Quando le vittime non bastano mai!
Foto di repertorio

La prevenzione sul territorio presenta sempre più preoccupanti lacune

Oggi la chiamano "bomba d'acqua", ma in sostanza è l'ennesima dimostrazione di come la salvaguardia del territorio non porti voti.

E' meglio la realizzazione di una piazza, come i media hanno riportato, piuttosto che la messa in sicurezza di un alveo o di una zona disboscata a favore di colture o di culture residenziali?

Siamo nuovamente, e ci riferiamo all'ultimo tragico evento del trevigiano, a piangere le vittime incolpevoli del disinteresse istituzionale, proprio o indotto, che determina a scadenza variabile disgrazie il più delle volte evitabili con un intervento di prevenzione sul territorio che deve coprire per 365 giorni all'anno il monitoraggio nelle zone critiche.

Quelle cioè nelle immediate vicinanze dei corsi d'acqua il cui alveo è sempre più in stato di abbandono, e le pendici di colli e monti privati della naturale ricchezza che sono gli alberi per scopi commerciali di vario tipo che non tengono in minima considerazione ciò che può accadere di conseguenza.

E siamo certi che nemmeno queste ultime quattro vittime saranno determinanti per dare una svolta decisiva a ciò che un Governo, a qualsiasi colore politico appartenga, applichi per dimostrarsi tale ed inserisca al primo punto della programmazione la sicurezza territoriale delle popolazioni.

Se ciò avvenisse, siamo certi che le calamità naturali, inevitabili ed imprevedibili, non troverebbero il "naturale alleato" nelle trascuratezza con cui vengono affrontati i problemi ambientali.

La pulizia degli alvei, peraltro, trova spesso opposizione da parte di chi, per salvaguardare la natura, non si preoccupa dei danni a venire in caso di piene e quant'altro.

Ce lo ricorda un nostro lettore che fu Sindaco e trovò difficoltà, ma lo fece, a sgomberare il fiume che scorreva sul "suo" territorio perchè così facendo si sarebbero alterate le condizioni di nidificazione all'interno dei tronchi rimasti dopo le valanghe: gli stessi che occludevano, in molti tratti, il giusto scorrere delle acque creando pericolose sacche di accumulo, una riserva di "bombe d'acqua" che allora non godevano di questa bellica denominazione.

La riflessione porta a pensare che chi amministra i territori speri sempre che non accada nulla; un atteggiamento di gravissima responsabilità che confluisce, irrimediabilmente, nell'intervento della Protezione Civile e di tutti gli Enti ed Associazioni grazie alle quali si pone rimedio a ciò che non doveva accadere o almeno si poteva controllare grazie alla prevenzione messa in atto nell'arco dell'anno.

E non desideriamo ricorrere a citazioni che sanno di bollettino di guerra, ma vogliamo denunciare una situazione in continuo peggioramento che non trova, presso i responsabili governativi, della giusta cassa di risonanza.

Se pensiamo poi che appena qualche mese addietro il sito dov'è avvenuta l'ultima disgrazia descritta era stato giudicato "in sicurezza" ci viene da dubitare sull'efficienza operativa di chi ricopre determinati incarichi.

E tornare sui luoghi comuni come l'abolizione del controllo un tempo attuato dalla Guardia Forestale ci pare denigratorio verso un Ente che ha sempre agito per la salvaguardia di uomini, animali e vegetazione.

Caro Presidente del Consiglio, questi sono i fondi da trovare immediatamente per interrompere un fenomeno di autodistruzione che non nobilita certo l'operato del Governo.

Sappiamo delle difficoltà per individuare i tagli e trovare le risorse, ma Lei ci insegna che gli accordi trasversali, quando si vuole, sanno raggiungere qualsiasi obiettivo.

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Articolo pubblicato il 04/08/2014