Disordini a Calais, altra frontiera d'Europa

Il flusso di migranti attraverso il Canale di Sicilia è lasciato sulle spalle dell'Italia, ma l'Unione ne sta pagando le conseguenze. Siamo all'inizio di un nuovo medioevo prossimo venturo?

Cronaca di mezzo agosto: guerriglia a Calais, decine di migliaia di clandestini bivaccano in boschi intorno alla città e poi si riversano verso il porto cercando di raggiungere l'Inghilterra. Gli scontri con la polizia sono durissimi, nessuna autorità è più riconosciuta e la popolazione è chiusa in casa, terrorizzata. La situazione fa paura, mentre dall'altra parte della Manica, l'Inghilterra trema, inspiegabile Terra Promessa per già oltre un milione di clandestini. Gli uomini che spingono alla frontiera vengono da Paesi caratterizzati da in forte radicalismo islamico e il Regno Unito già conta la presenza di oltre 3 Milioni di musulmani. Sono dati che invitano a una riflessione. Milano lo sa.

Nel frattempo, sulle nostre coste, la marea di profughi non accenna ad alcuna inversione di tendenza. La politica europea continua a ignorare i devastanti effetti d'una operazione "Mare nostrum" dissennata che ha riversato in Italia e poi seminato in Europa milioni di ipotetici "Disperati" dislocati in un territorio dalle Strutture Sociali costituite e radicate. S'è venuto a creare un popolo multietnico impensabile fino a pochi anni prima, generato da un teorema dell'accoglienza senza precedenti che ha modificato radicalmente il volto delle città, gli equilibri, le abitudini e la Legislazione di molte democrazie.

L'assistenzialismo cristiano italico ed Europeo è una forzata misericordia a doppio taglio, improvvisata e impreparata, figlia d'una politica continentale dai troppi lati oscuri, che ha reso l'Italia servile operaia d'un travaso scomodo ad altre coste e all'opinione pubblica d'altri paesi, e che ora si espande con nervosa pretesa.

La saga dei profuighi va vista anche così, non per ideologie faziose o per intolleranza, ma per semplice buonsenso di chi, vivendo dal basso, coglie le variazioni del tessuto sociale, la convivenza sulla strada, lo squilibrio dei Diritti e dei Doveri, l'impotenza delle Forze dell'Ordine, la tolleranza, il divario di tra chi vive onesto e chi d'espedienti senza Regole, facendo dell'abusivismo legge, del degrado, routine mentre il bottegaio chiude, La ragazza teme, il pensionato ha paura.

Gli Scontri a nord della Francia sono senza precedenti. Sembra che solo ora la società si svegli, trovandosi alle prese con un momento temuto, ignorato, ma che inevitabilmente, è arrivato. La Francia trema, l'Inghilterra ha paura. In certi quartieri di Londra sono cresciuti in modo esponenziale i fenomeni di estremismo, fanatismo e di violenza verso le donne.

E' un movimento che si sta installando sulla stanca superficie della vecchia e decadente Europa. Il ponte di sbarco siamo noi, italiani brava gente, e ogni giorno Le navi militari, costruite per pattugliare la sovranità dei confini, si adoperano in una ben più nobile missione che però, genera un infinito numero di incognite.

Chiudere gli occhi rappresenta una follia della quale sarà, insostenibile il risvolto, non economico, ma umano. E' legato alla stessa continuità d'una civiltà europea che sembrava aver raggiunto qualche consapevolezza di sé dopo centinaia d'anni di guerre fratricide.

Oggi, scrivere parole così presenta il rischio di essere additati come estremisti, razzisti incivili fanatici e faziosi.

Niente di più ottuso! E' un altro tipo d'attenzione che spinge ad alzare il senso delle parole fino ad ammonire, a presagire il peggio che già accade. La storia del Mondo insegna che quando una civiltà diventa incapace di difendere con forza anche i suoi aspetti più discutibili e s'accomoda pigra e stanca sulle proprie certezze, è pronta per la schiavitù.

I momenti sono maturi, le promesse di islamizzare il mondo non sono mai state taciute, perché sottovalutarle? Gli esempi di ciò che può essere il terrore, dalla Libia all'Iraq, non mancano Un prossimo medioevo d'altra fattura potrebbe attendere un'Europa fragile, disunita e debole, priva e ingorda di risorse energetiche, che pare non abbia atteso altro, come se avesse voluto che così fosse.

Gli scontri di Calais non sono un'opinione, ma una realtà che dovrebbe fare riflettere anche i cuori più teneri. Non siamo noi i cattivi, non minacciamo nessuno, abbiamo aperto le porte, abbiamo tolto i crocefissi, abbiamo accolto, nutrito, sfamato, qualcuno ha sfruttato, ma non è questo un pretesto, abbiamo accettato ogni luogo di culto, e ancora accogliamo i disperati ripudiati dai loro fratelli, dalle loro inquiete e litigiose terre.

Non potevamo fare più più, temiamo, assistiamo confusi, eppure soffriamo di remoti, ipocriti sensi di colpa, quasi e ancora colpevoli artefici di lontane, oscure malefatte. E' vero, qualcuno da sempre ci lucra, i traffici di armi, la corruzione, lo sfruttamento di materie prime, la brutta storia delle colonie, ma questo non basta.

Da millenni, quest'area mediterranea "ombelico" del mondo e genesi delle "civitas" più remote, levantine e classiche, ha visto confrontarsi: sumeri, babilonesi, egizi ed ittiti, greci, bizantini, turchi, curdi, cristiani, ebrei ed arabi, e sunniti contro sciiti, e poi, ingordi europei. Sono territori travagliati, e certe guerre di potere e conquista, camuffate dalla maschera sempre buona e sempre ambigua della religione, non finiscono mai.

C'è molto da scrivere di storia e umanità, e non è il contesto. Questo è il momento di guardare vicino, valutare le vittime della caccia al cristiano in altri angoli del mondo e poi, dare il vero volto alla parola intolleranza.

Non è il momento di contare gli errori, ma d'altri non farne, e rimettere al centro dell'attenzione le popolazioni autoctone, perlopiù formate da brava gente colpevole di nulla, se non cercare di rispettare le regole ed essere nate nel territorio che un tempo era sovrano di sé, garantito da leggi e confini, da una costituzione, da una religione di stato, aperta e tollerante.

Oggi siamo un popolo pigro e litigioso, mite e timorato, senza più nerbo nè coraggio, il nostro esercito è disperso a pacificare paesi che, in realta, non rappresentano pericolo per noi, come assodato da tempo. Ci impegnamo a regalar moschetti ai curdi, così che se la vedano loro con le spade assetate dell'Isis, ma a casa siamo deboli. E allora, fosse mai che il peggio di Calais si diffonda, chi garantirà il nostro diritto ad essere ciò che siamo?

 

Nel 2006 scrissi un altro articolo quando certe cose già lasciavano spazio al dubbio.

http://www.oltremagazine.com/index.html?id_articolo=979

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Articolo pubblicato il 21/08/2014