BASTA €URO O BASTA ITALIA?

Come Individuare le priorità e le scelte possibili

L’argomento che caratterizzerà la campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento Europeo, in ogni Paese, verterà sicuramente sull’Euro.

In Europa decine di milioni di persone sono costrette alla disoccupazione che non si frena, superiore al 12% e ad una povertà dilagante: la Spagna ha tre milioni di persone che sopravvivono con redditi mensili inferiori a 307 euro; le cifre ufficiali del Portogallo collocano il 18% della popolazione sotto la soglia della povertà; in Italia, il numero di poveri si è duplicato tra il 2007 e il 2012.

Tre anni fa, Berlusconi definì l’euro,”l’unica moneta al mondo senza uno Stato” – che costringe gli Stati a rinunciare ad una parte fondamentale della loro sovranità, quella di emettere la propria moneta.

Il venticello francese valica le Alpi e s’intrecciano innaturali alleanze per combattere il nemico comune, l’Euro. In Francia Marine Le Pen rivendica l’usurpazione della sovranità e, con il voto antieuropeo, auspica il ritorno alla grandeur francese e riafferma l’Unità Nazionale.

In Italia, dovremo innanzitutto evidenziare la responsabilità di coloro che, sin dai trattati del secolo scorso, hanno barato le carte per farci entrare nella moneta europea in condizioni d’inferiorità. Ciampi, Prodi e tutti i Ministeri che sono seguiti, non hanno inteso che, per stare al passo con i Paesi europei, si dovevano perlomeno tenere i conti in ordine.

Invece non hanno neppure avviato un controllo di prezzi e tariffe, arrivando in pochi mesi, alla parità di fatto.”Lira - euro”. Stupisce, ed è già stato rilevato in precedenti articoli, come il partito che, per principio avrebbe dovuto difendere l’operosità del Nord, contro il meridionalismo dello Stato centrale, si allei al nazionalismo francese, in difesa della sovranità italiana e non dei popoli del Nord.

Di conseguenza, si posiziona alla stregua dei partiti che in Italia difendono il ruolo e gli sperperi della burocrazia e che, negli anni hanno sempre invocato stanziamenti pubblici per un Sud parassitario che alla stregua di una spugna arida continuava a ritmi incessanti e vertiginosi ad inghiottire gli aiuti da parte dello Stato centrale, tralasciando per negligenza ed incapacità, di attingere alle erogazione dei vari Fondi Europei.

Nei progetti alternativi alla moneta unica presentati, consegue l’automatica svalutazione della futura moneta italiana sostitutiva, con danni immediati per i cittadini ed i risparmiatori, a copertura di tutti i misfatti dello Stato nazionale e delle Regioni sprecone del sud, della Sicilia della Città di Roma per citarne i principali. L’argomento, oltre ad essere demagogico è truffaldino. Varrebbe la pena di ricordare, per sommi capi, le prossime scadenze che in ogni caso ci attendono ed i rimedi possibili.

-L’Italia si è solennemente impegnata con l’Unione Europea a riportare il debito pubblico al 60% del PIL, ripagando la quota eccedente in vent’anni dal 2015 con rate annuali pari al suo 5%, per circa 60 miliardi l’anno.

-Nei prossimi tre anni l’Italia dovrà completare il finanziamento dei 125 miliardi al Meccanismo Europeo di Stabilità indebitandosi per versare complessivamente nelle sue casse altri 75 miliardi di euro dopo averne già versate due rate da 25 miliardi nei primi due anni dalla sua approvazione.

Di conseguenza, a causa del debito pubblico e per difendere la stabilità, la maggior parte degli italiani finirà strozzata e prosciugata di tutte le sue ricchezze a vantaggio dei creditori nazionali che detengono il 65% del debito pubblico ed esteri che ne detengono il 35%.

Nell’interesse della gran parte degli italiani esiste anche la possibilità di suddividere l’Italia in quattro macroregioni, con totale indipendenza fiscale da Roma. Ciascuna delle quali dovrebbe accollarsi la quota di debito pubblico proporzionale al numero dei suoi abitanti. Sarebbe così assai più facile per l’Italia, aggredire il debito.

Alcune macroregioni sarebbero in grado di ripagare la loro quota in tempi rapidi e, di conseguenza, l’UE potrebbe aiutare quelle che non ce la farebbero da sole attraverso i fondi strutturali e d’investimento o con il Meccanismo Europeo di Stabilità, finanziato dagli Stati dell’Eurozona.

In sostanza, mentre ora, con difficoltà non più sostenibili, sono solo le Regioni virtuose e produttive italiane ad accollarsi i problemi di quelle sprecone e improduttive, presentando all’UE un’Italia fiscalmente divisa (anche se non politicamente) il peso di sostenere queste ultime sarebbe ridistribuito all’Interno dell’UE o sull’Eurozona.

Dividere l’Italia conviene a tutti gli italiani e soprattutto alle future generazioni.

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Articolo pubblicato il 06/04/2014