Caserme a Torino pronte per accogliere un altro e colorato esercito.

Una proposta per un monumento dedicato all'accoglienza del turista motorizzato, una visione onirica di un vecchio architetto quasi rassegnato. È da fare!

Pochi giorni fa, il ministero della Difesa ha restituito alle città di Torino, Milano e Roma un milione di metri quadrati da gestire. Si tratta di vecchie caserme dismesse, ma in buono stato. La città di Torino sarà proprietaria delle caserme: "La Marmora", "Cesare di Saluzzo", "De Sonnaz", più ampi spazi adibiti a magazzini. Le buone notizie, com’è d’abitudine, vengono però limitate da cavilli e regolamenti. 

Se entro 12 mesi non verranno presentati validi progetti, le strutture e gli spazi torneranno a diventare patrimonio del Demanio e della Difesa. Bisogna fare in fretta.

È in questo contesto che, da modesto architetto, mi permetto di sussurrare un consiglio al Sindaco Fassino. Torino città del turismo, cultura, arte? Forse prima o poi, anch'essa lo sarà e se lo merita, ma bisogna non perdere il treno.

La grande metropoli ha un solo campeggio, lassù sulla collina, ma pare senza futuro, e poi, manca in assoluto un degno parcheggio per i moderni camper. Mezzi moderni e assai diffusi per un turismo mobile che non conosce crisi. Ecco perché, all’istante ho immaginato le caserme come spazio nuovamente vivo, attivo, produttivo, storico, artistico, turistico, unico nel suo genere. 

Da una parte, tende colorate e non più mimetiche, un po' più in là, caravan e roulotte ben allineate negli spazi destinati ai camion su cui presi freddo nell’80, e a quelle campagnole Fiat, che nelle esercitazioni NATO in Norvegia, non si fermavano mai.

Immagino quella mensa dove rifilavano mediocre sbobba, convertita in un ampio, variegato ristorante dove si servono buoni piatti nazionali.

Immagino piccoli negozi che vendono vino e formaggi della nostra terra. Immagino delle toilette che, dopo aver visto tante reclute "far" di fretta prima dell’adunata, ora rinnovate in funzionali servizi. Tubi e pertugi dovrebbero essere ancora là, così come le sbarre per controllare l'ingresso nel perimetro: lavoro in meno da fare.

Immagino le camerate trasformate in comoda sosta per i motociclisti, dopo chilometri di sella, gradirebbero assai un buon letto a poco prezzo.

Immagino gli spazi aperti ben curati e quelli ampli e chiusi, rinascere come luoghi di svago, piccoli musei, palchi per musica e teatro… 

Sogno di mezza estate d’un architetto su sedia a rotelle, che immagina un campeggio unico in Europa, agibile per i disabili come nessuno, con piccoli appartamenti attrezzati, vere e proprie isole per chi come me fatica molto in Italia e all'estero. Sono tanti i disabili e hanno voglia di vivere, di divertirsi, ma sono pochi i luoghi di accoglienza. E poi, chi più ne ha, più ne metta, però bisogna suonare la tromba! Questo non è un consiglio, è un ordine: una sveglia! Avrebbe detto il Colonnello. E poi, anche se c'è sempre qualcuno che non è d'accordo, immagini il lettore che botta di vita per l'economia di questo, codesto o quel quartiere!

12 mesi per presentare un progetto. Io metto l'idea gratis, per l'amore di una città che, quand'ero un ragazzo, era un salotto e adesso è un macello.

Nella mia testa l'autoporto del turismo lo vedo già finito. Un punto d'attracco sicuro per i pellegrini a visitar l'Italia, o far sosta per i viandanti diretti a occidente. Non vedo alcun ostacolo nel nome del lavoro, del prestigio, di una opportunità che farebbe bene tanto alla città quanto alla regione

Di certo il mio Colonnello non avrebbe giocato in difesa, ma impostato il contrattacco. Lo so, ero il disegnatore. Le caserme lo sanno, i Palazzi della Regione forse no. Speriamo in un dialogo, o come si dice adesso: che s'imposti un tavolo (meglio un tecnigrafo). E così sia presto un cantiere di nuove speranze, se non a Torino, altrove, chissà…

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Articolo pubblicato il 13/08/2014