La “Torino noir” vista e narrata da Milo Julini

La monachetta e l’infermiere dell’ospedale militare

«Lasciamo le questioni ed il sangue e veniamo all’amore», così Curzio, cronista giudiziario della «Gazzetta Piemontese», esordiva il 18 febbraio 1871 per raccontare la vicenda processuale di suor Corinna e di Ernesto Ursicino,  infermiere nell’ospedale militare di Torino, al tempo collocato nel convento di Santa Croce in via Accademia Albertina. Leggiamo:

 

Non sempre il velo monacale è un riparo alle frecce del dio bendato [Cupido], e n’è prova suor Corinna, la quale è perdutamente innamorata di un bel soldato, infermiere nell’ospedale militare, chiamato Ernesto Ursicino.

Questa, sommamente soddisfatta del bell’infermieruccio, lo regala frequentemente di zucchero e di confetti che toglie dall’armadio della superiora.

 

Ursicino dal canto suo è contentone: ha tutto ciò che vuole dalla monachetta, e questa per sempre tenerselo amico ruba in cucina, porta il collo dei polli agli ammalati e le cosce al suo amasio [innamorato].

 

Ma tanto va la gatta al lardo che vi lascia lo zampino: ben presto Corinna trovasi nella situazione di Norma [la sacerdotessa gallica votata alla castità che ha avuto segretamente due figli dal proconsole romano Pollione, protagonista dell’opera di Vincenzo Bellini (1831)]; nell’armadio della superiora si notano considerevoli mancanze di zucchero, di caffè, di confetti, e gli ammalati si lagnano per le porzioni piccole.

Nascono sospetti, le compagne sorvegliano gli amanti sacrileghi ed ogni cosa viene scoperta.

 

Dall’ospedale la monachetta e l’infermiere passano al carcere; ma non insieme, in camere separate, come imputati la Corinna di furti interpolati [ripetuti nel tempo] di cose per il valore di lire 150, e l’infermiere di complicità nei furti medesimi.

 

Il tribunale condannò la monaca al carcere per un anno, e mandò assolto l’infermiere, perché sarebbe stato uno stupido se non avesse accettato le graziose offerte dell’amante.

 

Così Curzio, da buon anticlericale “mangiapreti”, ha banalizzato questa vicenda, l’ha ridotta al capriccio di una suorina vogliosa e al comportamento interessato di un infermiere infingardo e calcolatore.

 

Forse le cose erano davvero andate proprio così, Curzio aveva assistito al processo e noi parliamo a quasi 150 anni di distanza, senza cognizione di causa. Pur tuttavia, siamo più propensi a vedere altri aspetti della storia, a pensare con tristezza ad una monacazione forzata, alla mancanza di una reale vocazione. Viene subito alla mente una sorta di rivisitazione, sia pure in trentaduesimo, del romanzo “La monaca” di Denis Diderot (1760) e della vicenda della monaca di Monza, resa celebre dal romanzo “I promessi sposi”. Lo stesso Curzio avrebbe potuto pensarci, per trarre ulteriori spunti per il suo anticlericalismo.

 

Ma l’ipotesi più allettante, anche se più remota, è quella di una vera “love story", con l’infermiere Ernesto Ursicino che aspetta per un anno suor Corinna per poi “rapirla” ed emigrare con lei nella “Merica”, dove vivere liberamente il loro amore… se ne potrebbe ricavare una fiction…

 

E se si può discutere su chi possa sostenere le parti della monachetta e dell’infermiere, non ci sono discussioni sull’interprete del personaggio della superiora gelosa custode dello zucchero, caffè e confetti: l’attrice Pia Velsi, che per molti anni ha personificato la suora negli spot pubblicitari per le acque Uliveto e Rocchetta, insieme ad Alessandro Del Piero e Cristina Chiabotto.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 26/07/2014