L’affaire Sarkozy, strani andirivieni del destino

In politica si sa, deridere è un'arma e come tale, va maneggiata con cura

Era il 23 ottobre 2011, davanti alle telecamere di mezzo mondo, di fronte a una domanda sulle garanzie economiche dell'Italia, il Presidente francese Sarkozy rispondeva con un sarcastico sorriso indirizzato a Silvio Berlusconi. Un sorriso ben orchestrato che coinvolgeva Angela Merkel.

Era il colpo fatale a un governo in difficoltà, un gesto che avrebbe portato alle "dimissioni" del nostro Presidente del Consiglio e a un periodo quanto meno originale per la Repubblica, segnato dall'insediamento d’altri governi con una sistematica che è già articolo di analisi. Giusto o sbagliato che fosse, non risulta che, da quel momento storico a prima vista drammatico, le cose siano migliorate e che la nostra Nazione abbia riconquistato il suo posto internazionale. Forse il tutto non è casuale.

 

L'argomento è complesso, le ipotesi di complotti, di rimpiazzi già scritti e intese franco tedesche sono possibili, e Sarkozy aveva più d’un motivo per volersi sbarazzare dell'ingombrante, allegro Cavaliere italiano.

Gli interessi economici del nostro paese in Libia erano tanti, importanti, troppi per altri scenari, e le buone relazioni tra il rais libico e il nostro Presidente del Consiglio, un ostacolo scomodo.

L'intervento dei Mirage sull'esercito libico, in una guerra che oggi sembra non aver smesso di seminare crudeltà, è datato 19 marzo 2011. Non vi era ancora una precisa risoluzione ONU, ma gli aerei francesi furono i primi a sparare per portare pace e giustizia in uno Stato sovrano zeppo di petrolio e metano.

Com’è andata a finire in Libia si sa. È un'opinione mia: ho trovato il tutto disgustoso eppure, chissà perché, su certi fatti la stampa, sovente stende un velo, mentre preferisce far varietà con meno impegnative cose.

 

Quel sorriso di mr. Sarkò, non fu un regalo alle Italia, l'avrebbe dovuto evitare, ma in politica anche un sorriso può diventare un'arma letale. Per quanto riguarda la partner del new burlesque, Angela Merkel, che fin’oggi ce l'ha fatta "pagare", aveva anche più d’un motivo tutto suo per covare rivalsa nei confronti di quel Berlusconi che nell'andar delle sue presidenze, non ha mai perduto l’umorismo d’imprenditore brianzolo, facendo cucù alla seria Cancelliera, a Trieste, durante un vertice bilaterale e nell'ottobre nel 2008 poi, nel corso di una telefonata "oggetto di studio" pare l'avesse definita: "una culona inchiavabile".

Il nostro esponente ha gusti ricercati, si sa, e la signora non è una miss, ma detto fra noi, anche lui, questa lusinga la poteva evitare.

 

E siamo ai giorni nostri. Sembra quasi un'ironia della sorte, ma dopo il declino politico ecco altre nuvole oscure addensarsi su Sarkò.

Fermo di polizia, le accuse sono dure: tentativo di corruzione dei giudici, violazione del segreto istruttorio. Uno stop verso nuove ambizioni. I motivi delle inquietudini sono: lo scandalo Bettancourt, presunti finanziamenti illeciti proprio da quel Gheddafi morto e sepolto, e dispute bancarie ancora da chiarire. Soldi e potere, e poi, reclami contro una "magistratura ad orologeria". È solo un inizio, ma di per sé, quasi deludente. Niente di originale! Si sa, noi italiani siamo esterofili, ma in questi casi facciamo scuola. Per quanto riguarda la politica e non solo, invece, siamo molto bravi a farci del male da soli.

 

La storia ci rimanda che, per quel sorriso dell'asse franco-tedesco, mezza Italia ha goduto, ma forse soffre ancora adesso, mentre altre verità ci rimangono oscure. A rigor di cronaca si riporta il fatto, ma riesumando il senso d’un certo orgoglio nazionale, sono in molti a rimandare al mittente quel ghigno, scomodando il vecchio proverbio: ride bene chi ride ultimo, ma forse è solo un soffio d’ironia di stampo popolare.

Il buonsenso, prima ancora del rispetto della persona e della verità, non si deve mai cibare d’ipotetico malcostume, augurando quindi ogni bene allo statista e attenendosi alla presunzione d’innocenza, la cronaca attende i prossimi risvolti, rievocando all'uomo che quel sorriso non fu una bella mossa, e che sono in molti a ricordarlo adesso.

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Articolo pubblicato il 03/07/2014