LA REPUBBLICA O IL CAOS?

Cronache repubblicane (una serie infinita di ruberie e di scandali).

La Repubblica o il caos era lo slogan preferito e minaccioso di Pietro Nenni, alla vigilia del referendum Istituzionale del 2 Giugno 1946. I promotori della Repubblica temevano la permanenza di una dinastia che anteponeva la Patria ai propri tornaconti. Oggi siamo frastornati dalle nuove inchieste di Tangentopoli, dai Greganti e Frigerio vecchi e rinnovati, ma i precedenti sono ancor più sconcertanti. Per coloro che non c’erano prima dell’epoca di internet e delle inchieste televisive, o non serbano memoria, è bene conoscere e riflettere su quel che è successo, con una veloce carrellata di avvenimenti, documentati ed esemplari che si sono susseguiti dagli albori della Repubblica.

Quanti ricordano il “Progetto Fiumicino” dei primi anni ’60 del secolo scorso? Fu un classico esempio di sperpero di denaro pubblico e d’incapacità tecnica. Il Governo scelse un’area paludosa di proprietà di un ex gerarca fascista per costruire un aeroporto intercontinentale. Fu inaugurato il 20 agosto 1960, in occasione delle Olimpiadi su un terreno paludoso e non drenato.

Dopo sei mesi, l’aeroporto fu dichiarato inagibile e partirono lunghi e costosi lavori di ripristino. Nell’affaire (valutazione dei terreni e costi astronomici per la bonifica) furono implicati in egual misura, gli uomini della DC, con Andreotti e Togni in prima fila, ex gerarchi fascisti, il Vaticano, alti prelati e nobiltà romana. Il Parlamento istituì una Commissione d’inchiesta che non portò all’accertamento preciso di responsabilità e tutto fu poi insabbiato.

Ed ecco, pochi anni dopo, un altro scandalo. L’ordinario di Economia Agraria di Napoli, professor Manlio Rossi Doria, denunciava un gigantesco fenomeno di “clientelismo di Stato” a favore della Democrazia Cristiana. La Federconsorzi aveva indebitamente incassato 1.064 miliardi di lire. L’onorevole Paolo Bonomi, presidente della Coldiretti, l’organizzazione Democristiana committente della Federconsorzi, rimase coinvolto nella vicenda.

E’ superfluo sottolineare che non solo tutto fu minimizzato, ma grazie al clima politico instaurato dagli uomini che si avvicendarono dal 1948 al Ministero dell’Agricoltura, questi riuscirono addirittura ad evitare che ulteriori operazioni subissero controlli sia del Parlamento, sia del Governo, ma anche della Corte dei Conti.

A seguire, nel 1963, venne alla luce lo “scandalo delle banane”, cui seguì lo scandalo del Monopolio Tabacchi. Il Presidente del Consiglio era Amintore Fanfani. Il ministro delle Finanze coinvolto in entrambi i casi, Giuseppe Trabucchi, fu messo in stato d’accusa dal Parlamento, ma poi salvato dal voto dei compagni di Partito democristiani.

Poi nel 1976 ci fu lo scandalo degli aerei Hercules. L’entità del furto di pubblico denaro, operato a favore dei soliti noti, è esplicitato dal Presidente della Lockheed, società costruttrice degli Hercules. “Dal 1970 al 1974 abbiamo speso tre miliardi per corrompere politici e funzionari pubblici italiani, per convincerli ad accettare gli Hercules”. Da questa dichiarazione venne fuori, su indicazione dell’avvocato della Lockheed, l’”Antelope Cobbler”, nome in codice di uno dei politici italiani corrotti.

Fra gli altri nomi vennero indicati anche quelli di Luigi Gui e Mario Tanassi che ritengo siano stati i capri espiatori di nomi ben più illustri. Rinviati a giudizio davanti alla Corte Costituzionale, il primo fu assolto, mentre il secondo condannato. Nel corso del processo vennero coinvolti personaggi di primissimo piano, quali l’allora Presidente della Repubblica, Giovanni Leone e i fratelli Antonio e Ovidio Lefebvre.

Fu Mino Pecorelli a denunciare sul giornale “OP” la supertruffa dei petroli. Costui fu poi assassinato dai “soliti ignoti” nel 1979. Le vicende che riguardano il povero Pecorelli sono state banalizzate anche in giudizio, tanto che fu assolto Giulio Andreotti indagato quale mandante dell’omicidio. In merito a questa truffa, il petroliere Silvio Brunelli rese questa testimonianza ai giudici di Treviso:”Affidavamo a un nostro collaboratore fidatissimo un compito particolare. Ogni mese doveva andare a Roma portandosi delle borse piene di milioni. Circa 200 milioni al mese. Questi soldi servivano infatti a pagare i vertici della Finanza che sapevano della truffa dei petroli e dovevano continuare a chiudere un occhio. I finanzieri non erano i soli ad essere pagati”. Un danno per lo Stato ancor oggi non ben definito, ma stimato tra i duemila e i quattromila miliardi di lire.

I nomi dei politici coinvolti: il democristiano Sereno Freato, consigliere di Aldo Moro e il socialista Giuseppe Di Vagno. In questa circostanza il senatore missino Giorgio Pisanò accusò il Ministro democristiano dell’Industria Toni Bisaglia, che a sua volta querelò il senatore. Nel giro di assegni fraudolenti risultarono coinvolti,Liliana Fantasio, anch’essa collaboratrice di Aldo Moro. Giuseppe Di Vagno, giustificò il possesso di assegni sospetti, sostenendo che erano consulenze particolari che tuttavia non vennero denunciate nella dichiarazione dei redditi.

E Michele Sindona? Questo finanziere, cui tutti le porte che contano erano sempre spalancate, a metà degli anni’60, fu intestatario di “insalata all’italiana” che vide coinvolti politici,in primis Giulio Andreotti, logge massoniche, alta finanza, mafia e Vaticano. Fu poi avvelenato in carcere.

C’è poi il”suicidato” Roberto Calvi, trovato impiccato sotto il ponte dei Black Friars a Londra il 18 giugno 1982. Calvi si portò dietro oscuri intrecci con la P2 e con uomini politici “d’onore”, la politica italiana e la IOR del Vaticano.

Adriano Zampini, un faccendiere torinese, rivelò nel 1983 di aver corrotto rappresentati della Giunta rossa di Torino guidata da Diego Novelli e dal vicesindaco Enzo Biffi Gentili, assessori e politici della giunta di Sinistra che reggeva la Regione Piemonte. Furono coinvolti comunisti, democristiani e socialisti. Pochi uscirono subito di scena, mentre la maggior parte continuò indisturbata la carriera politica o incassando lucrose prebende nella giungla del sottogoverno e con incarichi nelle Società partecipate delle Regione Piemonte, della Città di Torino e della Provincia, sino ai giorni nostri.

Un’istruttoria aperta dal magistrato russo Stepankov avrebbe accertato che solo dal 1971 al 1980 il Partito Comunista Italiano avrebbe ricevuto oltre 47 milioni di dollari da Mosca. E i magistrati italiani che hanno indagato su questo scandalo hanno dovuto chiudere l’inchiesta “pur sussistendo concludenti e persuasivi elementi sulla rilevantissima ed operante, invocata contribuzione del Pcus al Pci….”Come dire:una mano lava l’altra ed entrambe fregano il popolo italiano.

Quanto ci costa questa repubblica paradisiaca di libertà e democrazia, nella quale abbiamo la fortuna di vivere?

Se ci soffermiamo solo sul Quirinale che conta 2181 dipendenti e costa 235 milioni di euro all’anno, escludendo l’appannaggio del Presidente, leggiamo cifre da capogiro, neppure comparabili con i costi dell’Eliseo, della Casa Bianca e persino della Regina Elisabetta.

Dal delitto Moro e degli uomini della sua scorta, sino ai nostri giorni è stato poi un susseguirsi di fatti sconcertanti che rivelano la demoniaca capacità di uomini maestri d’intrighi, di corruzione, di spietata determinazione, il cui unico scopo è il mantenimento del potere, quel potere che si sono presi dopo un Referendum dai contorni ancora oscuri.

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Articolo pubblicato il 11/06/2014