la madre è l’attrice Luigia Ristori e il padre l’attore Luigi Bellotti.

Esordisce come amoroso nel 1837, recita poi nella compagnia di Gustavo Modena, nella compagnia Lombarda (1846), nella Compagnia Reale sarda (1854); è direttore della compagnia della cugina Adelaide Ristori (1855; 1856-1859).

 

Nel 1860, Luigi costituisce una grande compagnia, che si stabilisce al Teatro Gerbino di Torino, dove rimane per ventidue anni e dove vengono messe in scena rappresentazioni di eccezionale rilievo.

 

Il Teatro Gerbino, nella seconda metà dell’Ottocento, è il teatro di prosa più rilevante di Torino e uno dei più prestigiosi d’Italia, rivaleggia col Teatro Carignano e spesso lo supera. Questo teatro, che prende il nome dal proprietario, oggi è scomparso; era situato in via Maria Vittoria 44 all’angolo con via Plana, dove al n. 3 è stata collocata, nel 1898, la lapide in ricordo di Giacinto Gallina.

Ecco spiegato il legame tra le due vie: Luigi Bellotti Bon ha fatto parte della storia del Teatro Gerbino, dove ha operato come attore e come capocomico, nella buona e nella cattiva sorte.

 

Luigi, dal 1860 al 1870, vive un periodo di successi: indica come “modello” la sua  compagnia teatrale, dove lavorano buoni secondi attori e caratteristi esperti. Per il repertorio, Luigi ha l’idea di promuovere il repertorio di commedie scritte da autori italiani: per ottenere nuovi testi, invita i maggiori scrittori, Paolo Ferrari, Leopoldo Marenco, Felice Cavallotti, Giuseppe Giacosa, Ferdinando Martini e molti altri ancora, a proporgli nuovi lavori. Così, tra il 1860 e il 1865, ottiene 78 nuove opere. Luigi, oltre al successo artistico, assiste a quello finanziario e il teatro italiano vive con lui un momento fortunato e appassionante.

 

Nel 1873, Luigi decide di sciogliere la sua compagnia teatrale per formarne altre tre, ciascuna costituita da una coppia di celebri artisti, circondata da attori di secondo piano. Una delle tre compagnie continua a recitare al Teatro Gerbino.

 

Qui, il 18 gennaio 1875, Luigi fa rappresentare la commedia “L’egoista per progetto”, presentata trionfalmente come un’opera inedita di Goldoni. Si tratta invece di un falso, scritto da Parmenio Bettòli, giornalista, scrittore, commediografo, nato a Parma nel 1835 e morto a Bergamo nel 1907. Abbiamo già ricordato in precedenza di questo episodio, analogo a quello delle teste di Modigliani nell’estate del 1984 a Livorno: Parmenio Bettòli ha usato nella commedia un linguaggio goldoniano tanto verosimile che diversi esperti e letterati l’hanno giudicata opera di Carlo Goldoni!

 

L’idea delle tre compagnie teatrali non si rivela felice: nessuna è in grado di raggiungere l’elevata qualità di quella disciolta. Iniziano inoltre a scarseggiare le nuove commedie italiane e Luigi deve sempre più spesso ricorrere di lavori stranieri: acquista soprattutto testi francesi e, per averne l’esclusiva, spende forti cifre, anche quando queste commedie non hanno poi successo e si creano così difficoltà sul piano artistico ma anche economico per gli incassi limitati.

 

Non basta. Ci si mette anche il fisco, quando nel 1875 viene attuata la tassa sui teatri e Luigi deve inoltre pagare la tassa di ricchezza mobile per un reddito di 250 mila lire e anticipare quella dei suoi attori. Luigi lotta con il fisco per otto anni, fino ad accumulare un passivo di 40 mila lire, e le banche gli tolgono i fidi. Il 3 novembre 1882, al Teatro Gerbino, “Nanà”, opera teatrale che William Busnach ha tratto dal romanzo di Émile Zola, subisce un fiasco clamoroso.

 

Luigi non riesce ad ottenere da una banca le 16 mila lire di cui ha urgente bisogno: così si suicida a Milano con un colpo di rivoltella, il 31 gennaio 1883. Ironia della sorte, poche ore dopo la sua morte arriva la lettera di un noto banchiere che ha saputo delle sue difficoltà e gli assicura il suo sostegno economico!

La tragica morte di Luigi provoca grave scompiglio nel teatro italiano e avvia lunghe e talora sgradevoli dispute sulla precarietà dell’ambiente teatrale e sul disinteresse dimostrato dallo Stato.

 

Per i cultori del gossip d’antan, va poi ricordato che Luigi era fratellastro di Laura Bon, anche lei valente attrice e celebre amante del re Vittorio Emanuele II: come già detto, Luigi era figlio di Luigia Ristori e di Luigi Bellotti. Rimasta vedova, Luigia ha sposato un altro attore, Francesco Augusto Bon, e dal loro matrimonio è nata Laura che ha una tormentata relazione sentimentale con Vittorio Emanuele II. Luigi ha stabilito un rapporto di grande simpatia e collaborazione con il padrigno Francesco Augusto che lo ha adottato, questo il motivo del doppio cognome Bellotti Bon.


Luigi Bellotti Bon è stato anche un protagonista, sia pure minore, del periodo risorgimentale: nel 1848, al tempo della Prima Guerra d’Indipendenza, era a Padova per una serie di spettacoli e si è arruolato come volontario con gli studenti padovani, ha ottenuto il grado di capitano e, l’8 aprile, ha combattuto a Montebello. Meritava una via più dignitosa!

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Articolo pubblicato il 28/08/2014