VOLTAIRE: LETTRE PHILOSOPHIQUE SUR LES PENSEES DE M.PASCAL

La piacevole rilettura dei filosofi

Voltaire dedicò la xxv° lettera filosofica, pubblicata nel 1734 per confutare l’antropologia sulla quale Pascal sostiene la sua apologia alla religione cristiana. Questa lettera fu anche definita”l’anti Pascal di Voltaire”.

Blaise Pascal (1623-1663) rappresentò per Voltaire l’ultima e più pericolosa formulazione del Cattolicesimo; di un Cristianesimo che, pur combattendo il casuismo gesuitico da posizioni gianseniste, veniva pur sempre a rafforzare il prestigio della religione e l’ordine politico esistente. Ma non soltanto la lotta per una nuova società motivava il rifiuto radicale di Voltaire. Erano in gioco due diverse antropologie, due concezioni del Mondo assai lontane, che si esprimevano poi in tutte le analisi ed i giudizi particolari.

Per Pascal non si dà comprensione dell’uomo sul piano naturale o semplicemente razionale:l’uomo, diviso fra opposte tendenze e smarrito in un universo incomprensibile, riceve soltanto dalla fede la rivelazione circa il suo essere ed il suo destino.

Anche per Voltaire l’uomo è un ente finito, che viene tuttavia mantenuto con fermezza entro i confini della natura: non vi è in lui alcuno squilibrio originale, né dunque rinvio ad una trascendenza salvifica. Conoscibile, nei limiti che valgono per ogni conoscenza naturale, l’uomo di Voltaire non si concede all’ottimismo, ma neppure ad un radicale pessimismo. Il mondo non è perfetto, ma certo sopportabile; la vita umana conosce molti dolori, ma anche momenti di pace e serenità. Del resto è all’azione, alla costruzione di una società più giusta, che si deve chiedere un miglioramento della condizione umana; non all’isolamento ed alla contemplazione di imperscrutabili paradossi.

Voltaire tende a sottoporre l’uomo alla necessità naturale, quella stessa “cui sottostanno gli astri, gli animali, le piante e tutto il rimanente della natura”(Newton, Metafisica, 1740).

Oltre la formazione lockiana e newtoniana, Voltaire evidenzia un’ attenta lettura di Spinoza (che aveva tentato di “far comprendere agli uomini di costruire la propria salvezza sulla terra”) (Carré); ed è proprio ad un determinismo d’ispirazione spinoziana che egli si avvia sempre più, sia pure attraverso molte incertezza. Negando la contemplazione a favore dell’azione, egli poneva direttamente il problema della libertà; ma al tempo stesso, respingendo il principio dell’anima e della sua immortalità, vedeva l’uomo immerso nella natura, soggetto alle leggi generali del cosmo.

Così, mentre si valeva di Spinoza per l’argomento contro i miracoli, lo opponeva al limpido teismo newtoniano come un cartesiano fautore di determinismo e di ateismo; ma poteva anche scrivere(Il Filosofo Ignorante, 1766). “la necessità morale è soltanto una parola; tutto quanto avviene è assolutamente necessario, tra la necessità e il caso non vi è alcuna condizione intermedia: noi sappiamo che il caso non esiste, dunque tutto quanto avviene è necessario”.

Si comprende allora come Dio sia per Voltaire proprio il “Dio dei filosofi” e non quello di “Abramo, di Isacco, di Giacobbe”. Egli è la radice della razionalità, del reale, distante e inconoscibile all’uomo, senza rapporto efficace con lui. Non si può tuttavia aderire all’ateismo, perché soltanto la religione favorisce quella “benevolenza”(amore del prossimo ecc.) che consente e garantisce i rapporti sociali.

“E’ indubbio che in una Società ben organizzata, è infinitamente più utile avere una religione, anche fallace, che non averne nessuna”(Dizionario filosofico -voce “ateo”)

E’ il benessere, la crescita ordinata di una società nelle sue arti, nei suoi commerci, che fa di Dio necessità politica (Besterman). Di qui tutte le note critiche al Dio intollerante e sanguinario, meschino ed assurdo della rivelazione cristiana (capitolo terzo- Critica della Religione rivelata. Pagg. 139-98).

Della figura di Cristo va tuttavia salvata, se non la natura divina, l’insegnamento di “semplicità, umanità, carità”, che cosa. infatti egli ha mai predicato, si chiede Voltaire se non la “morale”? Bando alle questioni ideologiche, fonti di lotte e massacri; esiste una legge morale, naturale e universale ed è in essa che si risolve il messaggio cristiano.

Questa legge assunta come universale e assimilata alla gravitazione newtoniana appare come legge sociale, di una società determinata o anche sua utilità, convenienza e benessere. “La virtù o il vizio, il bene ed il male morale, sono dunque in ogni paese ciò che è utile o nocivo alla società, ed in tutti i luoghi ed in tutti i tempi chi più sacrificherà al bene pubblico sarà considerato più virtuoso”. Occorre allora sapere di quale società Voltaire cercava “les secourables charmes”. Poiché di una radicale riduzione della vita umana al contesto sociale, inteso come tribunale ultimo, udiremo ancora parlare, ad esempio nel “Contratto sociale” di Rousseau. Ma non si tratta più ovviamente della stessa società.

In Voltaire, si attua un certo studio della riflessione sulla società civile che ha i suoi più eminenti rappresentanti in Mandeville e in Smith e che ritorna nella formula Kantiana della “Socievole socievolezza”.

Sono le passioni che, mediate attraverso la benevolenza, si tramutano nel beneficio collettivo:”queste passioni, il cui abuso produce realmente tanto male, sono infatti la causa principale dell’ ordine che oggi regna nel mondo”.

L’orgoglio, in ispecie, è il principale strumento con cui si è costruito questo bell’edificio della società. Appena i bisogni ebbero riuniti insieme alcuni uomini, i più svegli di loro si resero conto che tutti erano nati con un orgoglio indomabile quanto con una invincibile inclinazione al benessere. Non fu facile convincerli che, se avessero rinunciato a un po’ del loro benessere a favore del bene comune della società, il loro orgoglio ne sarebbe stato largamente ricompensato(Trattato di Metafisica pag 232).

La motivazione antropologica di Voltaire sull’uomo immerso nella natura e obbediente alle leggi assume un carattere più evidentemente metafisico se è sostanzialmente sottratta alla riflessione economico – politica, specialmente inglese, cui pure deve non poco. Va ricordata, ad esempio, la teoria mandevilliana sulla funzione del lusso, ed il passo di Voltaire:”il lusso non rovina grandi Stati, li arricchisce e li affina. In essi si è malati, disgraziati, viziosi o poveri solo per propria colpa”.

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Articolo pubblicato il 24/07/2014