Il processo-farsa di Alexander Navalny

Il leader dell'opposizione anti-Putin è imputato in un processo per truffa ai danni dell'azienda cosmetica francese Yves Rocher. Processo, a detta di molti, irregolare e politico.

Il 24 aprile è iniziato a Mosca il processo ad Alexander Navalny, noto avvocato e scrittore, principale leader dell'opposizione politica verso Vladimir Putin. Se non è certo la prima volta che Navalny viene colpito dal regime russo con il braccio della giustizia, questa volta la causa in tribunale ha assunto contorni paradossali. Per capire il perché, ripercorriamo brevemente i fatti che hanno portato a questo processo.

 

L'arresto del blogger avviene il 26 febbraio. L'occasione e la causa dell'arresto coincidono con le proteste di piazza a seguito della condanna alla carcerazione di otto membri del movimento di opposizione al Presidente Putin. Appena due giorni dopo arriva la conferma degli arresti domiciliari, ma qua viene fuori la sorpresa: i domiciliari non vengono ordinati per la partecipazione alle manifestazioni, ma nell'ambito della presunta truffa ai danni di Yves Rocher, la nota azienda francese di cosmesi. A parere dei suoi accusatori, infatti, Navalny avrebbe sottratto a questa circa 600.000 euro insieme al fratello Oleg. A far scattare i domiciliari sarebbe stata la violazione della precedente misura restrittiva (il divieto di lasciare Mosca). Domiciliari pesanti, oltretutto, dato l'assoluto divieto di visite (familiari esclusi) e di utilizzo di internet e telefono.

 

Con questi capi di accusa si arriva al processo, iniziato appunto il 24 aprile, in cui era prevista la partecipazione della Yves Rocher come parte lesa. Sin dall'inizio sono piovute accuse sull'onestà di questa intenzione: in molti hanno sostenuto che la presenza dell'azienda sia stata caldeggiata dal governo stesso, pare sotto lo spettro delle gravi conseguenze economiche inaccettabili per l'enorme business detenuto dalla Yves Rocher in Russia. Ben presto, tuttavia, è avvenuto l'ennesimo colpo di scena nel processo, che è anche l'elemento che ha gettato i dubbi più grandi su questo: il colosso francese ha deciso di ritirare la propria denuncia.

Sarebbe a questo punto scontato pensare che la causa legale si dissolva, mancando sia la denuncia del fatto che la presenza della parte lesa. Ma così non è stato. Gli inquirenti russi hanno infatti ignorato il ritiro dall'azione della Yves Rocher, portando avanti il processo come se niente fosse accaduto. Questi accadimenti in particolare hanno scatenato un'ondata di polemiche sia verso la magistratura russa, accusata di essere complice dell'azione repressiva del governo nei confronti dei suoi oppositori, a causa del mantenimento di un processo in cui mancano tutti i presupposti per agire, sia verso la Yves Rocher che, con il suo silenzio, si sarebbe resa complice di un'eventuale accusa di Navalny.

 

In Russia e in tutta Europa è iniziata una campagna indirizzata all'azienda francese, con lo scopo di spingerla ad ammettere la verità sugli eventi e su eventuali pressioni del governo russo. Di pari passo con questa iniziativa è stato portato avanti un boicottaggio dei prodotti della Rocher che terminerà solo se questa prenderà posizione circa il processo. In questo contesto lo scrittore russo Boris Akunin ha scritto all'azienda una lettera aperta, invitandola a “non tacere”: “esprimete pubblicamente la vostra posizione.(...) E' chiaro che il profitto e il business sono molto significativi, ma non dimenticate che siete anche i cittadini di un paese che è considerato nel mondo come la patria di libertà e diritti umani. Ricordatevi anche che, in certe situazioni, il silenzio è un crimine, il “Crimine del silenzio” di Jean-Paul Sartre.

 

 

Thanks to Noremaldo Arandur for the important informations

Picture credits: http://venitism.blogspot.it/

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Articolo pubblicato il 09/05/2014