LA SALUTE E’ UN DIRITTO PER TUTTI

LE CURE SOCIO-SANITARIE PER GLI ANZIANI MALATI NON AUTOSUFFICIENTI E LE PERSONE CON DEMENZA SENILE

E’ chiarissimo l’obiettivo del convegno in corso il 27 giugno nella sala Dogliotti dell’Ospedale Molinette di Torino: garantire la tutela della salute degli anziani malati cronici non autosufficienti e/o con demenza senile, prioritariamente al loro domicilio, con piena assunzione di responsabilità della loro cura da parte del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e Regionale, in ogni luogo di cura, sia in struttura che a domicilio.

I promotori di questa finalità puntano a dimostrare che con una migliore organizzazione dei percorsi di cura e delle dimissioni dalle strutture sanitarie, è possibile ottimizzare le risorse del SSN con un utilizzo più appropriato dei posti letto e nel contempo, assicurare le prestazioni dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) alle quali hanno diritto gli anziani malati cronici non autosufficienti: cure domiciliari in lunga assistenza, centri diurni, ricoveri in RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali).

Già dalle prime relazioni dei diversi Dirigenti medici geriatri si nota una identità di vedute sul tema e una concordanza sulle problematiche.

Il primo problema , a livello nazionale è un insieme di fattori ormai arcinoti e conosciuti: il rapido invecchiamento della popolazione italiana negli ultimi 25 anni, una longevità in continua crescita, una mancata correlazione tra aumento della durata della vita e le facoltà psicofisiche di ogni soggetto.

Il secondo problema è dato dal mancato ancoraggio del sistema sanitario italiano alle problematiche poste dal primo problema: un vero tsunami che ha travolto le strutture e che ha portato il Piemonte ad avere oggi oltre 30.000 persone in liste di attesa da anni.

Il terzo problema riguarda il cambiamento di mentalità, il diverso approccio verso il malato cronico, dove la sua non autosufficienza non è la causa ma una derivazione della sua malattia il che richiede cambiamenti totali in tutti i settori, dalle strutture alle situazioni di rischio, dalla gestione alla formazione.

Il nuovo “credo” è curare il malato, non la malattia, mentre fino a ieri si tendeva a curare in modo intensivo , in struttura e per un breve periodo la malattia per poi abbandonare il soggetto, salvo successivi richiami: una pratica che si è dimostrata deleteria e peggiorativa per la qualità della salute del malato.

Un aiuto a migliorare la situazione lo creerà sicuramente un migliore e più sistematico approccio alle moderne tecnologie, in particolare nel settore delle cure a distanza. Non possiamo più tollerare la vista di decine di malati in barella nei corridoi degli ospedali, anche perché questo non è tanto un problema di creare nuovi posti letto, ma di attivazione della rete territoriale per gestire a casa loro questi pazienti: dal ricovero ospedaliero alle strutture di lunga degenza, alle reti di continuità assistenziali.

Vediamo quale potrebbe essere un processo di fattibilità.

In primis si dovrebbero abbandonare due comportamenti estremi: da un lato la ipermedicalizzazione nella fase acuta e dall’altro la riduzione dei bisogni di cura dei malati non autosufficienti ad un problema di assistenza sociale o peggio ancora, di sola badanza.

Sarà necessario garantire la continuità terapeutica, solo antidoto all’abbandono di questa categoria di pazienti e questo lo potremmo ottenere con un migliore e più appropriato utilizzo delle risorse sanitarie; in tal modo sarà anche possibile promuovere la diffusione delle cure domiciliari di lunga durata.

Altri punti collaterali sono: lo sviluppo ormai ineludibile delle strutture di deospedalizzazione protetta in alternativa alle lungo-degenze nelle case di cura private convenzionate; prevedere una valutazione dell’anziano non autosufficiente ricoverato in ospedale e sviluppare i nuclei centralizzati e territoriali per la continuità terapeutica.

Concludendo, tutte le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie dovrebbero essere attribuite alla competenza del SSN, ferme restando le specificità che riguardano le sedi degli interventi, l’organizzazione dei servizi e le relative modalità operative. I benefici derivanti dall’avere un unico Ente titolare e responsabile delle cure sanitarie e socio-sanitarie sarebbero significativi per gli utenti, il personale medico e infermieristico e gli operatori socio-sanitari.

Anche la Diocesi di Torino ha dato il suo contributo con una lettera aperta alla Regione e all’assessore alla sanità ricordando il dramma di tantissimi anziani soli, malati e senza aiuto e quindi quanto mai bisognosi di assistenza domiciliare e che traggono conforto anche dal solo sapere che non verranno abbandonati dalle Istituzioni.

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Articolo pubblicato il 28/06/2014